Una piccola mostra fotografica e video di alcune performance dell’attrice, realizzate nei due anni che hanno preceduto il debutto sul palcoscenico, accolgono lo spettatore nel foyer della sala Fassbinder introducendolo alla figura di Emily Dickinson e a ciò che sarà lo spettacolo. Tra gli scatti e i televisori, è esposto anche un abito sul modello di quelli che portava la scrittrice. Bianco. Bianco in segno di purezza. Bianco come tutto ciò che, entrando nella sala teatro, troviamo in scena. Sul palco, seduta ad un tavolino ci aspetta lei, Elena Russo Arman nelle vesti di Emily Dickinson, illuminata dalla luce fioca di una lampadina.
A pochi passi da lei, quella che si rivela una presenza irrinunciabile per la riuscita dello spettacolo: la chitarrista Alessandra Novaga, che con il suo strumento regala melodie, suoni e rumori che in un connubio perfetto si immergono e riaffiorano in quella che senza dubbio è P-O-E-S-I-A. La Arman pronuncia la parola poesia scandendone tutte le lettere, con sguardo trasognante, colta dall’estasi che quest’arte le regala. La musica incalza e acquisisce note rock sulle quali la voce dell’attrice urla ed echeggia in un microfono che amplifica, deforma e moltiplica le sonorità a immagine delle molteplici possibilità espressive.
La chitarra elettrica dai suoni per natura rock, suonata con un archetto sul manico, emette le armonie di un violino, e poi sdraiata su un tavolo e pizzicata, dà vita a rumori. Le grandi abilità artistiche della Novaga si mettono al servizio di quello che non è solo teatro, bensì un viaggio nella vita e nella psiche della poetessa. Il frequente cambio di tonalità e di ritmo nella voce e nella musica, come l’alternarsi di gesti ora lenti, ora frenetici, intercalati più volte da una sequenza di movimenti quasi compulsivi e maniacali, esprimono al meglio le mille sfaccettature della forte personalità di Emily Dickinson, quella Emily Dickinson che i genitori da bambina chiudevano in una stanza perché così stesse tranquilla. Ma lei tutto era fuorché tranquilla.
Una vita spesa lontano dal mondo la sua, dove la siepe della casa paterna era diventata una frontiera invalicabile. Angoscie e fantasie animavano i suoi pensieri mentre lontana da sguardi indiscreti scriveva un capitolo della letteratura americana, talmente all’avanguardia che nessun contemporaneo l’avrebbe apprezzato se non dopo la sua morte.
Con uno stile semplice e colloquiale la Dickinson mette in versi le meraviglie che la natura offre all’occhio umano. Scrive delle piccolezze che la circondano: un uccello, un fiore, un insetto, un’alba, un tramonto. Accanto a queste piccole gioie quotidiane, l’angoscia della morte consolata solo dalla speranza dell’immortalità. Mentre senza speranze resta il suo amore platonico ed impossibile per il reverendo Charles Wadsworth, probabile causa del suo ritiro perenne tra le mura domestiche.
“La mia vita era un fucile carico” vanta una regia curata nei minimi dettagli, in cui parole e musica si integrano tra loro e si esaltano vicendevolmente valorizzando al meglio l’estrema bravura di Elena Russo Arman e della chitarrista Alessandra Novaga. Sul palco insieme a loro i versi di Emily Dickinson rivolti a tutti noi. Perché lei sapeva che la sua poesia non sarebbe stata per i suoi contemporanei, ma per le generazioni future. Per noi.
Questa è la mia lettera al Mondo
Che non scrisse mai a Me –
Semplici Notizie che la Natura raccontò –
Con tenera Maestà
Il suo Messaggio è affidato
A Mani che non posso vedere –
Per amor Suo – Dolci – compatrioti –
Giudicate teneramente – Me
Emily Dickinson
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TEATRO ELFO PUCCINI, MILANO. SALA FASSBINDER | 22 OTTOBRE – 3 NOVEMBRE 2013
MAR-SAB: 21:00 / DOM: 16:30
realizzazione costumi di Ortensia Mazzei
luci di Cristian Zucaro
suono Giovanni Isgrò
consulenza suono Giuseppe Marzoli
Prima dello spettacolo visitate la mostra Being Emily Dickinson (ingresso libero)