Il Piccolo Teatro propone una nuova produzione che sembra un ritorno al passato: Carmelo Rifici, infatti, è il giovane (1973) regista di “Visita al padre”, testo di Roland Schimmelpfennig (Göttingen, Germania, 1967), che altro non è, apparentemente, che un dramma borghese della seconda metà dell’Ottocento, genere Ibsen o Checov.
Fino al 16 febbraio, infatti, in una eloquente scenografia (di Guido Buganza) che mostra una casa, perduta nella campagna tedesca, di cui sono al pubblico visibili due stanze divise da una vetrata e da un piccolo giardino esterno, si mostrano le vite, altrettanto divise e confinate da barriere, dei componenti della famiglia del protagonista, il signor Henrich. Edith, Anna Bonaiuto, ha ricomprato la villa dopo che i suoi parenti l’avevano venduta ed è andata a viverci con Heinrich, il marito, Massimo Popolizio, impegnato da anni nel tentativo di tradurre “Il Paradiso perduto” di Milton. Con loro vive anche la figlia che hanno avuto insieme, oltre alla figlia di primo letto di Edith, sua nipote, e una professoressa che si è recata a far visita a Edith portando con sé la propria figlia a sua volta. In questo gineceo di anime, soffocate e senza identità, il re assoluto è Heinrich, che riceve attenzioni e detta legge solo con la sua semplice e continua, incombente presenza.
L’improvviso e inatteso arrivo di Peter, il figlio mai dichiarato di Heinrich, smaschera la reale insoddisfazione, celata dalle buone maniere e costumi di tutti i personaggi. Le donne, che prima mostravano un totale autocontrollo delle proprie emozioni, sembrano crollare davanti al fascino di Peter, che si approfitta di ciascuna senza pietà.
Davanti al giovane, la sofferente uscita di scena di Heinrich pare essere il tema di fondo: basta la presenza di Peter per smascherare la supposta potenza del padre e creare un nuovo equilibrio. Il vero motivo per cui la nuova regia di Rifici non è una semplice ripetizione, ma un aggiornamento del dramma borghese come studio della personalità davanti alle dinamiche interne alla famiglia, si scopre solo alla fine quando diventa palese che Peter, in realtà, non tiene ad alcuna delle donne e nemmeno al padre. È arrivato in Villa solo per soddisfare una sua esigenza di colmare il suo buco nero di solitudine dopo la morte della madre.
La vera amarezza e la vera aridità di questo testo, quindi, nonché la sua profonda attualità, è che neanche il giovane ha motivi per vivere. È arrivato nella villa, ne sconvolge l’equilibrio, ma non ha alcun interesse per nulla e per nessuno. Tra le mura domestiche si consuma uno scontro generazionale, ricco di rimandi culturali, letterari e artistici, che alla fine non arriva da alcuna parte, e che appare come le due finestre che guardano una sull’altra senza incontrarsi mai.
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INFORMAZIONI UTILI:
“Visita al padre”
Piccolo Teatro Studio Melato, Milano
18 gennaio-16 febbraio 2014
Via Rivoli 6
Martedì e sabato, ore 19.30. Mercoledì, giovedì e venerdì, ore 20.30. Domenica, ore 16. Lunedì, riposo
Platea, 33 euro. Balconata, 26 euro.
Tel. 848800304, www.piccoloteatro.org