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Kubrick. Visioni e finzioni (1945-1950)

Stanley Kubrick, World sport boxing's two mythic heroes Rocky Graziano, dicembre 1949

 CINQUE ANNI DA GRANDE FOTOGRAFO

Stanley Kubrick, World sport boxing's two mythic heroes Rocky Graziano, dicembre 1949

 

7 maggio – 24 luglio 2011, Palazzo Magnani, Reggio Emilia

 

 

 

Ecco finalmente esposte le fotografie che non avevano trovato posto negli angusti spazi del Palazzo della Ragione di Milano, durante la mostra Stanley Kubrick Fotografo. Gli anni di Look (1945 – 1950) dell’aprile 2010. La mostra che nell’agosto 2010 ha fatto tappa a Venezia all’ Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti è ora infatti a Palazzo Magnani di Reggio Emilia, con la stessa curatela, di Rainer Croner con il nuovo titolo: STANLEY KUBRICK. Visioni e finzioni (1945-1950). Cinque anni da grande fotografo. Alla fine della tappa reggiana la mostra conclude il suo tour in Italia per proseguire in Russia.
La mostra presenta 130 fotografie provenienti dalla Library of Congress di Washington e il Museum of the City of New York – che custodiscono un patrimonio ancora sconosciuto di oltre 20.000 negativi di Stanley Kubrick, giovanissimo, ma già grande fotografo in grado di testimoniare la sua capacità di documentare la vita quotidiana dell’America dell’immediato dopoguerra, attraverso le storie di celebri personaggi come Rocky Graziano o Montgomery Clift, le inquadrature fulminanti e ironiche nella New York che si apprestava a diventare la nuova capitale mondiale, o ancora la vita quotidiana dei musicisti dixieland.
La mostra rivela il suo modo di fare fotografia, una delle passioni che Kubrick, molto giovane, ereditò dal padre (l’altra sono gli scacchi), ma che si esaurì nel breve volgere di un quinquennio.
La prima fotografia veNne pubblicata il 26 giugno 1945 e ritrae un edicolante affranto per la morte di Roosevelt, un’immagine che affascinerà così tanto gli editors di Look da offrire al fotografo dilettante la possibilità di entrare nello staff della rivista come fotoreporter.
Per l’appuntamento reggiano – l’ultimo in Italia dopo quelli di Milano e Venezia – il percorso espositivo presenta, per la prima volta, il nucleo completo degli scatti dedicati al giovane Montgomery Clift, colto nel suo appartamento, e quelli del pugile Rocky Graziano, che testimoniano come il legame tra l’Italia e l’America abbia ispirato da sempre immagini e filmografie di grande intensità. Kubrick in queste fotografie del pugile italo-americano, dal taglio e dalle atmosfere di sapore già cinematografico, esibisce tutta l’intensità dell’italianità migrata oltreoceano che sarà punto di riferimento per il film “Toro scatenato” di Martin Scorsese.
Tra le altre sezioni, si possono ricordare Portogallo che racconta il viaggio in terra lusitana di due americani nell’immediato dopoguerra, o Crimini, che testimonia l’arresto di due malviventi seguendo i movimenti dei poliziotti, le loro strategie, le loro furbizie, fino all’avvenuta cattura, o Betsy Furstenberg, giovane ragazza americana rappresentata come il simbolo della vivace vita newyorkese di quegli anni, cui fanno da contraltare le vicende dei piccoli shoe shine, i lustrascarpe che si trovavano agli angoli delle strade di New York, o ancora quelle che ritraggono l’epopea dei musicisti dixieland di New Orleans o il variegato mondo degli artisti del circo.
Il metodo Look, che era caratterizzato da una narrazione a episodi, non incontrava il gradimento dei più importanti fotogiornalisti. I responsabili della rivista volevano che il soggetto fosse seguito costantemente, che venisse fotografato in tutto ciò che faceva. Questo stile invadente esercitava un grande fascino su Kubrick al quale piaceva creare delle storie partendo proprio da quelle foto. Per ottenere dai personaggi delle pose che fossero più naturali possibili, Kubrick metteva in atto una serie di stratagemmi per passare inosservato. Uno di questi consisteva nel nascondere il cavo della macchina fotografica sotto la manica della giacca e nell’azionare l’otturatore con un interruttore nascosto nel palmo della mano. Negli interni cercava di sfruttare il più possibile la luce naturale agendo opportunamente sul tempo di esposizione e sull’apertura del diaframma. Gran parte del senso estetico che ritroviamo nei suoi film veniva già espresso dal suo lavoro di questi anni.
