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Jared French by Jared French

 A MAN IS…

 

 

11 – 27 novembre 2010, Spazio Hetta Bretz, Milano

INAUGURAZIONE: Mercoledi’ 10 novembre dalle ore 18.00

La opere presenti nella mostra “Jared French by Jared French” che si è tenuta a settembre  nella Galleria parigina di Maurizio Nobile,  si potranno ammirare in via Manzoni a Milano, Spazio Hettabretz, fino al 27 novembre 2010.

L’occasione è stata fornita dal ritrovamento di un fondo italiano dell’artista, considerato uno dei più importanti esponenti americani della corrente pittorica del “Realismo Magico”. Questo fondo,  acquisito da Maurizio Nobile insieme a Luisa De Antoni, Guido e Stefano Cribiori è costituito da disegni (circa 400), fotografie (circa 160), dipinti, sculture, incisioni e lettere private (circa 280). 

Grande è l’importanza della scoperta di questo materiale inedito che permette di conoscere Jared French “a tutto tondo”. Lo studio del corpus di lettere e appunti ha permesso di scoprire aspetti sconosciuti di quest’artista americano, praticamente assente dalla scena espositiva europea e poco noto, se non a pochi specialisti, anche in America. Nella sua lunga carriera ha partecipato solo a due mostre collettive nel Vecchio Continente, una risalente al 1937 a Parigi (Galerie Marcel  Guiot, mostra di incisione) e la seconda risalente al 1950 a Londra (“Symbolic Realism In American Painting 1940-50”, Institute of Contemporary Art)1.

Uomo molto colto, grande appassionato di arte antica e dei Grandi Maestri italiani, fu più volte in viaggio in Italia e scelse Roma come sua patria adottiva per vivere i suoi ultimi 20 anni.

Personalità poliedrica e sfuggente, Jared French è stato spesso etichettato dalla critica in categorie che non lo identificano appieno. E’ stato inserito nella corrente del Realismo Magico, del Surrealismo, della Metafisica. Ma Jared era insieme tutto questo pur senza appartenere ad alcuna di queste categorie interamente.

Il catalogo ragionato, redatto dal professor Alfonso Panzetta, permetterà di comprendere appieno la poetica dell’artista confrontando e contestualizzando di volta in volta le opere e la biografia.

Durante la presentazione della mostra abbiamo incontrato Davide Trevisani2, che si è occupato dell’interessantissimo fondo documentario di Jared French ricco di informazioni che ci permettono di comprendere meglio la poetica di Jared e di avvicinarsi al suo lavoro in maniera più intima. 

– Che ritratto emerge dalla lettura di tutte le lettere private di Jared French?

D.T. Bisogna prima di tutto premettere che l’archivio epistolare di Jared in nostro possesso, anche se con qualche lacuna, copre il periodo successivo il suo definitivo trasferimento a Roma: inizia col 1964 circa per protrarsi fino al 1989 (quindi oltre la data della sua morte), dischiude dunque lo sguardo sull’ultima parte della carriera e della vita dell’artista mettendo anche in evidenza un momento della sua esistenza contraddistinto da un forte senso di delusione nei confronti soprattutto dell’art business e della critica. Dal tono netto e tagliente di alcune sue risposte affiora il senso di frustrazione e di impotenza dell’uomo-artista che comprende quanto la sua ricerca non sia stata compresa, o meglio, come sia stata completamente travisata. Nondimeno, e questo è senz’altro l’aspetto di lui più affascinante, non soccombe a questo stato d’essere; semplicemente, ma c’è da chiedersi quanto possa essergli costata questa soluzione, sceglie il distacco blindandosi in un’impenetrabile silenzio: chiude i rapporti con i galleristi, snobba i collezionisti così come i critici, nega il suo permesso alle innumerevoli case editrici che, almeno a partire dall’inizio degli anni ’80, lo contattano per pubblicare delle monografie dedicate al suo lavoro. Con lui o contro di lui – Jared non è certo la persona disposta a sprecar troppo fiato con chi dimostra di non comprenderlo o con chi non fa il minimo sforzo per provare a capirlo; non è insomma uomo disposto a facili compromessi: questo forse è il ritratto più interessante che di lui emerge dalle sue lettere. Totalmente dedito all’arte, metodico, puntiglioso, non lascia mai niente al caso; pragmatico negli affari, rigoroso e lucido nel creare, punta dritto al segno senza troppe circonvoluzioni di parole – quando scrive – o di tratti – quando disegna. Un uomo totalmente assorbito dalla sua missione, l’arte, che rifugge tutto ciò che può distrarlo o distoglierlo dal suo obiettivo: un uomo dal carattere forse un po’ coriaceo che si scioglie tuttavia ai “folletteschi” punzecchiamenti pieni di energia di un Paul Cadmus – “quel perfetto opposto” che nel caso di Jared funge certamente da panacea vitalizzante.

