Toccare il cielo con una pietra. Una sopra l’altra. Si “giocava” a chi l’aveva più lungo (e lunga) nel Duecento a San Gimignano. Più alta era la torre più potere e prestigio svettavano simbolicamente e materialmente nei cieli della Val d’Elsa. Famiglie e signorotti locali gareggiavano ad erigere il parallelepipedo verticale “impietrato” più elevato. Nel giro di qualche decennio ne vennero su 72, tra torri e case-torri.
Di quella selva di pietre, laterizi e svelte finestrelle oggi ne restano “solamente” una quindicina a dominare il panorama bucolico della valle, più qualcosa scapitozzato qua e là. Quella più antica è la Rognosa, la torre del Comune, con 52 metri di altezza, seconda solo alla Torre Grossa dritta dritta a grattare il cielo coi suoi 54 metri di pietra, seguono le due gemelle dei Salvucci.
“Manhattan del medioevo“, “New York del XIII secolo“, “Città dalle belle torri“. Paragoni (impari) e superlativi si sprecano (sarà New York al massimo la San Gimignano del XX secolo…) a tentar di coglier l’intatta (e infinita) bellezza del borgo turrito e murato, consacrato dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità nel 1990. Il conservatosi aspetto architettonico due-trecentesco è tra i migliori esempi di organizzazione urbana dell’età comunale. Non c’è una pietra fuori posto infatti. Compiuta euritmia medievale.
