Arte moderna e contemporanea
Genova, Wannenes, 12 giugno 2013 – ore 16.00
Il piccolo Achrome in tela grinzata e caolino del 1958-59 (archiviato dalla Fondazione Piero Manzoni con il numero 1369A/13) (stima 80.000 -120.000 euro), racchiude in sé la trasgressiva modernità della sua ricerca, che oltrepassando ladrammatica fisicità del gesto di Burri e Fontana si pone come tabula rasa dove l’artescrive di se stessa “oggetto” e non “soggetto” e lo spettatore è finalmente libero di vederein essa il riverbero delle sue emozioni più profonde. Nel 1956 Manzoni viene in contatto con l’opera di Yves Klein esposta a Milano ed esplicitata nel “Manifesto contro lo stile”, che l’artista riconosce come le “ultime forme possibili di stilizzazione”.
L’opera d’arte non ha in sé la finalità di spingersi verso la vita, ma di sviscerare la distanza fra la peculiarità del linguaggio artistico e quello della comunicazione quotidiana. Ma l’immaginario è in se stesso fondato dentro la realtà; ecco quindi che per l’artista diviene necessario procedere nella creazione dell’opera secondo un processo rigorosamente analitico, che intende scindere il disordine della vita all’ordine dell’arte:
Non ci si stacca dalla terra correndo o saltando;
occorrono le ali; le modificazioni non bastano:
la trasformazione deve essere integrale.
Per questo io non riesco a capire i pittori che pur dicendosi interessati ai problemi moderni,
si pongono a tutt’oggi di fronte al quadro come se questo fosse una superficie da riempire,
di colori o di forme, secondo un gusto più o meno apprezzabile, più o meno orecchiato (…).
Perché invece non vuotare questo recipiente?
Perché non liberare questa superficie?
Perché non cercare di scoprire il significato di uno spazio totale, di una luce pura ed assoluta?
(…). Non c’è nulla da dire: c’è solo da essere, c’è solo da vivere.
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ARTI DECORATIVE E DESIGN DEL XX SECOLO
13 giugno 2013 – ore 15.00-21.00
Originali nella produzione gli oggetti del design hanno acquisito nel corso degli anni un valore collezionistico sempre più preminente nel mercato internazionale dell’arte.
Diversificata l’offerta, ampio il compasso temporale, praticamente infinite le storie che si appoggiano alla realizzazione di questi oggetti che coniugano la ricerca dell’unicità artigianale alla serialità industriale. Nel catalogo delle Arti decorative e design del XX secolo spicca un oggetto emblematico per iconicità della cifra stilistica e per una linea di continuità che ha sempre contraddistinto il design italiano come sintesi tra arte e industria.
L’opera è una straordinaria lampada da soffitto in metallo dipinto, perspex e ottone di Ettore Sottsass, realizzata per Arredoluce nel 1957 circa (stima 8.000 – 10.000 euro), dove il designer imita stilizzandole le valve di una conchiglia. Arredoluce è una piccola azienda, fondata da Angelo Lelli e attiva a Monza nell’immediato dopoguerra, che esordisce alla Triennale e collabora con importanti architetti per il design e apparecchi illuminanti. L’industrial design, che ha reso famosa l’Italia nel mondo, passa dal Palazzo dell’Arte di Milano e rappresenta un’importante occasione di confronto tra ricerca e industria.
Le lampade in metallo e perspex progettate per Arredoluce nascono successivamente al suo viaggio negli Stati Uniti dal 1956, dove affina la sua ricerca presso lo studio di George Nelson, un’esperienza importante che lo porta a conoscere, senza demonizzare, la cultura industriale: “Erano anni in cui cercavo di sottrarre il design alla funzionalità; il limite del design è di frequente un’idea primitiva di ciò che è funzionale”. La nascita di ogni oggetto – fosse esso una lampada, una sedia, un tavolo o un’architettura – era percepita da Ettore Sottsass come esperienza condivisa con la propria e altrui quotidianità, ma con lo spirito d’avventura e la curiosità di un fanciullo: “Appoggiare una carta bianca, intatta, sul tavolo è come quando la prima volta stavo per partire per l’oriente lontano. Avevo una grande paura, e passavo le notti con gli occhiaperti. Avevo paura delle tigri, dei serpenti invisibili, degli avvoltoi mangiacadaveri ma sapevo anche che c’erano odori molto speciali, templi caduti nelle foreste, ballerine al neon, immensi fiumi sporchi, caldi, senza orizzonte”.
Memoria, affetto, calore: le cose devo divenire parte di te: “Quando apro quella specie di armadio delle memorie, vorrei che venisse fuori sempre, un odore affettuoso. Con quelle memorie vorrei essere capace di disegnare architetture, oggetti, case, muretti, giardini, sentieri, panchine, alberi e orti che mi proteggessero; che proteggessero me e gli altri che vivono”.