– Che cosa ci può raccontare del periodo tra la fine degli anni Trenta e il 1950, ovvero l’epoca della libera sperimentazione del trio PAJAMA, il trio composto da Jared, la moglie Margareth e l’amante Paul Cadmus?

D.T. Ripercorrendo a ritroso la carriera di Jared ci si rende subito conto del ruolo fondamentale che nel suo percorso ebbero le sperimentazioni fotografiche elaborate col trio PaJaMa – un acronimo derivato dalle prime lettere dei nomi Paul (Paul Cadmus) – Jared (Jared French) – Margaret (Margaret Hoening, moglie di Jared). Si rivela un momento straordinario, topico per la rilevanza che assumerà negli sviluppi del suo percorso successivo – con strascichi che si dilateranno addirittura fino al debutto degli anni ’60! Gli anni di questa esperienza circoscrivono un momento felice e di profondo trapasso condizionato il qualche misura dell’incontenibile fertilità inventiva che assieme i tre mettono in campo. I riflessi più intensi si producono soprattutto su Jared. Incentrati sulla relazione dell’uomo col sé, con l’altro ed il tutto, gli scatti fotografici prodotti da PaJaMa sembrano contenere già in nuce l’intero universo figurativo ed estetico che Jared elaborerà nei dipinti eseguiti fra gli anni ’40 e ’50 – vale a dire le opere di lui più note nella coscienza collettiva. Fu per Jared un momento intenso, fervido e pertanto mi vien da dire felice e sereno. Per comprenderne appieno il portato tuttavia è fatto d’obbligo rapportarlo alle circostanze, intime e personali, che si avvicendano nella vita privata dell’artista. Prima dell’ingresso di Margaret nella sua vita, sposata nel 1937, già da circa un decennio Jared era appunto legato a Paul Cadmus da un sodalizio affettivo oltre che artistico. In questa sede poco importa delle esperienze o dei gusti sessuali di Jared (è tuttavia un dato di fatto che la sua personalità e il suo operato siano stati ad oggi indagati e studiati forse più dall’ambito delle “queer theory”, cioè degli studi di genere, che non da quello più prettamente critico-artistico che gli converrebbero); che si trattasse o meno di un’omosessualità convenientemente ri-bilanciata sul piano di una più o meno latente bisessualità attraverso il matrimonio con Margaret, i tre saranno indivisibili e, per un periodo certo non breve, condivideranno tutto di se stessi e delle loro esistenze: luoghi, lavoro, vacanze etc. Una scelta coraggiosa, di grande responsabilità e coerenza verso sé stessi presa, credo, nell’intento di perseguire la libertà dell’essere; una scelta quanto più coraggiosa se la si proietta nell’America “puritana” di quegli anni: quale margine di tolleranza, c’è da chiedersi, era effettivamente concesso dalle convenzioni sociali e culturali dell’epoca anche a chi poteva fregiarsi dell’alibi d’essere artista? A questo punto, nella carriera di Jared vengono messe inevitabilmente in gioco altre urgenze che, dal puro piano del pensiero e della ricerca, si dipaneranno in tempi brevi in un personale universo stilistico e figurativo ben caratterizzato: è proprio attorno a queste date che nascerà il French noto ai più! È lo stesso artista che ci svela la fonte che ha ispirato e sollecitato la sua ricerca: Carl Gustave Jung e il suo “Gli Archetipi e l’Inconscio collettivo”. Se il passaggio al 1940 segna nel linguaggio di Jared una profonda metamorfosi, la sua reazione alla lettura di Jung fu allora quasi istantanea se si pensa che la prima edizione americana del testo junghiano risale al 1939! Se il vivere moderno, complice il progresso, conduce l’uomo a soffocare il contatto con la propria sfera inconscia costringendolo a comprendere il mondo e il proprio universo per opposizioni estreme, o è bianco o è nero, Jared comprende benissimo (sulla sua stessa pelle) che l’uomo e il suo universo esteriore e interiore – ciò che per sua stessa ammissione è il focus della sua estetica – è composto in realtà di una fumosa gamma di grigi che dal bianco portano al nero o viceversa. La lettura di Jung fornì a Jared le chiavi di accesso e creazione del suo universo figurativo e lo dimostrano benissimo il gruppo di cinque grafici conservati nel suo archivio e da noi pubblicati che strutturano il canovaccio progettuale del suo lavoro e che oggi rappresentano l’unico strumento oggettivo ed attendibile per decodificare le sue opere che risultano in effetti, ma è il loro fascino, degli arcani pressoché irrisolvibili. Strutturati sulla scia di Jung su delle categorie archetipiche primarie ampliate da sottocategorie secondarie e terziarie, ad un certo momento, da questi schemi associativi prendono corpo i titoli delle sue opere; per almeno il ventennio successivo Jared si dedicherà a dare forma e colore a quello che potrebbe essere definito un ciclo dedicato all’uomo e alla sua esistenza, ai suoi pregi e ai suoi difetti, alla sua potenza e alla sua debolezza, generalizzando, alla sua ragion d’essere.

