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Yves Saint Laurent

In uscita nelle sale italiane il 27 marzo il film su Yves Saint Laurent di Jalil Lespert presentato all’ultimo Festival del Cinema di Berlino.
Parigi, 1957: Yves Saint Laurent, appena ventunenne, viene nominato responsabile della grande casa di moda creata da Christian Dior, da poco scomparso; tutti gli occhi sono puntati su di lui che presenta la sua prima collezione di alta moda. La sfilata si rivela un successo. Di lì a poco Yves Saint Laurent incontra Pierre Bergé, che diventerà suo socio in affari e compagno per tutta la vita. Tre anni dopo il loro incontro i due creeranno la Yves Saint Laurent Company a seguito del licenziamento dello stilista che viene estromesso dalla maison Dior. Nonostante i propri demoni interiori e le proprie insicurezze, Yves Saint Laurent, sempre col sostegno del compagno e socio in affari Pierre Bergé, riuscirà a rianimare il sonnolento mondo della moda dell’epoca, trasformandolo completamente.

Volevo raccontare una grande ed epica storia d’amore. Volevo anche dar vita a personaggi che lottano per realizzare i loro sogni” racconta Jalil Lespert, alla sua prima prova da regista.
Quella di Yves Saint Laurent è senza dubbio una figura di forte carisma: intelligente e completamente dedito alla sua arte, ma al contempo fragile e insicuro. Secondo la diagnosi dei medici, Yves era un maniaco-depressivo. Yves ha rappresentato una straordinaria forza creativa, un artista incredibilmente produttivo sempre in anticipo sui tempi – era un vero avant-gardist. Tanto coraggioso da far indossare alle donne abiti da uomo, compresi pantaloni e giacche da smoking, senza che rinunciassero alla loro femminilità. Per quegli anni si è trattato di una vera rivoluzione. E la rivoluzione si è venduta bene. Il film ricostruisce in maniera aneddotica vent’anni della sua vita.

Quello che mi è parso affascinante è stato cercare di capire come i due protagonisti siano riusciti a rimanere insieme per tutta la vita, nonostante la malattia di Yves e la pressione esercitata dal lavoro” spiega il regista, che è stato attento a non realizzare un ritratto di Yves troppo lusinghiero: ne ha mostrato i lati più fragili e commoventi, ma anche quanto fosse irritabile e poco fedele. Nonostante la sua costante energia produttiva, Yves ha attraversato momenti di crollo emotivo e di crisi derivanti dalla routine “coniugale”, e più tardi ha attraversato crisi esistenziali e di ansia. Prendendo in considerazione quei vent’anni di attività il film descrivere momenti emotivamente molto forti della sua vita.
Ovviamente di particolare rilievo il lavoro e l’attenzione prestata ai costumi: “abbiamo dovuto fare delle ricerche e cercare di prendere le decisioni giuste riguardo ad alcune delle collezioni più celebri di Saint Laurent“. Per questo e altri aspetti del film fondamentale è stato l’aiuto di Pierre Bergé e della Fondazione Yves Saint Laurent. Gli abiti mostrati nel film sono originali: per la Fondazione realizzare delle repliche di quei costumi non è assolutamente un’opzione da considerare, soprattutto perché molti dei tessuti usati da Saint Laurent all’epoca non esistono più.

La colonna sonora originale, scritta da un giovane jazzista francese –Ibrahim Maalouf– è stata combinata con pezzi di diverso genere – jazz, Motown, rock e disco, cioè quel genere di musica che la gente ascoltava nei locali e alle feste in quegli anni. Si sente anche la Callas, sottofondo della sfilata del 1976 in cui venne presentata la celebre collezione Opéra Ballets Russes. Oggi una sfilata senza musica sembrerebbe una cosa strana, ma è stato proprio Saint Laurent il primo a usarla, mentre Pierre Bergé si occupava delle scene e gestiva la parte organizzativa.

Un’opera prima ben confezionata che cerca di esplorare i molteplici aspetti della vita di un grande creativo, senza riuscire tuttavia a trovare un focus in grado di raccontare in maniera efficace il valore del lavoro svolto da Yves Saint Laurent nella sua lunga e prolifica carriera, perdendosi qui e là tra aneddoti pruriginosi -ma poco interessanti- della sua vita privata.

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