Print Friendly and PDF

I conti in tasca a Sgarbi

UN PO’ DI CONTI IN TASCA A VITTORIO SGARBI,
INCARICATO DAL(L’EX) MINIST(E)RO
PER I BENI E LE ATTIVITA’ CULTURALI
A DIRIGERE IL PADIGLIONE ITALIA
DELLA 54. BIENNALE DI ARTI VISIVE A VENEZIA.

Parlerò ancora di Padiglione Italia e di come si va delineando il “progetto Sgarbi” in questi giorni di frenetica (per gli altri attori) preparazione alla vernice della kermesse d’arte contemporanea più importante del mondo, con buona pace per chi crede che non lo sia.

Alcuni ne hanno abbastanza già sin d’ora, ed è difficile dar loro torto. Ma c’è un aspetto che esula apparentemente dall’arte e ha a che fare con il “lavoro”. Secondo me è cosa che va affrontata, perché è un unicum nella storia della Fondazione a causa dell’eccezionale numero di persone coinvolte.

Io ritengo che il Capo abbia ogni responsabilità – così come i meriti – del progetto che propone e che viene accolto dalla Committenza, e fra le responsabilità rientra anche (e soprattutto, oserei dire) l’organizzazione del lavoro per raggiungere l’obiettivo prefissato.

Altrimenti non è un Capo, ma un Quacquaracquà.

L’organizzazione che tanto fa discutere in questi ultimi giorni per la sconcertante e sfacciata procedura di convocazione iniziata solo qualche settimana fa degli artisti selezionati è faccenda che non compete le redazioni dei giornali, le chiacchiere senza soluzione fra i prescelti (Ma tu, come sei stato scelto, come ti hanno avvertito e a chi hai risposto? Perché sei stato convocato? Davvero non sapevi neppure di essere stato inserito in una lista? Perché da Napoli sei “finito” in Umbria? In due giorni dalla “chiamata” devi fornire un’opera al sito epositivo, a tue spese, anche assicurative? E che opera devi portare, ti hanno dato indicazioni? In quale spazio esponi, e quanto ne hai a disposizione? Qualcuno dell’organizzazione ti ha mai visto o parlato? ecc. ecc.) o i commenti sulle “liste” (tutte balenghe), le lettere, le mail…

La Biennale di Venezia è Ente pubblico (Fondazione, per la precisione) e dipende amministrativamente da referenti pubblici, ovvero – sopra tutti – dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Lo sfacelo di questa edizione del Padiglione Italia, che ha imposto per forza maggiore ad alcuni artisti l’abdicazione alla Rassegna e ad altri l’alibi per non partecipare o partecipare con le fanfare o partecipare “ripescati” come nelle lotterie di paese o nei realities decotti (mentre tutto il resto della manifestazione procede nei consueti modi, né meglio né peggio, alla faccia nostra), si deve anche all’incredibile e totale mancanza di professionalità dell’organizzazione, che sarà pagata con i soldi dei contribuenti.

Ma questa è faccenda che dovrebbe innescare non infinite dispute fra passanti di strada, quanto un’indagine su come si è svolto e si sta svolgendo il lavoro (ad esempio, come avvengono realmente le scelte dei nomi: si parte dalle Pagine Gialle sub uocem “artisti”?) e un’analisi su precise responsabilità gestionali da parte del Ministero o della Corte dei Conti in merito al rapporto costi/benefici che produrrà quest’insensato modo di non lavorare, prendendosi gioco di tutti e confidando che, tanto, “ne verrà fuori qualcosa” (ma va’?).

In un momento come questo di tagli drammatici alla cultura, senza alcun criterio di qualità e merito, si concede carta bianca a un improvvisato pontificatore che la “spara grossa” a Ottobre 2010 (7 mesi prima del via! quando gli altri Paesi hanno già presentato artisti e critici da un pezzo) ben sapendo che muoverà un gran polverone e pretenderà tutti gli occhi e i mezzi mediatici disponibili anche a costo di “ricattini di quart’ultima”. Tutto sommato anch’io – pur non amando né il progetto né il progettista – ho sperato per amor di Patria che andasse bene, confidando nell’istrionismo e nelle fascinazioni da Mago Forrest del nostro. Ma fra due anni preferirò il Mago Forrest (quello vero) a far da curatore al Padiglione Italia. Se avanspettacolo dev’essere, preferisco ridere che piangere.