 

– Quali “segreti” si possono scoprire leggendo gli appunti sulle tecniche pittoriche dell’artista? Abbiamo visto in mostra alcune opere realizzate con tempera alla caseina. Quanto conta lo studio delle tecniche artistiche del passato? In che misura i modelli del Rinascimento hanno influenzato l’artista?

D.T. È strabiliante verificare di quanta conoscenza storico-artistica fosse provvisto Jared. È un artista molto afferrato sulle questioni dell’arte, fine conoscitore dell’arte italiana, di quella Rinascimentale tout court, ma soprattutto amatore della pittura dei grandi maestri della metà del XV secolo – Piero della Francesca, Mantegna etc –  e dell’architettura romanica centroitaliana. Sappiamo dai suoi scritti che durante i suoi innumerevoli soggiorni in Italia in compagnia di Paul e Margaret, Jared e il suo inseparabile compagno raccolsero un grandissimo archivio fotografico di immagini (Anderson e Alinari soprattutto) riproducenti pitture, sculture e architetture italiane (dal XIII al XVI secolo in particolare) – a essere precisi si parla di casse delle quali oggi rimane una misera traccia nelle poche foto che ancora si conservano nell’archivio personale dell’artista. Di una simile raccolta repertoriale si rintraccia l’eco in numerosi studi compositivi di Jared. Pur evitando volutamente un’adesione fedele ai modelli, affiora lampante dalle sue opere quali fossero le coordinate stilistiche entro le quali l’artista preferì muoversi. Non mi trovo d’accordo tuttavia con chi definisce “nostalgico”  lo spirito e l’atteggiamento con cui Jared guarda o si accosta alla pittura e all’arte italiana del XV secolo. Tutt’altro che nostalgica, la scelta di Jared al contrario, prima ancora di essere stilistica, è soprattutto ideale-intellettuale. L’arte del Rinascimento rappresentò senz’altro una fonte d’ispirazione quanto mai congeniale per un artista votato, come lui stesso afferma, alla rappresentazione dell’uomo, dei suoi differenti aspetti, del suo universo psichico e interiore. Nei principi umanistici e teoretici che nel XV secolo produssero quella grande rivoluzione delle arti e del pensiero occidentale che va sotto il nome appunto di Rinascimento Jared trovò dei principi stilistici e formali ben codificati e strutturati di cui si servì per creare tuttavia un proprio codice comunicativo. Quei temi che contribuirono nel corso del XV secolo a ricreare quella sorta di primigenia armonia fra macro e microcosmo mettendo al centro del tutto l’uomo – come la riscoperta dell’antico e la prospettiva brunelleschiana e/o albertiana – e che ha il suo massimo eloquio nell’arte di Piero della Francesca,  costituiscono per Jared soltanto dei pretesti su cui lavorare per elaborare il proprio universo figurativo. Ciò che in definitiva gli interessa comunicare dell’uomo e dell’umanità non ha in sostanza nulla a che spartire con i postulati umanistici chiamati in causa nel Rinascimento; solo si appropria di un codice figurativo per comunicare altro, fermo restando il fatto che nel suo pensiero probabilmente quell’equilibrio utopico fra l’uomo e il tutto perseguito nel Rinascimento e che trova il proprio paradigma nella figura dell’uomo vitruviano di Leonardo da Vinci evocava senz’altro una condizione ancestrale preclusa a un uomo vivente nel XX secolo. Discorso non tanto dissimile può essere fatto per l’impiego della tempera alla caseina per dipingere o, a volte, della punta d’argento (tanta cara al Pisanello per esempio) per disegnare. La scelta per certi versi sorprendente della tempera alla caseina, difficilissima da governare, perché richiede estrema sicurezza e maestria in chi l’adotta non ammettendo ripensamenti di sorta (da qui anche il numero certo non elevato di dipinti prodotti da Jared nella sua carriera, perché è una tecnica che richiede per ogni singolo tratto una concentrazione altissima: deve essere proprio pensata), non ha il valore di un atto quasi sciamanico: vale a dire appropriarsi di un mondo