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Rosso

Rothko è il nome d’arte di Markus Rothkowitz, il pittore che, nato nel 1903 a Dvinsk (Russia) e emigrato già nel 1910, con la famiglia, negli Stati Uniti, avrà una lunga carriera come maestro dell’espressionismo astratto: i colori stesi sulle sue grandi tele non sono mai uniformi, e il modo in cui questi vengono dipinti dall’artista diventa la componente principale della sua pittura. Aldilà dell’immagine e aldilà di un’estetica “premeditata”, calcolata, progettata, la pittura per Rothko è soprattutto “il momento del dipingere”: già nell’atto di stendere il colore sulla tela si prende parte alla sacralità dell’arte, che è nel gesto di realizzazione del quadro, come nel lavoro finale. La pittura per Rothko esprime il senso dell’immensità e tutte le emozioni umane, senza dare valore alcuno all’estetica del bello o, ancor peggio, del “nuovo”. Premessa necessaria, questa, per parlare di uno spettacolo, in scena al Teatro Elfo Puccini dall’8 maggio al 3 giugno, che porge in dono agli spettatori una resa assolutamente efficace della vita, o meglio, di un tratto di vita del pittore russo-americano. Ferdinando Bruni, Rothko, è come spiato, colto a sua insaputa dal pubblico mentre lavora in studio insieme al suo assistente Ken, Alejandro Bruni Ocana, un giovane aspirante pittore, che vede in Rothko il suo maestro e allo stesso tempo il suo rivale, colui che va superato. La drammaturgia, inedita in Italia, dello statunitense John Logan (in America lo spettacolo ha ottenuto un successo sorprendente al Golden Theater di Brodway e al Donmar Warehouse di Londra, dove si è aggiudicato il Tony Award nel 2010), si concentra quindi su un momento specifico della vita del pittore ovvero quando, alla fine degli anni Cinquanta, Rothko ottenne dal Four Season di New York una ricchissima commissione: realizzare una serie di murali per le pareti del ristorante. Come può vivere un artista come Rothko una situazione come questa? come può sentirsi mentre sa che la sua arte è stata scelta per decorare le pareti di un ristorante, seppur molto importante, a New York? Proprio lui, che chiede allo spettatore di avvicinarsi alle sue opere con un approccio diretto, immediato, di sensazioni e percezioni forti, quasi vicine a quelle che può trasmettere un’icona sacra, sembra inizialmente non voler guardare alla destinazione finale degli ultimi lavori a cui si sta dedicando in quel momento. E’ Ken che, proprio per l’autentica ammirazione che nutre per Rothko, lo aiuta a rendersi conto della svalutazione a cui lo sta portando la realizzazione di questa commissione, svalutazione anzitutto per se stesso. Un rapporto complesso, quello tra assistente e maestro, che si consuma tutto nelle pareti dello studio, tra tele, poltrone e pennelli: un rapporto di competizione e di ruoli precisi, di necessità reciproca e di continue scoperte di parti vulnerabili e insicure nell’uno e nell’altro. Con la differenza che Rothko è un artista importante che si trova a dipingere le pareti di un ristorante, e Ken è un giovane con una carriera ancora da costruire. Sarà Rothko, però, a prendere la decisione finale: allontana Ken dallo studio, lo incita a imboccare la sua vera strada. Dimostrando, così, di voler vivere la sua crisi di pittore fino infondo, e di offrire al ragazzo l’opportunità di affrontarsi, come artista e come uomo.

SCHEDA TECNICA:

“Rosso”, Teatro Elfo Puccini

Milano, 8 maggio-3 giugno

corso Benos Aires 33, Milano

Orari: feriali, ore 21. Domenica, ore 16.30

Prezzi: intero, 30.50 euro. Ridotto, 16 euro. Martedì biglietto unico, 20 euro.

Tel. 02-00660606, www.elfo.org

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