Anche ricorrendo a tecniche e punti di vista particolari e mantenendo sempre un certo distacco riesce a far trapelare l’aspetto psicologico dei soggetti ritratti, permettendo così all’osservatore delle foto di costruire una personale interpretazione del carattere delle persone riprese.
“Nascono così le prime fotografie di Stanley Kubrick – scrive il curatore -, realizzate nell’America dell’immediato dopoguerra, che sorprendono poiché non si limitano alla rappresentazione di un’epoca, come ci si potrebbe aspettare da un fotoreporter. Le sue istantanee infatti – sottolinea il curatore -, che stupiscono per la loro sorprendente maturità, non possono essere considerate come archivi visivi della gioia di vivere, catturata dallo spirito attento e pieno di humor di un giovane uomo, ma costituiscono un consapevole invito a confrontarsi con le risorse del mezzo fotografico, con le sue possibilità di rappresentazione e con la propria percezione della realtà: una costante dell’opera artistica di Kubrick che comincia con le fotografie e continua nei film».
Un passaggio fondamentale, dunque, se si pensa che l’ambiguità dell’immagine e del cinema stesso sono al centro della riflessione che anima il cinema d’autore del secondo dopoguerra, per questo detto moderno e di cui Kubrick è stato uno degli indiscutibili maestri.
*Stanley Kubrick, World sport boxing’s two mythic heroes Rocky Graziano, dicembre 1949
INFORMAZIONI UTILI:
STANLEY KUBRICK. VISIONI E FINZIONI (1945-1950). CINQUE ANNI DA GRANDE FOTOGRAFO
Reggio Emilia, Palazzo Magnani (Corso Garibaldi, 29)
7 maggio – 24 luglio 2011
Orari:
dal 7 al 15 maggio: 10.00 – 23.00
dal 16 maggio al 3 luglio: 10.00 – 13.00 / 15.30 – 19.00
dal 4 al 24 luglio: 16.00 – 23.00
Chiuso il lunedì
Aperture straordinarie:
14 maggio “Notte Europea dei Musei”: 10.00 – 24.00
2 giugno “Festa della Repubblica”: 10.00 – 23.00; ingresso 5 €; visita guidata gratuita alle 17.00 e alle 21.00
(prenotazione obbligatoria tel. 0522 454437)
Biglietti:
Intero € 7,00; ridotto € 5,00 (under 18, over 65, gruppi, titolari di coupon e convenzioni, biglietto d’ingresso a Fotografia Europea 2011); ridotto € 4,00 (studenti e scuole)
Con il biglietto della mostra Stanley Kubrick si ha diritto all’ingresso ridotto a Fotografia Europea.
Visite guidate:
per gruppi (minimo 12 massimo 30 persone):
€ 80 visita guidata in italiano
€ 100 € visita guidata in lingua
per classi di studenti:
€ 2 ogni studente che partecipa con la classe
Visite riservate ed eventi in mostra
Per associazioni, gruppi e aziende è possibile prenotare visite riservate alla mostra.
Per informazioni: 0522 44 44 46 – mailto: info@palazzomagnani.it
Per info, prenotazioni e per scoprire ogni dettaglio della mostra
tel. 0522-454437 – fax 0522 44 44 36
mailto: info@palazzomagnani.it
www.palazzomagnani.it
Mostra realizzata dalla Fondazione Palazzo Magnani e da GAmm Giunti, con la partecipazione della Provincia di Reggio Emilia, Fondazione Pietro Manodori, Studio legale Sutich-Barbieri-Sutich, con il contributo di CCPL Reggio Emilia, Landi Renzo S.p.A., Coopservice.
Accompagna la mostra il catalogo GAmm Giunti.
Stanley Kubrick, Montgomery Clift
Il fascino discreto del Sublime. Punti di vista sulla fotografia del giovane Stanley Kubrick
*Estratto dal catalogo GAmm Giunti
RAINER CRONE Curatore della mostra
April is the cruelest month. È una fredda mattina a New York City. Le strade sono invase dal rumore del traffico e le persone, simili ad anime in pena, si dirigono verso il luogo di lavoro. In questo 12 aprile 1945 una greve coltre di nubi incombe sulla città e rende buie le strade fiancheggiate da edifici che proiettano solo vaghe ombre indistinte.
“F.D.R. is dead” titolano i giornali a ogni angolo di strada. Una notizia tanto opprimente e inquietante che stenta a diventare oggetto di conversazione tra i passanti. FDR è Franklin D. Roosevelt. L’uomo che ha guidato l’America attraverso la seconda Guerra Mondiale, nonché l’unico presidente nella storia degli Stati Uniti a essere stato rieletto per più di due mandati. Roosevelt è la potenza americana che assieme a Stalin e a Churchill ha avuto il coraggio di sfidare Hitler. In lontananza pare già di scorgere il tenue bagliore della vittoria, ma la guerra non è ancora vinta e in Europa infuriano ancora le battaglie. Il futuro è incerto.