attraverso una formula. La superficie smaltata e opalescente della tempera alla caseina permetterà a Jared di comporre figure e volumi cesellati, connotando luci e corpi di una qualità materica irreale e divina, quasi artificiale e sintetica, sospendendoli o proiettandoli in un’algida e rarefatta atmosfera di un universo altro, perfetto, incontaminato, ancestrale, in una parola, magico. Il recupero di questa tecnica pittorica, caduta in disuso col l’approssimarsi del XVI secolo o forse anche prima, non fu certo un processo semplice. Jared tuttavia vi si dedica con ostinata tenacia. È strabiliante verificare nei suoi scritti la quantità di tentativi fatti per trovare la formula corretta per l’imprimitura a gesso dei suoi dipinti. A quanto pare non fu un’impresa rapida e immediata se su un foglietto pieno di formule e calcoli proporzionali annota, forse dopo l’ennesimo fallimento, “Ricetta (io mi auguro) per il gesso dei pannelli”. Questo breve citazione ben dimostra quanto abbia dovuto sperimentare e studiare per poter acquisire compiutamente una tecnica fondamentale ad esprimersi.

– Da tutto questo ricco materiale raccolto, cosa emerge di particolare e inaspettato?

D.T. La cosa più affascinante che è emersa anche grazie alle innumerevoli osservazioni che i tanti visitatori della mostra a Parigi come a Milano hanno fatto sui lavori del French – parliamo di conoscitori, collezionisti o anche semplici amatori – è la complessità delle relazioni e dei contatti artistici che le sue opere o il suo stile denunciano e che rivelano in Jared un artista pienamente allineato al suo tempo capace di colloquiare con colleghi di differente formazione e provenienza. Nei suoi continui soggiorni europei che lo portarono a lunghe soste a Roma, Firenze, Venezia, Vienna, Parigi e la Francia, Londra e la Spagna etc. entra in contatto con differenti artisti o gruppi artistici –  futuristi, surrealisti, metafisici etc – arricchendo di volta in volta il proprio linguaggio e ogni volta rielaborandolo sulla base di un colloquio fatto forse più con le opere che non direttamente con gli artefici. Alcuni di loro ebbe senz’altro modo di conoscerli personalmente come nel caso dei surrealisti neoromantici Pavel Tchelitchew o Eugene Bermann, presentatigli senz’altro da Lincoln Kirstein o Monroe Wheeler – figure che si rivelano essenziali nel percorso di Jared e non solo. L’elenco dei nomi potrebbe continuare, ma poco aggiungerebbe a quanto è nel frattempo affiorato su Jared e il suo entourage con l’esposizione e il catalogo che gli abbiamo dedicato. Il panorama che in questi giorni si è via, via delineato sempre più chiaramente è che Jared French e con lui Paul Cadmus, George Tooker sono solo alcuni dei componenti di un gruppo d’avanguardia che nella New York della fine degli Venti o gli inizi degli anni Trenta si compone non solo di pittori, ma di intellettuali, scrittori, fotografi, coreografi, letterati etc, che sonda tout court tutti i campi dell’espressività artistica e che, almeno così sembra, trova in Lincoln Kirstein e in Monroe Wheeler i principali fulcri attorno cui ruotare. Varrebbe credo la pena indagare e verificare ulteriormente gli effetti e le ragioni di questa fitta trama di relazioni che unisce assieme tutte queste figure. Il nostro contributo, certo non piccolo, ma riuscito, è stato quello di smuovere un po’ le acque risvegliando l’interesse su un artista veramente straordinario. Ora la palla la passiamo di mano e l’invito a prenderla lo facciamo in particolare ai critici e agli storici americani. La maggiore difficoltà che si è incontrata nell’affrontare lo studio di Jared, infatti, è stata proprio  la scarsità di materiale critico prodotto negli anni al suo riguardo. Nello studio sulla generazione di artisti formatisi fra le due guerre la critica americana è stata ingiustamente latitante: a nostro avviso i tempi sono ormai maturi riprendere le indagini su Jared e, tout court, sulla sua contemporaneità.

