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Rusteghi. I nemici della civiltà

Rusteghi Marini, Marmi, Burruano, Ferrini, Bremer foto Bepi Caroli
Rusteghi Marini, Marmi, Burruano, Ferrini, Bremer foto Bepi Caroli
Un inizio “in medias res” per “I Rusteghi” di Goldoni con la regia di Gabriele Vacis al Piccolo dal 24 aprile fino al 6 maggio 2012: quando il pubblico entra in sala la scena è già popolata dai protagonisti della commedia goldoniana che con ironia e realismo sarcastico riesce a tratteggiare esattamente i comportamenti umani della donna e dell’uomo, gli stessi nel 1760 come oggi. La storia è un meccanismo semplicissimo: Lucietta, figlia di Lunardo, uno dei quattro “rusteghi”, e Margarita, moglie di Lunardo e matrigna di Lucietta, lamentano di non poter uscire di casa e di avere una vita sacrificata per le pretese di Lunardo che le tiene sempre sotto controllo. In realtà Lunardo ha in mente di sposare Lucietta con Felippetto, figlio di Maurizio, un altro “rustego” che infatti condivide con Lunardo gli stessi severi e moralisti punti di vista sui costumi e l’educazione dei figli. Il piano di Lunardo e Maurizio di far sposare i rispettivi figli è segreto ancora a tutti, ragazzi compresi, che neanche si conoscono ancora. Nel rapido susseguirsi di eventi che incalzano sulla scena, però, presto i piani dei due padri severi vengono svelati, o meglio scoperti, e subito le donne prendono parte attiva nel meccanismo, dato che cercano di fare incontrare Lucietta e Felippetto prima delle nozze approfittando della cena che Lunardo e Maurizio avevano già programmato a casa di Lunardo per annunciare il loro piano alle mogli, e cui però i figli non erano stati invitati. “Quello dei Rusteghi è un mondo fatto di legami fra maschi che esclude ogni scheggia di femminile –dice Vacis-. Quella è gente, i ‘rusteghi’, che ha bisogno di tenere asserviti i giovani e le donne. Ai rusteghi non basta di decidere del matrimonio dei figli, pretendono anche che non si incontrino prima. Una prepotenza gratuita”. E continua: “Ci sono dei periodi così, periodi in cui si perdono le proporzioni. Quelli di Goldoni dovevano essere tempi schiodati. Un po’ come i nostri”. Sarà per questa effettiva vicinanza che Vacis vuole sottolineare tra il passato e il momento attuale che, infatti, l’assurdità di tutto il meccanismo drammaturgico appare credibile e reale: ironico, certo, ma il maschilismo dai toni assolutamente artigianali e goffi, rudi, contro l’ostinato pianificare in sottofondo delle donne, risultano attuali. Il maschio cerca di far valere il proprio ruolo comportandosi in modo severo e autoritario, il che però non scompone minimamente la donna che reagisce non cercando un normale confronto, ma ricambiando con una presunta intelligenza nascosta, ovvero pianificando chissà quali piani alternativi. Risultato? si vede solo che è la mancanza di dialogo a generare confusioni e fraintendimenti, visto che tutti, dai padri ai figli passando ovviamente per le mogli e le seconde mogli, sono felici del fatto che Lunardo e Maurizio abbiano deciso di far sposare Lucietta e Felippetto. Ottimi gli attori (Eugenio Allegri, Mirko Artuso, Natalino Balasso, Jurij Ferrini, Nicola Bremer, Christian Burruano, Alessandro Marini, Daniele Marmi), tutti uomini, per uno spettacolo in cui la parola goldoniana, riletta e adattata in chiave moderna da Gabriele Vacis e Antonia Sparviero, riveste un ruolo di primo piano: gli elementi che compongono uno spettacolo teatrale, tra scena, luci, costumi e recitazione, sono in perfetto equilibrio, lasciando agli attori il merito fondamentale e principale di raccontare con verità e arte il mondo di oggi attraverso quello del Seicento. L’esclusione di attrici femminili è una scelta che riesce a evidenziare ancora di più la verità universale che il testo vuole rilevare, ovvero quello della differenza tra il ruolo della donna e dell’uomo nella società: è come se, facendo interpretare tutte le parti a uomini si andasse oltre il realismo e si usasse solo il simbolo per esprimere il senso profondo che si vuole far emergere. Un uomo che interpreta una donna è una donna ancora più evidente, caricaturale, simbolica appunto. E, di contrasto, l’uomo, fatto da uomini, è più blando e pallido. Più incerto e meno evidente, pur cercando di avere un ruolo maschilista.
Scheda Tecnica:
“I Rusteghi”
Milano, Piccolo Teatro Grassi
24 aprile-6 maggio 2012
via Rovello 2
Orari: martedì-sabato, ore 19.30. Mercoledì, giovedì, venerdì: ore 20.30. Domenica, ore 16.
Lunedì, riposo. Mercoledì 25 aprile e martedì I maggio, riposo.
Domenica 29 aprile ore 16 e 20.30. Mercoledì 2 maggio ore 15 e 20.30.
Durata: un’ora e 45 minuti senza intervallo
Biglietti: platea 33 euro, balconata 26 euro
Info: 848800304, www.piccoloteatro.org

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