Alla Triennale Design Museum dal 3 al 27 ottobre è allestita “Dreamers and Dissenters”, di Matteo Guarnaccia, in collaborazione con Giulia Pivetta. Guarnaccia, illustratore e storico del costume, è un personaggio chiave della controcultura sin dai primissimi anni settanta, quando creò “Insekten Sekte”, storica fanzine psichedelica che riprese il suo nome da un gruppo di “Provos”. E molti, a questo punto, si domanderanno: ma che cosa sono i “Provos”?
Le tavole, esposte su due grandi pareti in Triennale, ci danno questa e molte altre risposte. Come da sottotitolo della mostra, infatti, siamo di fronte a una sorta di “Viaggio illustrato tra le mode degli anni Sessanta”. Mode e non solo: accanto infatti a mods, rockers, ragazze yè-yè e hippies vengono raccontate, descritte, illustrate anche una serie di figure che caratterizzarono il decennio pur non potendo essere definite certamente quale sorta di “corrente giovanile”. Gente che vola, come astronauti e hostess, così come gente coi piedi decisamente piantati per terra, come i feddayn, o le guardie rosse; ma, in ogni caso, interpreti di qualcosa di nuovo, di indissolubilmente legato ad un originale senso di libertà – il medesimo che caratterizzò fortemente i sixties – e di rottura con qualsiasi schema del passato.
A ben rivedere ed osservare ognuno di questi protagonisti, la sensazione è davvero che loro “fossero i primi”, e che quasi ogni nuova tendenza sia venuta dopo fosse in realtà una forma di rielaborazione quando non di riciclo, di evoluzione quando non di involuzione, di quelle descritte da Guarnaccia e dalla Pivetta.
Alcuni di loro, duri a morire, esistono ancora. Più o meno – o quasi per nulla – riveduti e corretti: come gli skinheads, o i bikers, i mods; i duri e puri del gangsta rap di oggi ritrovano le loro radici nel movimento Black Panther, mentre quelli che indugiano verso le sponde dell’ R’n’B sono discendenti diretti della gente della Motown; gli hippie non esisteranno più, almeno nominalmente e anche concettualmente, ma la loro estetica imperversa tuttora. Gli happeners e i performers di oggi sono gli stessi che nacquero nella seconda metà degli anni sessanta, soltanto un po’ meno intellettualmente onesti, meno dadaisti e più poser. Gli hipster contemporanei – niente a che vedere con quelli originali degli anni quaranta, con cui condividono solamente il nome – assomigliano davvero molto a “quelli di Carnaby Street“, pescando però qualcosa anche da altri archetipi esposti sui muri della Triennale.
Gli autori, insomma, hanno “schedato”, tramite un centinaio di tavole, tutti questi gruppi di “sognatori e creativi”, delineando una mappa di stile che attraversa il tempo, dove trovano posto moda e design, musica e politica, arte e cinema. E, come precisa la direttrice del museo Silvana Annichiarico, hanno posto l’attenzione su quei protagonisti, che, con il loro stile, idee, storie, passioni e idiosincrasie hanno abitato e “modellato” questo periodo, e non soltanto.
Il lavoro di ricerca di Giulia Pivetta è meticoloso, ed i risultati sono interessanti e divertenti. I disegni di Guarnaccia sono splendidi e come sempre psicoattivi, in quest’occasione non già in chiave allucinogena, ma senz’altro nel senso di essere fortemente evocativi. Non per caso Luca Beatrice – che contribuì tra l’altro con alcuni testi critici al libro “Anthology” del 2007, la prima monografia dedicata all’artista milanese – dice dei suoi lavori: “oltre a smuovere un bagaglio di ricordi sono dotati di una profonda onestà intellettuale. L’artista si guarda allo specchio e non vede solo se stesso ma un intero universo di segni, immagini, e colori. Come un tempo, come sempre.”
Resta una settimana di tempo per visitare Dreamers and Dissenters. Ingresso gratuito.