– Dopo Parigi e Milano, pensate di rendere la mostra”itinerante” e di portare Jared a “casa” permettendo anche al pubblico americano di approfondire il lavoro dell’artista?

D.T. Il prossimo passo sarà intanto segnato dalla donazione di tutto l’archivio documentario di Jared agli Archives of American Art. Una questione soprattutto etica ci impedisce di smembrarlo o trattenerlo; è giusto che rientri a casa e che sia reso disponibile a quanti vorranno approfondire le ricerche su Jared, la sua arte, la sua vita, i suoi amori. Anche se non si ha ancora un luogo e una data precisa si è già al lavoro per un trasferimento della mostra in America. Le due candidate sicure al momento sembrano New York o Washigton, ma nel frattempo siamo stati anche contattati per un eventuale progetto dal Detroit Art Institute, dal Cleeveland Museum e dal Museo di Philadelphia – giusto a dimostrazione di un risvegliato interesse sull’artista che ha procurato la presentazione del fondo privato dell’artista da noi rintracciato. Quello su Jared French si sta quindi dimostrando un lavoro in continuo progresso e la cosa così a noi piace: ne siamo entusiasti quanto orgogliosi.

1Alfonso Panzetta, “Jared French by Jared French”, 2010, pag. 13

2
Laureato in storia dell’arte medievale e moderna presso l’Università di Bologna. Specializzazione sulla pittura ferrarese e bolognese dalla metà del XV alla metà del XVII secolo. Gli interessi di Davide Trevisani si estendono anche alla pittura manierista, in particolare toscana, e quella del barocco ligure. Il ruolo di Davide Trevisani a Parigi prevede la gestione tout court della galleria Maurizio Nobile.

 

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comunicato stampa

Jared French by Jared French. Con questa inedita mostra Maurizio Nobile ha inaugurato con successo lo scorso 15 settembre la sua nuova galleria di Parigi. Ora intende far conoscere anche al pubblico milanese questo straordinario artista rappresentante di punta del «Realismo Magico» americano.

Assieme ai colleghi Guido Stefano Cribiori e Luisa De AntoniMaurizio Nobile ha recentemente acquisito circa 600 opere inedite dal fondo italiano dell’artista che comprende sculture, fotografie, disegni, dipinti e incisioni. Opere che rivelano la particolare sensibilità di Jared French per la bellezza del corpo maschile. E’ un vero e proprio album di lavoro personale, intimo, quasi segreto, contenente l’intero repertorio iconografico di un cosmo figurativo, costruito nel corso di tutta la sua vita. Permette, inoltre di percorrere le varie fasi della sua lunga carriera artistica: dagli iniziali anni ‘30 fino ai lavori dei tardi anni ‘60 e oltre. Del fondo fanno anche parte anche circa 160 fotografie –tra le quali molte tratte da negativi non più esistenti- per la maggior parte riferibili al periodo 1937 -1950, all’epoca della libera sperimentazione del trio  PAJAMA, il trio composto da Jared, la moglie Margareth e l’amante Paul Cadmus.