A fronte di tutto ciò, il leit-motif di Sgarbi negli ultimi giorni è non che le cose procedono male (non sia mai!), ma che non è ancora stato pagato per il delicato incarico. Ora sarà soddisfatto: il gettone per i suoi monologhi televisivi in diretta (giusto per far capire dove e per chi ultimamente stava cogitando il Nostro, ormai detto “so’ Piovra, el Re de la manovra”) è garantito per intero, secondo contratto RAI, anche se dei suoi 5/6/o-quanti-erano-previsti ne avrà fatto uno solo; chissà, forse si degnerà di palesarsi in laguna, dato che il “lavoro” in tv è saltato.

E Arthemisia quanto “prende” da questa farsa condotta in modo oltre il dilettantesco, dato che, fra l’altro, sono gli artisti a dover essere sponsor di se stessi e anche del catalogo Marsilio, del quale sono obbligati al pre-acquisto di quattro copie ciascuno più una, bontà loro, in omaggio (se sono 2000 – ammesso che sia vero – siamo già a 8000 in prevendita…)? Infine: quando sarà pubblicato il catalogo del nostro Padiglione (e multipli annessi) se ancora oggi, a dieci giorni dall’inaugurazione, non si conoscono i nomi degli artisti partecipanti, che a pioggia stanno rifiutando l’invito?

E gli sponsors privati – quei pochi che sono stati convinti e che ora vedono la propria immagine abbinata a una simile pagliacciata ma dovranno fare buon viso a cattiva sorte (e vedremo se fra due anni si faranno ancora incantare) – che sempre tutti ignorano se non quando c’è da piatire o da insultare perché non intervengono a salvare le sorti delle nostre arte e cultura, come potranno pretendere risarcimento d’immagine (perché è per quella che si sponsorizza, o facciamo finta di nulla?) se il Ministero non fa chiarezza?

Venezia è una gran bella “piazza”, sempre, e fa gola a molti, nel bene e nel male; ma io – che sono là residente – vidi nel tempo come la poca professionalità e la becera improvvisazione allontanarono i fondi privati dalle manifestazioni pubbliche come il Carnevale, mentre i Sindaci si vantavano di non aver messo mano a nessun euro comunale, delegando senza controlli di qualità, per le iniziative della festa che viene promossa ai quattro angoli del globo come “il Carnevale più bello del Mondo”, cosa che ormai non è più da molto tempo, e si vede. E non voglio paragonare l’indotto del Carnevale con quello della Biennale (economicamente è molto più importante quello di dieci giorni di Carnevale rispetto a cinque mesi di Biennale, se non lo si sapesse…).

Io sono abituata a essere pagata per una mia consulenza se e quando vale; non so chi fra noi mortali sia garantito altrimenti, a parte l’impiego pubblico (e anche lì…). Se il mio lavoro non rispetta le regole contrattuali ed è frutto di poca applicazione, poca professionalità, poca attenzione, mi viene contestato e potrò eventualmente replicare o modificare il prodotto (a mie spese, senza maggior costi, a meno che non siano robustamente giustificabili), ma sono tenuta a produrre un risultato confacente a quanto deciso e approvato con il Committente, rispettando i tempi che anch’io accettai. Punto.

Trovo incredibile che con i nostri soldi si permetta un simile insulto e che nessuno, in alte sfere, indaghi su come procede il “Cantiere”, sui risultati ottenuti dal “Direttore di Cantiere” e su come sono impiegati i fondi reperiti faticosamente in periodi così difficili per tutti.

Tutto ciò prescindendo – anche se non dovrebbe essere – dall’oggetto per cui tali sudate sostanze sono messe a disposizione, ovvero la Cultura Italiana e la sua immagine nel mondo.

Al MACRO di Roma, in questi giorni, si paventano le possibili dimissioni di Luca Massimo Barbero, uomo colto, che lavorò egregiamente per una scommessa che vinse quando nessuno – nessuno! – puntava sulla “Roma contemporanea”, oggi, in Italia, una delle poche realtà culturali plausibili a livello internazionale. La sua figura solida, seria e di gran lavoratore ha costruito l’impensabile pur con il poco che è sempre concesso a chi opera nei Musei pubblici e ha aggregato realtà pubbliche e private in un miracolo di equilibri e soddisfazioni reciproche. Le sue dimissioni si devono a questioni che investono (tutte) la poca, pochissima, anzi nulla deferenza che l’Amministrazione civica dedica a chi opera bene in (e per) questo Paese.

Stride il confronto con il Condottiero Lagunare, che conduce poco e male e sperpera dignità e soldi senza alcun ritegno, evidentemente sentendosi al di sopra di ogni patto stipulato con il Cittadino.

La mia non è demagogia, demagogia è promettere grandi panorami sapendo che al massimo raggiungerai il buco della serratura per vederli.

E’ considerazione basata sulla realtà dei fatti. E mi fa fortemente arrabbiare.

Commenta con Facebook

leave a reply

*