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Bel Ami

Le trasposizioni cinematografiche di romanzi di qualsivoglia epoca spesso si rivelano mere scelte commerciali  prive di fantasia. “Bel Ami”, uscito nelle sale il 13 aprile e diretto da Declan Donnellan e Nick Ormerod, non è da meno, nonostante sfrutti la profetica lungimiranza che l’autore Ottocentesco Guy De Maupassant riversò nell’omonimo romanzo.

La pellicola cerca di riportare sul grande schermo il visto e rivisto arrampicatore sociale, ma gioca bene le sue carte optando per uno stile accattivante. Come? Ancora una volta la scelta risulta scontata: cast stellare accompagnato da costumi e location da Oscar, c’est tellement évident. Tuttavia i due registi  si salvano in corner conferendo a questi elementi un tocco ammaliante e irresistibile, non solo dal lato visivo ma anche morale.

La trama, difatti, procede secondo i canoni tradizionali: una scritta in sovrimpressione ricorda allo spettatore che la vicenda si svolge in Francia nel 1890, mentre riprese ravvicinate ad un individuo avvolto dalle tenebre, introducono Georges Duroy, il protagonista.  Duroy, interpretato dall’ex vampiro Robert Pattinson, è il tipico soldato spiantato appena tornato dal fronte, che si ritrova a  fare i conti con una scomoda povertà  e l’incontenibile voglia di bellezza, ricchezza e piacere. Gli astri offrono all’antieroe  l’opportunità di riscattarsi attraverso l’incontro fortuito, ma produttivo, con Monsieur Forestier, compagno d’armi in Algeria e facoltoso giornalista borghese. Ecco che inizia la spietata scalata sociale del giovane, che si costruisce una posizione nella testata “La vie Française” non certo per i suoi meriti quanto per la sua ars amandi. Il “Bel Ami” si intrufola, senza troppi complimenti, nei letti delle proprietarie dei salotti più in voga e al diavolo tattiche, strategie, capacità e doti personali, Duroy mira al cuore della società che vuole scalare, le donne ed usa l’arma più potente a sua disposizione: la seduzione.

Proprio il ritratto delle donne costituisce uno dei punti di forza di questo film. Scordatevi le donzelle indifese da salvare o figure meste e sottomesse. Maupassant e, di riflesso, i due registi mostrano una donna che, sebbene sia ancora legata al  ruolo istituzionale di moglie e madre, tiene in mano le redini del tessuto borghese, politico e culturale di un’intera nazione. Diversi, però, sono i modi per ricoprire un tale ruolo e qui viene il bello. Uma Turman, Kristine Scott Thomas e Christina Ricci rappresentano con estrema versatilità tre grandi categorie femminili: la mente, la sedotta-abbandonata e la passionale, che condividono l’impareggiabile influenza sul mondo che le circonda. Inutile dire che la figura maschile esce fortemente ammaccata da questo scontro, che a posteriori, definirei impari, a vantaggio delle donne, sans aucun doute. Mentre l’uomo si mostra schiavo delle passioni primordiali e di se stesso, le donne, istruite da secoli di lotte sociali silenziose, combattute a suon di sotterfugi e stratagemmi, fanno la parte del leone, manovrando i membri del sesso opposto come fantocci facilmente corruttibili o facendogli scontare la colpa ancestrale dell’oggettivizzazione femminile.

Complici del successo più rose che bleu sono i costumi e le location, ulteriore asso nella manica giocato dai registi. L’interpretazione efficace e credibile delle tre attrici viene coronata da abiti impeccabili e di magnifica fattura. La loro bellezza è tale che hanno il merito di innalzare la qualità della pellicola durante gli snodi meno convincenti. La ricostruzione dei luoghi,poi, principalmente interni, risulta fedele e minuziosa, con particolare riguardo alle camere da letto, guarda caso. Nell’epoca in cui dilagano favoritismi, dietrologie e colpi bassi, le sorti di una nazione o di una scalata sociale non potevano che avere luogo all’interno di salotti borghesi e nobiliari, mentre bordelli e chiese diventano posti dove scovare opportunità, togliersi la maschera e dare sfogo agli istinti repressi da un mos maiorum perbenista solo di facciata.

Non brilla di certo la regia, che si rivela piuttosto ordinaria, salvo alcuni accorgimenti simbolici. I due registi insistono sui contrasti forti, impregnando molte scene clou di un chiaro-scuro quasi caravaggesco. L’oscurità è la condizione di partenza del nostro antieroe, è la fida compagna delle sue scorribande salottiere, ma, alla fine, viene sostituita da una luce quasi accecante, accompagnata improvvisamente da tinte tenui e candide, che diventano la prova inconfutabile del suo successo.
Inoltre l’insetto su cui la macchina da presa si concentra all’inizio è un chiaro fil rouge che  si dipana durante tutta la pellicola e che rappresenta un giudizio di valore dal gusto vagamente espressionista nei confronti del protagonista. Ma una presenza femminile degna di nota, abiti sfarzosi e una regia discreta non riescono, da soli, a salvare  il film da una dilagante mediocrità cinematografica.

Capita infatti che anche lo spettatore che non abbia letto il romanzo di Maupassant, riesca ad intuire sin dall’inizio il finale della storia, o per lo meno il fulcro attorno a cui ruota l’intera vicenda. Infondo i due registi affrontano quest’ultimo nella maniera più prevedibile, appoggiandosi a scelte stilistiche fin troppo tradizionali, come il momento-confessione in cui viene esternato il cuore di “Bel Ami” condito da qualche lacrimuccia.

Peccato, perchè nonostante il riferimento ad un romanzo di fine Ottocento, il tema dell’arrivismo risulta oltremodo attuale e di certo poteva essere affrontato con un’impronta più innovativa e meno frou-frou. In tal caso, scegliere l’idolo delle ragazzine Robert Pattinson, che ha dalla sua un fascino tenebroso naturale,  non è sufficiente.

Scheda tecnica:
Bel Ami
Paese/anno: Gran Bretagna, Italia / 2012
Regia: Declan Donnelan, Nick Ormerod
Interpreti:        Robert Pattinson
Uma Thurman
Kristin Scott Thomas
Christina Ricci
Colm Meaney
Durata: 102’
Uscita: 13/04/2012

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