Dopo gli splendori e la rassicurante eleganza del ground floor il cui gusto estetico si è già ormai da tempo depositato nelle papille gustative, stimolando un vanitoso gioco di riconoscimento dei sapori, la musica cambia passando al first floor. L’air de Documenta, con i suoi rigorismi luterano-concettuali, giunge sin qui e si fa sentire nelle proposte di alcune gallerie, in maggioranza tedesche. Per fortuna svoltato l’angolo ci pensa l’allestimento di Perrotin con Barthi Kher, Johan Creten e con Murakami un po’ ripetitivo, a ravvivarvi l’occhio con la misurata eleganza delle sue dandystiche proposte neo barocco-kitch. E poi… e poi il meglio dell’international style: da l’ottimo Massimo De Carlo, a nostro avviso il migliore degli italiani, agli un poco stanchi White Cube e Metro Pictures, passando per Eva Presenhuber con Doug Aitken, sino alla Lisson che tra le altre opere propone un bel C Print di Rashid Rana, in perfetta sintonia con il main stream politically correct.
Eccoci ora nell’angarone di Art Unlimited, un nome un destino, dove spesso l’onanistico narcisismo degli artisti trova inutile sfogo. Il nuovo è non solo raramente, ma sempre più raramente buono e il buono è buono solo per breve tempo. Buona questa, vero? Peccato che l’ho sciupata così e peccato soprattutto perché non è mia, ma di illustrissimo filosofo. Bando agli scherzi, non tutto è da buttare in questa poderosa exhibition, anzi, e a riprova di ciò vi segnalo il lavoro di Rudolf Stingel, uno dei più belli dell’intera fiera, proposto dalla galleria di Paula Cooper. Un poderoso olio su tela di 330 cm per 450 che affronta il tema epistemologico della rappresentazione pittorica attraverso un sofisticato dialogo con il “vero” della riproduzione fotografica.
Oggi il super cool party da Bayeler in onore di Jeff Koons coincide disgraziatamente con l’esibizione dei nostri metro sexual virtuosi della pedata. Tra il glamour ed il popular penso che quest’ultimo avrà snobisticamente la meglio.
Fine seconda puntata, patriottici saluti.
L.d.R.