22 – 23 maggio 2013, Milano
Buyers di tutto il mondo puntano gli occhi su Milano, che nei giorni 22 e 23 maggio sarà il palcoscenico delle aste di Arte Moderna e Contemporanea da Sotheby’s. Esattamente un mese fa Christie’s aggiudicava il 91% dei lotti in catalogo per un totale di €8,640,270. Sotheby’s offrirà 192 lotti che non escludono artisti internazionali.
Alighiero Boetti è presente in catalogo con nove opere.
Autodidatta e sperimentatore
Figlio di un avvocato e di una violinista, Alighiero Boetti (1940-1994) si avvicina all’arte da autodidatta e sin dall’adolescenza sviluppa numerosi interessi, dalla musica alla matematica, dalla filosofia all’esoterismo, dalle culture del Medio ed Estremo Oriente a quelle africane. Abbandonati gli studi alla Facoltà di Economia e Commercio dell’università di Torino, al principio degli anni ’60 Boetti realizza i suoi primi dipinti e disegni astratti; poi, con una tecnica da disegno industriale, una serie di riproduzioni a china di oggetti tra cui microfoni, cineprese e macchine fotografiche; infine compie esperimenti con gesso, masonite, plexiglas ed elementi luminosi. Nel 1967 la sua arte debutta in un solo show organizzato presso la Galleria Christian Stein di Torino, dove Boetti presenta un nucleo di opere costruite e assemblate con materiali extra-artistici e industriali (eternit, ferro, legno, tessuto mimetico, vernici a smalto). Aderisce nello stesso anno al movimento Arte Povera, di cui Germano Celant stava tracciando le caratteristiche, e si dimostra un vero sperimentatore. Utilizza procedimenti e materiali più disparati per partorire opere riferite agli oggetti quotidiani e ai gesti. Esplicativo è l’esempio di Lampada annuale (1966): si tratta di una lampadina che si accende solo una volta all’anno, per undici secondi e in un momento imprecisato, definita dallo stesso artista “un’espressione non dell’avvenimento, ma dell’idea dell’avvenimento stesso”.
Mappe d’arte
Abbandonata l’Arte Povera nel 1972. Conosciute le terre dell’Afghanistan, dove per tutti gli anni ’70 si reca circa due volte all’anno, Boetti commissiona alle donne afgane diversi tipi di manufatti, opere da lui disegnate e ricamate da loro secondo la tradizione locale. Nascono le Mappe di cui Boetti dirà: “Il lavoro della Mappa ricamata è per me il massimo della bellezza. Per quel lavoro io non ho fatto niente, non ho scelto niente, nel senso che: il mondo è fatto com’è e non l’ho disegnato io, le bandiere sono quelle che sono e non le ho disegnate io, insomma non ho fatto niente assolutamente; quando emerge l’idea base, il concetto, tutto il resto non è da scegliere”. Nella sua arte infatti Boetti propone a sé stesso dei sistemi nei quali agire, spesso coinvolgendo altre persone. A questi scopi utilizza frequentemente la geografia, la matematica, la geometria, i servizi postali: essi forniscono la piattaforma delle scelte. Il suo lavoro mette in discussione il ruolo tradizionale dell’artista, interrogando i concetti di serialità, ripetitività e paternità delle opere d’arte.
Boetti, regista di un rito iniziatico
Con Mettere al mondo il mondo (1972-1973) Boetti avvia un altro meccanismo di cui si fa regista, delegando l’esecuzione a terzi. Si tratta di opere a penna biro, ovvero fogli di cartoncino che alcune persone vengono incaricate di riempire seguendo le indicazioni dell’artista, ma con un margine di libertà concesso alla gestualità del tratteggio a penna.
A questa serie appartiene anche Maledetti Privilegi che è in catalogo con una stima compresa tra €100.000 e 150.000. “Il tratteggio della biro – scrive Jean Christophe Ammann – non è affidato da Alighiero Boetti ad altre mani in totale libertà: la forma e la struttura più adatte a riempire una grande superficie consistono in un fitto e coprente tratteggio verticale, dall’alto verso il basso, su banda di oscillazione ridotta. Chi si dichiara disposto a svolgere tale lavoro è consapevole di ciò che l’attende. Per settimane riempie, passo dopo passo (riga per riga) le grandi superfici dei fogli. L’opera che richiede la massima concentrazione. Si verifica anche un altro fattore decisivo: l’aspetto del disegno a biro muta giorno per giorno, come in un tracciato sismografico dell’umore. Boetti coinvolge gli esecutori in un rito iniziatico”.