In questa cupa mattina del 12 aprile 1945, uno Stanley Kubrick appena diciassettenne cammina per le strade buie di New York. A passo deciso si dirige verso la scuola. Il suo sguardo vaga irrequieto. Il giovane, ricettivo, percepisce l’elettricità nell’aria; una certa tensione, come prima di un terremoto. Non sente i rumori della strada. I sensi sono offuscati, ma i suoi occhi acuti scrutano il grigiore delle strade e dei muri della città. Un chiosco di giornali cattura la sua attenzione e il guizzo dei suoi occhi si placa. Lentamente, senza perdere di vista il chiosco, si avvicina a ciò che lo ha incuriosito. Estrae la Leica dalla cartella. Fare tardi a scuola è l’ultimo dei pensieri che potrebbero venirgli in mente in una situazione come questa. Bastano poche frasi per convincere il giornalaio a mettersi in posa; in un attimo Kubrick istruisce il suo modello e, sicuro di sé, assume il controllo sull’oggetto della sua rappresentazione. Il venditore sta al gioco, Kubrick arretra un poco, guarda attraverso l’obiettivo e scatta. Quello stesso giorno fa sviluppare la fotografia e la offre in vendita alle due principali riviste fotogiornalistiche, Life e Look.
La fotografia mostra un uomo anziano che poggia la testa sulla mano con fare rassegnato, circondato dalle riviste che vende per vivere, i cui titoli, senza eccezioni, parafrasano la notizia della morte di Roosvelt e dell’insediamento di Harry Truman. A dispetto dell’intento rigorosamente documentaristico, la foto si dimostra una composizione artefatta sul piano semiotico, nella quale il metteur en scène Stanley Kubrick ha il controllo assoluto e consapevole di ogni elemento significante e della sua messa in scena.
Alla fine della giornata, è un Kubrick visibilmente soddisfatto quello che esce dalla sede di Look Magazine sulla Madison Avenue. Il suo sguardo passa in rassegna le infinite facciate degli edifici sino ad arrivare a quel cielo che, a detta di Kubrick, non vedeva da giorni. Sembra che la coltre di nubi si stia aprendo leggermente. La sua foto gli ha fruttato venti dollari, e gli è stato offerto un lavoro come staff photographer.
Più di cinquant’anni dopo, circa tre miglia più a nord, negli archivi del Museum of the City of New York, Rainer Crone soffia via la polvere dei decenni dagli scatoloni che recano la scritta “LOOK Archive”. Il suo inaudito contenuto da luogo a una scoperta sensazionale, un evento nel vero senso della parola: l’archivio completo dei negativi prodotti da Kubrick nei cinque anni della collaborazione (1945-1950) con Look consta in più di 14.000 negativi raggruppati in circa 300 serie e stories e fino a questo storico ritrovamento era stato completamente dimenticato. Le poche persone che sapevano dell’esistenza di un’oeuvre fotografica, davano i negativi per dispersi. Nel 1998 lo stesso Kubrick, a cui restano ormai pochi mesi di vita, per telefono dice a Crone che ha appena intrapreso la ricerca del Graal, di non sapere dove si trovino i negativi. “If you had hoped, that you would find the negatives here, I must disappoint you. I don’t have them and I don’t know where they are.” Comunque, di una cosa Kubrick è assolutamente certo: non sono mai state realizzate stampe vintage dai suoi scatti. L’odissea che avrà per risultato il ritrovamento di questi tesori negli archivi della Library of Congress a Washington D.C. e del Museum of the City of New York, inizia da questa telefonata. Kubrick augura buona fortuna a Crone e riattacca.
Il contenuto di queste scatole supera ogni aspettativa. Questi scatti sono documenti del tempo che fanno luce sugli anni del dopoguerra in America, ma non solo. Sono anche la precoce espressione artistica di un genio che sarà riconosciuto come tale solo diversi anni dopo – nell’ambito di un altro medium, che soggiace a regole e pone sfide del tutto diverse. Eppure queste fotografie sono qualcosa di più dell’opera fotografica giovanile di un cineasta di autentico talento. Nell’ambito della storia della fotografia, dobbiamo prenderne atto, esse si collocano consapevolmente in una posizione storicamente nuova che, forte della consapevolezza di ciò che l’ha preceduta e delle tradizioni che ne hanno determinato il percorso evolutivo, si spinge a sondare i limiti del medium. Queste fotografie non sono niente di meno che un cambio di paradigma delle potenzialità della fotografia. Kubrick – dobbiamo constatare a posteriori – non dev’essere considerato solo uno tra i grandi della storia del cinema. La sua opera fotografica è un’opera a sé stante, e in quanto tale va annoverata tra le più significative nella storia del medium.
Stanley Kubrick, Montgomery Clift

