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Matthew Barney/Joseph Beuys

Joseph Beuys,WIE MAN DEM TOTEN HASEN DIE BILDER ERKLART
Matthew Barney, film still, Cremaster 4. Usa/Francia 1994

La complessa mitologia simbolica dispiegata da Matthew Barney nei suoi cicli Cremaster e Drawing Restraint  e il profondo lavoro culturale e politico di Joseph Beuys hanno più punti incomune di quello che si crede. Due mondi artistici differenti che si accomunano per una visione spirituale della realtà umana, per il destino a cui tende e la sua possibilità di realizzazione. In entrambi c’è l’esigenza di poter scrutare nel profondo attraverso i sentieri della mitologia, della teosofia, dell’esoteria e della magia. Un pensiero che si rende attraverso immagini, rappresentazioni, azioni in scena, film e video che guidano l’evento percettivo in un percorso attivo di fruizione. Abitando il mondo l’artista lo segna e lo ridisegna in modo da dargli un senso e a questa esigenza risponde sia il linguaggio simbolico sia il nostro evoluto e freddo linguaggio concettuale. Sono antropologicamente messe a confronto due identità collettive: quella del Nuovo Mondo per Barney, tutta permeata dalla religiosità dei Mormoni; quella della Vecchia Europa per Beuys, che deve fare ancora i conti con il passato del Nazismo. Il percorso è rituale. Attraverso la metamorfosi e la trasformazione, l’uomo rinasce a una nuova identità spirituale nel primo caso e sociale nell’altro.

Al centro del lavoro proposto da Barney c’è la creatività, che non può esistere senza resistenza, esattamente come un muscolo che per svilupparsi necessita di un lavoro di forze contrarie. Cremaster(e) è il muscolo che controlla il sollevamento e l’abbassamento dei testicoli ed è anche responsabile della corretta formazione degli organi genitali maschili nel feto: fertilità, rinascita, rigenerazione, metamorfosi. La creatività per esistere ha bisogno di una morte rigenerativa. In Drawing Restraint  9 c’è la trasformazione di due esseri in altro, è ilprocesso vitale che in ognuno porta necessariamente a questa trasformazione. La relazione tra resistenza e creatività viene simbolicamente messa in scena attraverso la costruzione di una vasta scultura di vaselina che viene modellata, colata, tagliata e manipolata sul ponte di una nave. A bordo vi sono i due protagonisti, Barney e Bjork che vengono vestiti con abiti nuziali ispirati alla tradizione scintoista: quando la scultura si liquefa in un rituale mistico i due protagonisti si tagliano gli arti a vicenda. Attraverso i resti dei loro corpi si vedono tracce di code di balena in via di sviluppo che simboleggiano la rinascita e la possibilità di nuove forme. Nei film di Barney le visioni deliranti si sposano efficacemente alla lezione dell’iperrealismo americano in un’originale e affascinante commistione. Ma la deriva è più riuscita sul piano estetico che su quello simbolico, nonostante l’ambizioso tentativo di creare una mitologia che mescoli antico e ipermodernità.

Quando Joseph Beuys aderisce al movimento Fluxus il suo scopo è quello di ricreare il senso dell’arte in rapporto alla sua fruizione sociale. Per Beuys l’arte è lo strumento di un cambiamento politico e sociale, il suo cammino interiore e lavorativo è caratterizzato dalla ricerca di un’armonia superiore tra uomo e natura. Con la creazione di oggetti-sculture-installazioni si propone il fine di sollecitare una coscienza critica nel pubblico; l’uso di materiali comuni, i suoi favoriti sono il feltro e il grasso animale, produce un intenso potere terapeutico. Marcel Mauss ci dice che le cose hanno un Mana e gli oggetti donati si caricano di questa energia. Anche le piante, gli alimenti, gli animali e gli uomini lo possiedono. Per Beuys il ruolo dell’artista è parallelo a quello dello sciamano, nel canalizzare energia dagli oggetti e nel dare loro nuova forza e significato. Attraverso il simbolo l’artista recupera quel linguaggio originario legato alla magia e al mistero che è più vicino alla fonte di ogni segno. In questo modo si ritorna all’inizio di un processo dove non c’è contraddizione tra simbolo e segno (o concetto).

 

Anche il più piccolo dettaglio delle sontuose sculture-installazioni di Matthew Barney fa parte di un complesso racconto mitologico a più livelli affollato di eroi, simboli e rituali. Affrontando la relazione tra corpo e identità l’artista trasfigura gli oggetti in una personale visione della cultura americana in cui è presente anche un implicito omaggio al maestro tedesco. Chrysler Imperial (2002)  mette in scena un universo materiale e organico che richiama alla mente la celebre installazione di Beuys Terremoto del 1981 (macchina da stampa ricoperta di grasso, bandiera italiana avvolta nel feltro, 9 lavagne ricoperte da scritte in gesso, bidone di metallo contenente grasso e caratteri tipografici in piombo, registratore con cassette). In un processo di continua disgregazione e ri-creazione della materia Barney utilizza la plastica nella sua forma solida e liquida trattandola come un materiale organico e associandola all’acciaio temperato, alla gelatina di petrolio, al marmo e al lubrificante sempre tratto da materiale plastico. Nell’opera “De Lama Lamina” 2005 (polvere di acciaio ossidato, gelatina di petrolio e grafite su carta stampata a rilievo in una cornice di plastica autolubrificata) ripropone lo schema dell’opera di Beuys “Eurasia Sibirishe Symphonie” del 1963(Feltro, grasso, lepre imbalsamata, pali dipinti e pannello di legno con disegno di gesso) in cui si riproduce l’ansia di mutamento e adattabilità al contesto storico con simboli capaci di raccontare un processo più che un luogo o una memoria. In The Department of the Host & Unmoulding del 2006 (Getto di Policarolactone, termoplastica e plastica autolubrificante) l’artista intreccia design architettura e scienza alla sperimentazione del materiale plastico ottenendo un effetto simile alla famosa installazione di Beuys “Unschlitt Tallow” del 1977 (venti tonnellate di grasso tagliate in sei elementi). In entrambi la forza e la potenza espressiva convivono sempre in modo omogeneo con mito e leggenda, natura e cultura, memoria storica e sguardo verso il futuro.


De Lama Lamina: Oxria d Ferro, Matthew Barney; 2005
(Oxidized iron powder, petroleum jelly and graphite on embossed paper in a self-lubricating plastic frame)

Eurasia Sibirische Symphonie 1963 (Eurasia Siberian Symphony 1963), Joseph Beuys; 1966
(Felt, fat, hare, painted poles and wood panel with chalk drawing)

The Department of the Host & Unmoulding, Matthew Barney; 2006
(Cast polycarolactone thermoplastic and self-lubricating plastic)

Unschlitt/Tallow, Joseph Beuys; 1977
(Twenty tons of tallow fat cut into six elements)

Chrysler Imperial (Detail), Matthew Barney; 2002
(Cast concrete, cast petroleum jelly, cast thermoplastic, stainless steel, marble and internally lubricated plastic)

Terremoto, Joseph Beuys; 1981
(Typesetting machine with fat, Italian flag wrapped in felt, chalk on nine blackboards, metal container with fat and lead type, recorder with cassette and printed brochure)

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