Negli anni ’80 l’artista inserisce in un gran numero di lavori frasi scritte con la mano sinistra o ricamate. Le sue parole vanno così a comporre una sorta di diario privato che scorre parallelo alla quotidiana produzione delle opere. Durante gli anni ’80 e fino alle committenze dei Novanta, ricevute dall’artista per grandi installazioni in ambienti museali, l’organizzazione per la produzione delle opere è ben collaudata. Aumentano i lavori su carta e si sperimentano nuove realizzazione, ad esempio i mosaici. Come sempre, all’aspetto progettuale del lavoro segue l’apporto esterno della manualità altrui.
“Tutto” e il fascino del caos
Con il titolo Tutto (in asta mercoledì sera da Sotheby’s con una stima di €350.000-450.000), Alighiero Boetti firma la serie di arazzi commissionati a partire dal 1988 alle donne afgane e cuciti secondo la regola di riempimento automatico dell’inconscio. Dichiara di non voler creare gerarchie di colori, pertanto li usava tutti. Come si diceva, l’artista non si preoccupa di scegliere, ma di inventare sistemi che poi avrebbero scelto per lui.
Quando realizza Tutto, Boetti ha ancora in mente il disegno su carta Perdita d’Identità (1980), un agglomerato di sagome che fanno parte della vita quotidiana ma che danno forma, assemblate ad un ammasso pulsante di memoria collettiva, un monito alla complessità inestricabile, contorta, eppure estremamente affascinante, dei prodotti dell’uomo e della natura; Jean Christophe Ammann suggerisce così la scelta del titolo: “Non importa più che le forme siano astratte: ogni forma diventa necessariamente astratta quando viene gettata nel disegno. La sagoma di un aereo in volo, il profilo di un animale, le impronte di oggetti, il contorno di un qualsiasi utensile dalla forma interessante, ognuna di queste cose è come assorbita dalla superficie, perde la sua differenza rispetto alle altre o, in parole più chiare, perde l’identità”.
In Tutto è apoteosi di questo principio, ed insieme proposizione in arte del fascino del caos, un progetto che ha il “valore di una bellezza che non teme di sfociare nella decorazione” (Angela Vettese, “Non marsalarti: istruzioni per l’uso di Boetti”, 1996 pag. 56) e la piena consapevolezza del dialogo misterioso con l’inestricabilità di ciò che il mondo produce e accumula. La discontinuità tra le immagini nascoste nell’arazzo che abbiamo davanti (una forchetta, un kalashnikov, uno scorpione, uno schiaccianoci, un teschio, una pera, un paio di forbici, la lettera B, l’Italia, una teiera, Mickey Mouse, una sega, un Arbre Magique, un leone di San Marco, una chiave) è solo apparente. “Proprio come un mucchio di rifiuti gettati a caso è il più bello dei mondi” – diceva Eraclio.
La mente di Boetti come un computer dei giorni nostri
Infine, datati 1968 sono altri due lotti di Boetti proposti da Sotheby’s. Si tratta di due opere dal titolo Dama (stimate rispettivamente: €80.000-120.000 e €15.000-20.000), realizzate in legno punzonato, che portano la firma dell’artista all’interno di un tassello. Ancora una volta le parole di Jean Cristophe Ammann ci raccontano Boetti e le sue opere: “A volte penso che Alighiero Boetti avesse una sorta di coscienza del sistema cosmico che gli consentiva di mettere in relazione i vari contesti come una struttura di memoria universale. In Dama, le centoquaranta tessere lignee recano impressi segni differenti. I lati combacianti di questi quadratini di legno devono però mostrare specularmene di volta in volta segni identici. Si tratta di punti, crocette, cerchi semplici o con croci nel mezzo. Le possibilità di combinazione sono pressoché infinite. Molto prima dei programmi al computer che gli avrebbero “risparmiato” un lungo lavoro, Boetti ideò un modello combinatorio in grado di sorprendere gli scienziati odierni”.
Ecco le altre opere di Alighiero Boetti in asta da Sotheby’s.
Molto interessante.I piccoli arazzi e le carte mi interessano molto.
D.M.M.