 

Il cinema neorealista italiano negli scatti dedicati a Rocky Graziano*
* Dal catalogo Electa di Fotografia Europea 2011
Già alla fine degli anni ’40 Kubrick era un assiduo frequentatore di cinema. In modo particolare non si lasciava sfuggire i film al Guild and World Cinema, vicino a Times Square, dove il distributore Joseph Burstyn presentava tutte le principali opere dei neorealisti italiani, compresi Roma città aperta e Paisà di Rossellini e Ladri di biciclette di De Sica. Kubrick non avrebbe mai dimenticato la lezione del neorealismo, la possibilità di fare film con attori non professionisti e girati in location dal vero.
Proprio in quegli stessi anni, tra il 1945 e il 1950, Kubrick si dedica alla fotografia ed possibile riconoscere questo fascino esercitato su di lui dal cinema italiano anche nei suoi scatti, forse nei più celebri.
Nel 1949 “Look”, la famosa rivista americana per la quale Kubrick lavora, gli affida un servizio fotografico sulla giornata di un giovane pugile peso medio, l’italoamericano Thomas Rocco Barbella detto Rocky Graziano. Il servizio “Rocky Graziano ora è un bravo ragazzo” venne pubblicato sul numero del 14 febbraio 1950. In quello che è tra i suoi più ambiziosi servizi di fotogiornalismo, Kubrick seguì Graziano, con un perfetto sguardo neorealista, durante le azioni quotidiane sino al momento del combattimento: nel suo appartamento, in visita dal medico, sotto la doccia, durante il pranzo con suo figlio, prima del combattimento e sul ring.
Stanley Kubrick, World sport boxing's two mythic heroes Rocky Graziano, dicembre 1949
In questi scatti Kubrick celebra la boxe e riesce a trasformare la violenza insita in questo sport in arte. Tra le fotografie di questa serie, una in particolare riesce a descrivere con straordinaria intensità il mondo del pugilato, in un fotogramma che è al contempo tutta una storia.
Graziano si trova nello spogliatoio mentre aspetta l’inizio dell’incontro, è a petto nudo e indossa i pantaloncini, le mani con le bende pronte per indossare i guantoni sono appoggiate sulle ginocchia, lo sguardo rivolto a sinistra, lontano dall’obiettivo, per raccogliere le forze prima del combattimento. La sola luce presente piove dal soffitto e crea un alone d’ombra tutto intorno enfatizzando i tratti del volto, le spalle e il petto glabro. Usando il suo angolo di ripresa preferito, Kubrick trasforma Rocky Graziano in un emblema della mascolinità, della fatica fisica legata alla volontà di emergere, al desiderio di riscatto.
Nell’America di quegli anni la boxe conservava ancora quei toni di machismo e sete di sangue che aveva accumulato in più di un secolo di esistenza. I combattimenti del venerdì sera rimanevano per molti uomini della classe operaia o immigrati un appuntamento settimanale fisso.
Questo servizio che occupò intere pagine della rivista Look, anticipa la direzione della sua futura carriera, in quanto potrebbe essere stato concepito come lo studio preparatorio di un film.
Le fotografie di Stanley Kubrick, dunque, non si limitano alla rappresentazione di un soggetto, di un tema o di un’epoca, l’America dell’immediato dopoguerra, come ci si potrebbe aspettare da un fotoreporter. Le sue istantanee, che stupiscono per la loro sorprendente maturità, testimoniano la consapevole sfida del giovane Kubrick a confrontarsi con le risorse del mezzo fotografico, con le sue possibilità di rappresentazione e con la propria percezione della realtà: una costante dell’opera artistica di Kubrick che comincia con le fotografie e continua nei film.
Alla fine degli anni Cinquanta le photo-stories e i reportage fotografici di “Life” e di “Look” ebbero un pubblico di milioni di lettori. Nel “documentare” la vita i fotografi tendevano a metterla in scena in modo tale da veicolare un messaggio, una guida, spesso di natura etica, cui facilmente attenersi. Furono così prodotte intere serie illustrate di istruzioni per migliorare la propria vita, le basi della letteratura How to do ancora oggi dominante negli Stati Uniti.
Gli scatti dedicati a Rocky Graziano sono tutto questo, contengono l’invito ad inseguire con determinazione i propri sogni, quella volontà di rivalsa di tanta italianità migrata oltreoceano, le storie e le modalità espressive così care al cinema neorealista italiano che accompagneranno Kubrick nel suo poderoso cammino nel mondo della cinematografia.
Un suo collega regista Martin Scorsese (che nel suo Toro scatenato si ispirerà proprio alle atmosfere di questi scatti su Rocky Graziano) sottolineerà il legame tra Kubrick e il neorealismo definendolo “un’artista della visione reale, in tutti i sensi di questa parola troppo spesso ripetuta”.
Stanley Kubrick, Montgomery Clift

 

 

 

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