Arsenale Hadid
Navi da crociera nel centro di Milano. Non sono ancora riusciti a riaprire la Darsena che all’orizzonte compaiono le prime “Costa”. Immobili. Nomi? “Costa Meneghina“, “Costa Fiera” o, perché no, “Costa Hadid” dal nome della progettista (navale) Zaha Hadid. Sette scintillanti scafi attraccati tra le banchine di Via Senofonte e Viale Cassiodoro nell’area dell’ex Fiera. Ecco le nuove Residenze (nautiche) Hadid ormeggiate nel bacino (di carenaggio) di CityLife. Palazzi-crociera dalle curve sinuose spezzate da tagli diagonali per solcare l’oceano di asfalto sottostante. Se non son navi son yacht (giganti), dato anche il prezzo del metro quadro che si aggira dai 7 mila euro dei piani bassi agli 11 mila euro per le penthouse, gli attici. “Una scelta impeccabile per chi cerca un immobile di lusso al centro della città” recita il sito del nuovo quartiere.
Insomma, una composizione esclusiva che si specchia nel mare di narcisismo dell’architetto: lavorare più sull’immagine che sul concetto architettonico – definizione base dell’opera dell’archistar contemporaneo. La Hadid non tradisce le attese della famigerata categoria: menefreghismo totale del tessuto urbano, ignoranza della realtà socio-culturale locale, grandiosità, sensazionalismo ma soprattutto: il totale fuori-contesto con il luogo dove sorgerà la creazione e di conseguenza il non-rispetto del territorio e della città per intero. Così mano a mano che le domus-yacht prendono forma le case e villette primonovecentesche lì di fronte vengono sopraffatte da 13 piani di bianco smaltato con listelli di legno a vista tipo Trentino Alto-Adige. E addio colori della città: il giallo “Milano”, il rosso mattone, il beige e il rosa antico. La struttura a piani sfalsati con prue che puntano da tutte le parti non è da meno, il contrasto con la razionalità dei palazzi di fronte è evidente e marcato. Stona assai.
Zero coerenza urbana. L’architetto irachena costruisce una esteticamente bella quanto effimera residenza fine a se stessa, progetta per sé senza badare troppo a quello che sta attorno. Individualismo e indifferenza al potere, edifici schiavi dell’ego glamour dell’archistar in questione. Così, oltre a incombere sulle abitazioni davanti, i nuovi condomìni si staccano radicalmente dal tessuto urbano formando un quartiere a se stante. Mere sculture isolate. E tutti quei princìpi fondamentali dell’architettura urbana andati a farsi benedire: la “scala umana”, la coerenza e il contesto architettonico, la continuità del disegno urbano, l’armonia col territorio nel quale inserirsi. Niente da fare.
Il “varo” di questa ennesima “performance” architettonica dovrebbe tenersi il prossimo anno. Nell’area dell’ex Fiera sono in arrivo due o, forse, tre grattacieli (a seconda se ci siano i soldi o meno) sempre targati da super-architetti. Nel 2023 la consegna del quartiere alla città per intero. Poi, probabilmente, causa crisi, anche il tempo dell’esibizionismo architettonico dovrebbe concludersi e lo “spettacolo” finire.
Foto e testo: Luca Zuccala © ArtsLife
3 Commenti
Probabilmente le archistar hanno progetti nei cassetti che vanno bene per Dubai, Shangai o Milano, a seconda di dove vincono l’appalto.
Attenzione al prossimo fuoricontesto: le due ‘piramidi’ di vetro a Porta Volta della Feltrinelli…!
Sono più che d’accordo. Sono uno scempio edilizio. Ogni volta che passo per viale cassiodoro penso quanto siano senza senso queste navi palazzo.
Esatto, dice giusto lei “TOTALE fuori contesto” – è palese! Un obbrobrio!