Domenica 2 febbraio 2014: Philip Seymour Hoffman, 46 anni, è stato trovato morto nel suo appartamento di New York. Sembra la morte sia dovuta ad un’overdose di eroina. Secondo la versione ufficiale della polizia pare che Hoffman sia stato trovato morto nel suo appartamento di West Village attorno alle 11:30 a.m. da un amico.
Before the Devil knows you’re dead, recitava il titolo originale di Onora il padre e la madre, film del 2007 diretto dal grande Sidney Lumet, in cui Hoffman dava vita a un protagonista assoluto e drammatico che vive la propria esistenza all’insegna di un ordine “claustrofobico” per mettere a tacere il proprio disordine interiore.
Hoffman ha vinto l’Oscar come miglior attore protagonista nel 2005 per la sua interpretazione in Capote – A sangue freddo (Bennett Miller), dove aveva magistralmente incarnato il ruolo di Truman Capote. Successivamente è stato nominato all’Oscar ancora tre volte: nel 2008 per La guerra di Charlie Wilson (Mike Nichols), nel 2009 per Il dubbio (John Patrick Shanley) e nel 2013 per The Master (Paul Thomas Anderson), dove dà vita a Lancaster Dodd: un Maestro, un gigante di energia e ambiguità, empatia e megalomania.
Quella di Hoffman è stata una carriera piena di personaggi complicati, autolesionisti, scomodi ma sempre affascinanti. In Boogie Nights (Paul Thomas Anderson) era Scotty, un timido operatore pateticamente innamorato del pornodivo Dirk Diggler. In Magnolia e Ubriaco d’amore -sempre di Anderson- ha dato vita a personaggi oscuri, impopolari e sgradevoli.
Nel disturbante Happiness – Felicità (Todd Solondz) è invece Allen, un uomo insicuro, nevrotico, depresso ed ossessionato dal sesso. L’attore è riuscito anche a nobilitare film blockbuster dando vita a un cattivo da annali in Mission: Impossible III (J.J. Abrams) e a un personaggio complesso come Plutarch Heavensbee in Hunger Games: La ragazza di fuoco (Francis Lawrence).
L’attore si è laureato nel 1989 in Arte drammatica alla New York University; all’epoca beveva molto, si drogava: a 22 era in rehab. In un’intervista del 2006 alla CBS aveva dichiarato: “Sono state la droga e l’alcol aspetti della mia vita fuori controllo… Mi piacevano troppo. Sono stato in rehab, uscii pulito a soli 22 anni. Vai nel panico… E io andai nel panico per la mia vita. Mi colpiscono molto le storie di questi giovani attori che a 19 anni tutto ad un tratto sono belli, famosi e ricchi. Ho sempre pensato ‘Oh mio Dio. Sarei morto. Essere bello, ricco e famoso a 19 anni… Ripenso proprio a quei tempi. Penso che se avessi avuto soldi, quel tipo di soldi e tutta quella roba sarei morto”.
Tra gli innumerevoli ricordi e commenti dei colleghi, pieni di ammirazione e cordoglio, riportiamo quello di Ian McKellen:
“Era senza dubbio uno degli attori più completi del nostro tempo, in attesa di incantarci con tante altre interpretazioni. Quella che mi ricorderò di più è il suo Konstantin ne Il gabbiano di Chekov in un adattamento al Central Park di New York (2001) […] un ragazzo solitario, nevrotico, desideroso di successo, che cerca di trovare la propria strada in un mondo pieno di avversità. La location all’aperto non era adatta alla delicatezza e all’intimità della pièce, ma Hoffman sorprendentemente è stato in grado di ridurre la distanza tra lui e il pubblico e ci ha fatto sentire come se stessimo spiando le sue viscere. I suoi film sopravviveranno alla sua morte, l’unica consolazione al nostro dolore e rimpianto. Il mese scorso è venuto a vedermi in scena al Cort Theatre. Vorrei, ora più che mai, averlo incontrato dopo lo spettacolo, così da potergli esprimere tutta la mia ammirazione“.
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