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The artist is present

“Marina is present”

MoMaMarinaAbramovic
C’è una cosa che manda avanti il genere umano da millenni che non è soltanto mero istinto di sopravvivenza. E’ un qualcosa che va oltre, di ancora inspiegabile, anche per gli scienziati. Stiamo parlando dell’amore. In tutte le sue forme e varianti. L’amore nei confronti della persona amata, della propria famiglia, degli amici. L’amore per la conoscenza, che tanti filosofi ritenevano una vera ragione di vita. Capace di dare un senso al tutto, anche al nostro perché su questa Terra. Ma c’è anche un altro tipo di amore che rende da secoli il mondo un posto stupendo dove vivere. E’ l’amore per l’arte. Chi possiede questa passione è padrone di un dono. Per alcuni è abbastanza guardarla, ammirarla in tutto il suo splendore, cercando  a volte di coglierne il significato. Oppure c’è chi l’arte deve viverla in prima persona, se non addirittura farla. Da secoli c’è chi usa questo mezzo di espressione per cercare di comunicare i propri sentimenti, il proprio pensiero, le proprie sensazioni. Proprio come Marina Abramovic (classe 1946, Belgrado) che ha fatto diventare la sua stessa vita un’opera d’arte in continua evoluzione. L’artista ha iniziato a dare vita alle sue performance negli anni ’70, proponendo una forma d’arte totalmente nuova, che molti, ancora oggi, non hanno il coraggio o non vogliono definirla arte. Lei stessa, infatti, ha preferito titolare il suo lavoro “Metodo Abramovic” come il titolo della sua ultima performance a Milano, presso il Pac di Milano -fino al 10 Giugno 2012 dove questa volta, a farla da padrone, è il pubblico stesso.
Il percorso artistico di Marina è stato impervio. Incompreso e spesso giudicato male fin dai suoi esordi, ma intrapreso comunque con dedizione e caparbietà. Un percorso che però nel 2010 (dopo quarant’anni di onorata carriera) l’ha vista approdare niente di meno che al MoMA di New York per una retrospettiva fenomenale. Cinque sue performance riproposte da giovani artisti (a cui lei stessa ha fatto un training di preparazione nella sua casa in campagna), più video, documenti, foto e lei, Marina, seduta su una sedia in una stanza vuota per tre mesi, sei giorni alla settimana, per sette ore al giorno. Immobile. Senza parlare. Solo occhi negli occhi con lo spettatore di turno.
Da questa esperienza è stato tratto un documentario che prende il titolo dalla mostra stessa: “The artist is present”. Matthew Akers, il regista, ha dato vita ad un filmato sulla vita dell’artista. Un documento che segue Marina durante tutto il percorso di preparazione della sua mostra nella Big Apple. La proiezione in Italia ha avuto luogo al Cinema Apollo di Milano il 22 Marzo 2012 ed è stata presentata dall’artista stessa con non poca commozione.
Effettivamente non deve essere stato semplice assistere ad una vita intera che ti scorre davanti agli occhi. Dove ritrovare brutti e bei ricordi. Sconfitte e grandi conquiste. Un amore, quello con Ulay, compagno nella vita e nel lavoro, che sembra ancora ardere negli occhi di entrambi. Una storia da favola, da film. Due anime gemelle che si sono dette addio dopo dieci anni di connubio perfetto, di simbiosi, con una camminata di novanta giorni lungo la Grande Muraglia Cinese. Per poi trovarsi a metà strada per salutarsi e abbracciarsi ancora una volta. Un’ultima volta. Una Abramovic come non la si era mai vista prima. Una donna sensibile ed insicura. Appassionata di moda -e purtroppo anche della chirurgia plastica. Una performer alle prese con i fornelli, a letto con la febbre, a contatto con i suoi fan che la idolatrano come fosse una rockstar. Un individuo semplice, alla continua ricerca di se stessa e del suo posto nel mondo. Una bambina con una madre poco affettuosa. Con due genitori autoritari e comunisti. Un passato doloroso. Una guerra sanguinosa alle spalle. Marina è una lavoratrice seria e determinata. Una stakanovista che organizza tutto nei minimi particolari, con grande attenzione e con sconfinata passione. Il “behind the scenes” di un’artista a volte incompresa, che è stata in grado di trasmettere tanto e di far riflettere su argomenti importanti, usando il proprio corpo come mezzo di comunicazione, come se fosse l’unico mezzo possibile.
