Bloccata la riforma del Ministero dei Beni Culturali. Pare infatti che il premier Matteo Renzi non abbia digerito l’iniziativa di Dario Franceschini che lo scorso 16 luglio aveva presentato a Roma la riorganizzazione della cultura in un decreto di 44 pagine e 36 articoli.
Tra le novità di Franceschini si contavano l’accorpamento delle Sovrintendenze storico-artistiche e paesaggistiche in poli museali regionali incaricati della tutela; maggiore autonomia ai singoli musei; la creazione di una direzione centrale dei musei; e sgravi fiscali sulle donazioni d’arte. Il suo obiettivo, aveva dichiarato, era applicare la massima rotazione del personale: “non va bene che uno stia vent’anni nello stesso posto”.
Pare però che Renzi di tutto ciò apprezzi solamente due punti, ovvero la questione sgravi fiscali e l’introduzione di un direttore-manager scelto con concorso pubblico che prenderebbe il posto dei sovrintendenti che oggi guidano i 20 musei più importanti d’Italia.
L’astio del premier nei confronti dei sovrintendenti è cosa già nota sin dai tempi in cui occupava la poltrona di Palazzo Vecchio: “Abbiamo la cultura in mano ad una struttura ottocentesca – aveva dichiarato – essa non può basarsi sul sistema delle sovrintendenze”. La riforma di Franceschini sarebbe quindi secondo Renzi una rivoluzione del sistema solo a metà, un decreto troppo morbido.
Secondo motivo di disappunto, il fatto che Franceschini abbia agito in totale autonomia, presentando una riforma a cose fatte, senza prima chiedere consulto per definirne le linee guida.