L’eccezionalità di questo fondo è inoltre rappresentata dalle numerose sequenze di fogli costituenti gli studi compositivi e preparatori dei più noti e celebrati lavori dell’artista oggi custoditi nei principali musei americani, oltre che in prestigiose collezioni private o gallerie sempre  americane. 

  

Nato negli Stati Uniti nel 1905 e morto a Roma, sua città adottiva, nel 1988, Jared French, assieme a Paul Cadmus e George Tooker, è considerato il rappresentante di punta del cosidetto “Realismo Magico” americano, corrente artistica che si ricollega ai movimenti figurativi che nell’Europa fra le due guerre furono battezzati Surrealismo e Pittura Metafisica.

L’intero fondo di Jared French è stato oggetto di una pubblicazione curata dal ProfessorAlfonso Panzetta (ed.Umberto Allemandi).

 

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JARED FRENCH – CENNI BIOGRAFICI 

1925-1928
Diplomatosi nel 1925 presso l’Amherst College (New Jersey), risale al 1927-1928 il suo primo viaggio in Europa, in compagnia dei suoi compagni di collegio.
1931-1933
Nel corso di questo biennio ha luogo un più lungo soggiorno di studio in Europa, fondamentale per tracciare le fila della sua futura carriera. Muovendosi tra Roma e Firenze raccoglierà un cospicuo archivio iconografico procurandosi centinaia di riproduzioni fotografiche dei capolavori della pittura tre-quattrocentesca e Rinascimentale, ma anche della scultura gotica e romanica sempre italiana. E’ in questo periodo che nella vita di Jared fa la sua comparsa Paul Cadmus; è l’inizio di un sodalizio prima che artistico, affettivo (Jared e Paul intrattengono una relazione omosessuale) che unirà i due per il resto della loro esistenza. A Palma di Maiorca Paul e Jared condividono uno studio.
1937
Jared, nonostante la relazione intrattenuta con Paul, sposa Margaret Hoening.
Sotto lo pseudonimo JAPAMA (Jared, Paul e Margaret) i tre formano un gruppo informale di sperimentazione fotografica: il materiale prodotto e le sperimentazioni elaborate si riveleranno fondamentali per la successiva virata sulla direzione del Realismo Magico cui certo diede man forte il contemporaneo incontro con Lincoln Kirstein (protettore e promotore di Jared, nonché sostenitore del Realismo Magico).
1937-1945
Per i periodi estivi, Jared, Paul e Margaret prendono in affitto un cottage a Saltaire (Fire Island): vi organizzano la sede estiva del loro studio (molti disegni provenienti dal fondo sono eseguiti su fogli dei bloc-notes dati in dotazione nel cottage). Risalgono a questo periodo le ricerche fotografiche del gruppo JAPAMA (tanto fondamentali per i lavori eseguiti da Jared in questo periodo e negli anni successivi)
1938
Progetta e crea la scenografia e i costumi per “Billy the Kid”, una produzione del Ballet Caravan, la compagnia itinerante dell‟American Ballet (l’attuale New York City Ballet).
1939
Impara a dipingere con la tecnica della tempera all’uovo; esegue i primi lavori con quello che diverrà il suo medium pittorico preferito.
1940
Inizia a produrre lavori più consapevolmente simbolici nel loro orientamento poetico ed estetico.
1944
Incontro con l’artista George Tooker.
1946
Con Paul, Margaret e George Tooker trascorre l’intera estate a Siasconset (Nantucket Isalnd), mentre per i due anni successivi il gruppo passerà l’estate a Hawthorne House, Provincetown (Massachusetts).
1949
Diventa un artista della Edwin Hewitt Gallery di New York (poi incorporata nella Robert Isaacson Gallery). Assieme a Margareth, Paul Cadmus e Geroge Tooker intraprendono un lungo viaggio nelle capitali artistiche europee (Venezia, Parigi, Firenze, Roma e Londra).
1950-1953
Con Paul e Margareth parte per un lungo tour in Europa. Nel 1951 si stabilisce a Firenze dove apre uno studio.
1961
Si trasferisce a Roma che diventerà la sua dimora fissa per il resto della sua vita.
1963
Firma un contratto con la Banfer Gallery di New York.
1964
Inizia a produrre disegni di grande formato in cui affiora quella tendenza “antropomorfica” tipica del suo stile più tardo. E l’inizio di un percorso irreversibile che vede Jared abbandonare il suo stile figurativo più classico.
1969
Sua ultima mostra personale a New York, organizzata presso gli spazi della Banfer Gallery. I risultati di vendita non eccellenti e le pressioni da parte del gallerista lo porteranno a rompere definitivamente i rapporti con la Banfer Gallery.
1974
Continua a lavorare nonostante i gravi problemi alla vista.
1988
Muore il 15 gennaio a Roma, ormai divenuta sua città adottiva.