L’arte di Marina Abramovic è figlia di questi tempi. Prendere o lasciare. Amatela o odiatela. Non ci sono vie di mezzo con lei. “The artist is present” -premio come miglior documentario alla Biennale di Berlino- è a tratti incredibilmente toccante e permetterà a tutti di osservare da vicino, da molto vicino, il lavoro di una donna che se fosse vissuta secoli fa sarebbe stata definita sicuramente una folle, una strega. La Abramovic è una diversa, una “alternativa”, come si è definita lei stessa: “Perché se sei così a 20 anni lo sarai sempre.” E lei non è cambiata di una virgola, nonostante la sua veneranda età, anzi, ha soltanto acquisito molta più consapevolezza di sé e del suo lavoro.
Immagini di un’esistenza improntata sulla ricerca, sulla sperimentazione, fino ad arrivare alla sua performance al MoMA, visitata da centinaia di migliaia di persone. Giovani, donne, uomini, bambini. Ragazzi che dormivano fuori dal museo per arrivare in tempo. Per evitare code interminabili. Per riuscire a sedersi di fronte a quegli occhi. Così profondi. Così inquietanti. Una sorta di “sciamana” a disposizione del popolo. Sguardi così intensi non se erano mai visti. Marina come specchio dell’inconscio di ognuno di noi. E quante lacrime sono state versate. “Quanto dolore ho visto e sentito nelle anime di queste persone”. Dice l’artista stessa. Da lì non si sfugge. Di fronte a quegli occhi, che ti fissano e ti scrutano con estrema empatia, non si può non dire la verità a se stessi. Un elogio alla lentezza e all’ascolto di sè. In silenzio. Un tempio dove non esiste più il tempo. Un po’ come una sorta di seduta psicanalitica. Perché fa meno paura andare a sedersi di fronte alla Abramovic piuttosto che rischiare di dire a qualcuno di avere bisogno di pagare uno sconosciuto che ci ascolti, con il timore di essere definiti dagli altri degli insani di mente, anche se nel 2012. Scettici e non hanno dichiarato che dopo aver trascorso del tempo occhi negli occhi con lei, le loro vite sono cambiate per sempre. Il motivo? Ognuno ha avuto il suo. Siamo tutti così simili, ma ognuno ha un suo mondo interiore dentro che è un universo a se stante. Marina era presente. Era lì per ogni singola persona. Ha dedicato attenzione, tempo e costanza ad ogni soggetto che le si è seduto di fronte. Forse è proprio questo che ha destabilizzato molti.
Perché in fondo non siamo più abituati a soffermarci su nulla. Non ascoltiamo. E se lo facciamo, lo facciamo male. Le cose che un tempo erano le più naturali del mondo, oggi vanno recuperate come un tesoro sperduto in un mare di nulla. Respirare. Prendersi del tempo. Ascoltarsi. Guardarsi negli occhi. Senza distrazione di alcun tipo. Tu e l’altro. L’uomo di fronte a se stesso. Nudo e crudo. Il confronto con il nostro simile, che troppo spesso cerchiamo a tutti i costi di tenere lontano da noi. Per paura di tutto. Per paura del nostro stesso mondo interiore. Chi siamo? Dove andiamo? Da dove veniamo? In fondo non ci si vuole mai fermare anche e soprattutto per non pensare a queste domande. A cui nessuno ha saputo dare risposta. La situazione poi, peggiora se si è dei senza Dio. La perdita di ogni valore ha fatto sì che si perdesse anche ogni minimo sforzo di ricerca interiore, a cui Marina, invece, sembra aver dedicato una vita intera. “The artist is present” è un documento emozionante, edificante e commovente. Un’eredità che la Abramovic lascerà ai posteri, oltre alla Fondazione a cui darà vita nel Montenegro. Insieme alle sue tre tombe che verranno spedite in Europa, Asia e America. Due delle quali con all’interno dei corpi feticci. E al suo funerale Antony di Antony and the Johnsons che canterà “My way” -tra l’altro ha partecipato anche lui alla performance di New York come Bjork, Sharon Stone, Lou Reed, lo stesso Ulay (quest’ultimo incontro a dir poco toccante) e molti altri. Perché la Abramovic è magnetica, un’artista che ti rapisce, che ti affascina come pochi altri. E sì, ho scritto artista, avete letto bene.
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scheda tecnica:
Un film di Matthew Akers.
Con Marina Abramovic
Documentario,
durata 99 min.
USA 2012.
MYMONETRO Marina Abramovic

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