Se la via maestra dell’arte contemporanea è la dissacrazione, sembra imprescindibile per l’artista contemporaneo “indagare” i tabù profondi. Tra quelli che riguardano la storia recente, il Nazismo è il più radicato e sarebbe anche il più complesso da affrontare visto i milioni di morti che si trascina dietro e i lutti e i dolori. Ciònonostante è la scorciatoia semplice per ambire alla maggior visibilità mass mediatica.
La storia di Max Papeschi, Vendere Svastiche e vivere felici, sembra tratta dal romanzo di Max Parente (Il più grande artista del mondo dopo Adolf Hitler, Mondadori 2013) il cui protagonista è appunto Max Fontana: l’artista concettuale, l’eteronimo, l’ortonimo, ovvero Max che diventa celebre eiaculando sull’Origine del mondo di Courbet e dipingendo svastiche, è la metafora del nostro tempo in cui anche un Hitler può ben essere sdoganato in chiave pop. Se non ci fossero fotografie di Max Papeschi potremmo pensare che l’artista sia una creazione dell’immaginazione di Max Parente, e se non fossimo certi che Max Parente non abbia mai sentito parlare di Max Papeschi potrenno fin credere che Max Fontana sia un calco letterario del vero Max Papeschi.
Forse è solo un frutto di quelle che il politologo Giorgio Galli chiamava, sulla scorta di Jung, “coincidenze significative”. Forse è solo lo spirito dei tempi. Dopo l’Hitlerino di Cattelan, dopo l’Hitler in braccio alla Madonna di Giuseppe Veneziano, adesso ci tocca pure l’Hitler Mickey Mouse di Max Papeschi, artista per caso ma vellicatore di professione, che ricorda troppo le svastiche di cioccolato kinder di Max Fontana.
La funzione catartica dell’arte pare assolta, nella rappresentazione postmoderna spesso la tragedia assume i tratti della farsa, che nel grottesco trova l’ispirazione per farsi comica: così il melodramma si fa operetta, e il tragico parodia e infine commedia.
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direi really sgunz
Arte inutile