Per gli investitori e i collezionisti di oggi sono un acquisto tanto sicuro quanto prezioso, gratificante e duraturo nel tempo; per Audrey Hepburn rappresentavano una fuga dalle paturnie, una parentesi in un mondo parallelo e surreale in cui dimenticare tutti i problemi; e con il coreografo George Balanchine sono diventati un balletto. Stiamo parlando di gioielli e di Jewels, la lunga coreografia in tre atti ideata nel 1967 da George Balanchine, andata in scena al Teatro alla Scala di Milano in sei rappresentazioni dal 9 marzo al 4 aprile 2014. Nato a San Pietroburgo nel 1904 e deceduto a New York nel 1983, Georgij Melitonovič Balančivadze meglio conosciuto come George Balanchine, è stato uno dei grandi coreografi e danzatori del XX secolo e uno dei fondatori della tecnica del balletto classico negli Stati Uniti. La sua produzione conta più di 425 realizzzazioni tra balletti, musical, cinema e circo, collocandosi nella storia della danza come un trait d’union tra il balletto classico e quello moderno.
Sulle note di Gabriel Fauré, Igor Stavinskij e Pëtr I’lič Čajkovskij prendono forma Smeraldi, Rubini e Diamanti in tre atti che mettono in risalto la bellezza delle pietre preziose che tanto aveva affascinato Balanchine alla sua prima visita alla gioielleria Van Cleef & Arpels dove aveva ammirato la collezione di Claude Arpels. Immaginando costumi cosparsi di gioielli, scegliendo le musiche che più lo seducevano e i ballerini che più appezzava, George Balanchine mise in piedi lo spettacolo che andò in scena per la prima volta il 13 aprile del 1967 al New York State Theatre del Lincoln Center.
Il sipario si apre con le musiche di Gabriel Fauré, tratte da Pelléas et Mélisande e da Shylock, per dare sfoggio agli smeraldi. Con una coreografia ripresa da Elyse Borne, Emeralds è un atto concepito per due coppie principali, Lusymay Di Stefano e Beatrice Carbone, e Claudio Coviello e Alessandro Grillo nella serata del 3 aprile, tre solisti e un corpo di ballo di dieci ballerine, su una soffice musica per archi, per una coreografia che evoca l’eleganza, il lusso e il profumo della Francia, culla del balletto romantico.
Più vivace e ritmato è Rubies, il secondo atto rosso rubino. Sulle note di un Capriccio per piano e orchestra di Stravinskij, va in scena una coppia principale, Vittoria Valerio e Antonino Sutera, un solista, Nicoletta Manni, e il corpo di ballo femminile e maschile del Teatro alla Scala per una coreografia ideata in accordo con lo stesso compositore. Sebbene l’atto abbia spesso ricordato agli spettatori le ballerine delle commedia musicale americana, Balanchine affermò invece di essersi ispirato alla musica del connazionale Stravinskij per omaggiare la terra natia.
Lo spettacolo si conclude in un trionfo di purezza con Diamonds. Sulla Sinfonia n.3 in re maggiore di Čajkovskij danzano una coppia di ballerini, Virna Toppi e Marco Agostino, un gruppo di solisti e un numeroso corpo di ballo composto di 34 elementi che con un Allegro con fuoco-tempo di Polacca chiude nel migliore dei modi uno spettacolo di altissima qualità che rende omaggio alle sfaccettature e alla bellezza delle pietre preziose, consacrandole in un luogo tanto prestigioso come La Scala. Perfettamente riuscito nei suoi intenti, Jewels riesce a mettere in danza un’atmosfera magica e preziosa equiparabile a quella di una grande gioielleria come la Van Cleef & Arpels che ispirò Balanchine. Ad aggiungere magia alla magia l’immancabile orchestra dal vivo diretta da David Coleman.