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JARED FRENCH by JARED FRENCH 

opere scelte dal fondo 

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Luisa De Antoni

Luisa De Antoni apre la sua prima galleria a Padova nel 1986. Nel 2007 sposta la propria attività in un nuovo spazio sito nella splendida cornice della corte di Palazzo Zabarella sempre a Padova. Attratta per vocazione dalla scultura, in particolare da quella del primo novecento, propone selezioni accuratissime di oggetti e opere differenti per genere e stile spaziando indistintamente dal XVII al XX secolo. Un sottile intuito unito alla sua fine sensibilità hanno nel tempo fatto conoscere Luisa De Antoni come una scopritrice di opere di grande qualità oltre che di interesse storico-artistico.

Guido e Stefano Cribiori 

La galleria d’arte Studiolo, di cui sono responsabili Guido e Stefano Cribiori, è situata in corso di Porta Nuova 46/bis Milano. Al suo interno accoglie dipinti di antichi maestri, pittura e scultura del primo Novecento. Guido e Stefano Cribiori sono specializzati nello studio approfondito di opere antiche che espongono in occasione delle più importanti mostre d’arte nazionali oltre ad essere curatori di importanti esposizioni pubbliche dedicate alla riscoperta di artisti del Novecento italiano. Sono anche specializzati nella realizzazione di volumi monografici


Maurizio Nobile 

Fondata a Bologna da oltre oltre vent’anni, la galleria Maurizio Nobile si è creta una solida reputazione nel settore dell’antiquariato. Situata nella suggestiva cornice di Piazza Santo Stefano a Bologna, negli interni di Palazzo Bovi Tacconi, la Galleria Maurizio Nobile è specializzata in mobili, oggetti d’arte, dipinti e sculture che spaziano dal XVI al XX secolo, anche se di tanto in tanto si concede qualche sconfinamento nel contemporaneo. Spinto da una vera passione per l’antiquariato, fin dalla più giovane età Maurizio Nobile ha frequentato mostre, musei, grandi antiquari internazionali, approfondendo così la sua già notevole conoscenza della materia e affinando ulteriormente il gusto. Bellezza, autenticità, qualità e rarità : questo è il credo che lo guida costantemente alla ricerca di opere e oggetti d’antiquariato destinati all’accrescimento di collezioni pubbliche e private a livello internazionale.  Pioniere del web è stato stato tra i primi antiquari a dotarsi di un sito che ha creato nel 2000, spinto dall’ambizione di entrare in contatto con un pubblico di estimatori ancora più vasto.  Nel giugno 2010 ha inaugurato una nuova galleria a Parigi, 45 rue de Penthièvre, dove già lo attendevano vari collezionisti internazionali, affascinati dalla sua semplicità e dal suo entusiasmo di fronte a opere talvolta complesse.

 

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Informazioni utili:

JARED FRENCH by JARED FRENCH

Spazio Hetta Bretz – Via Manzoni, 41  – Milano

Dall’ 11 al 27 novembre 2010
Da martedì a sabato dalle 11.00 alle 19.00
Lunedì: dalle 15.00 alle 19.00
INAUGURAZIONE: Mercoledi’ 10 novembre dalle ore 18.00

 

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