Gli spazi di Garibaldi Connection (corso garibaldi, 39, 20121 Milano) ospitano dal 28 al 31 gennaio le opere di Gabriele Memola, un artista milanese che impernia il suo lavoro su pazienti e complicate tarsie di segni, che trovano un significato nello stesso processo seguito per crearle.
È la passione per l’atto del fare, minuzioso, ripetuto, fisico che lo porta, dopo gli studi compiuti all’Accademia di belle arti di Brera, ad abbandonare l’uso del pennello, perché richiede tempi e modalità operative nelle quali non si riconosce. Prende invece a usare la biro e il pennarello, che gli permettono di dar sfogo al suo bisogno di una immediata gestualità. Il segno è lo strumento attraverso cui Memola esprime l’amore per una visione intricata, complessa, labirintica.
Alla penna a sfera arriva quasi per caso, ma nell’adoperarla si sente a suo agio e trova subito un suo percorso; gli è congeniale il gioco del tratteggio, che accosta i segni a creare forme. Seguendo la sua mano, dà corpo al suo pensiero artistico e alla motivazione che lo anima: la passione per l’azione continua del gesto creativo.
Come dice egli stesso: “Mi è sempre piaciuto l’aspetto artigianale del mio lavoro, al di là delle questioni di gusto o di critica nel senso pieno del termine”.
Nell’apparente casualità delle forme, le sue opere contengono sempre uno o più punti nevralgici, origine e arrivo di linee e segni di diverso tipo. Ed è il segno che coinvolge, trascinando chi guarda attraverso le onde e gli intrecci sulla superficie, fino a creare architetture e intricate forme organiche. I colori, presenti nelle opere dei primi periodi, sono stati gradualmente dismessi, per arrivare all’attuale predilezione per il tratto bianco delimitato da un contorno nero degli acrilici su tela, e per la biro blu o nera dei lavori su carta. In questo modo l’artista concentra l’attenzione sul segno, come dice egli stesso: “Non ho particolare sensibilità per i colori, non è ciò che mi interessa, evidentemente. Non voglio dire che il colore non mi piaccia o che voglia negarne l’esistenza, ma a me interessano il segno e la forma”.
Col tempo l’artista ha individuato e usato un ampio registro di segni, creando un lessico assolutamente personale che ha una sua coerenza. Ogni segno ha una individualità propria nei tratti a pennarello delle grandi tele (acrilico su tela), mentre concorre a creare un tessuto nelle opere a biro (biro su carta). In queste ultime, che nascono da un progetto, è come se ogni forma fosse più leggibile. Spiega Memola: “Mi piace molto pensare che ci siano tre diversi livelli di profondità, con un piano di fondo sul quale si poggia la figura, coperta a sua volta da un piano ulteriore: tre realtà compresse in una sola dimensione”.
Le opere a pennarello, invece, sono fatte di getto, secondo una sorta di gestualità che soggiace al tutto e poi viene coperta e depotenziata.
Le scritte, presenti nella trama di alcuni lavori, sono trattate allo stesso modo dei segni, importanti più per la loro fisicità che per il loro significato semantico. L’artista non ha necessità che si leggano ed esse sono nascoste: rappresentano in un certo senso il suo pudore nel rappresentarsi, nel definire i suoi lavori, non a caso tutti senza titolo.
Si tratta di opere che richiedono una visione diretta per essere apprezzate. Costituiscono la rappresentazione di un processo, sempre in atto: opere che vivono e che restituiscono la vitalità che si è andata consumando nel farli.
2 Commenti
Io ho visto quelli fatti a penna a sfera, sono molto belli e trasmettono anche una certa luce. Vedendoli dal vivo si capisce anche il grande lavoro che vi è dietro!
Bravissimo , bei lavori e molto originali