Da quel poco che se ne sa (sul sito ufficiale della Biennale il nostro Padiglione è l’unico a non dichiarare ancora i nomi degli artisti invitati), l’intento di V.S. è una sorta di progetto bulimico-dadaista che coinvolge, sembra, duecento intellettuali (scrittori, giornalisti, direttori d’orchestra ecc..) in veste di “garanti” di altrettanti artisti che sarebbero, questi, rappresentati nel padiglione italiano vero e proprio. Esisterebbe anche una lista, non si sa quanto attendibile, visto che molti hanno saggiamente declinato l’invito e altri hanno desistito strada facendo, uno per tutti Luigi Serafini, grande amico e protégé di Sgarbi, che alla fine ha gettato la spugna e forse anche la lunga amicizia con il Nostro. A tutto ciò, a mo’ di tracimante blob, si debbono aggiungere innumerevoli “Biennali” situate lungo l’italico stivale, regione per regione, sorta di censimento anagrafico e territoriale. Un democratico cono di luce per molti, altrimenti destinati al dimenticatoio o all’anonimato. Una curiosità: a chi ne avesse voglia consiglio di andare a spulciare quanti artisti italiani sono acquattati in padiglioni di paesi periferici…
Se proprio ce ne fosse stato bisogno, il Julien Sorel della Romagna ha confermato le sue doti di eclettico funambolo della parola e di pessimo organizzatore, incapace di sviluppare un qualsivoglia progetto che preveda la necessità di coordinare e utilizzare un numero di persone superiore alle solite groupies che si trascina come trolleys e di qualche infelice assistente sballottato a tutte le ore del giorno e soprattutto della notte.
Dunque che fare, che dire ora? Mah! Unirsi al coro degli indignati perenni e degli odiatori professionali? No! Forse la cosa migliore ce la suggerisce Rhett Butler che a una piagnucolosaRossella O’Hara disse: “francamente me ne infischio!”