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Disegno, scultura, forma: la grande mostra su Henry Moore a Firenze

Henry Moore with Two Piece Reclining Figure: Points 1969-70, bronze, on exhibition at the Forte di Belvedere, Florence, Italy, 1972 photographer: Enrico Ferorelli Reproduced by permission of The Henry Moore Foundation Henry Moore with Two Piece Reclining Figure: Points 1969-70, bronze, on exhibition at the Forte di Belvedere, Florence, Italy, 1972 photographer: Enrico Ferorelli Reproduced by permission of The Henry Moore Foundation
Stone Figures in a Landscape Setting 1935 HMF 1163 charcoal, pencil, wax crayon, pastel (rubbed and washed), pen and ink photo: Sarah Mercer
Stone Figures in a Landscape Setting, 1935, HMF 1163, charcoal, pencil, wax crayon, pastel (rubbed and washed), pen and ink. Photo: Sarah Mercer

Henry Moore torna in Toscana con una mostra al Museo Novecento di Firenze. In programma dal 18 gennaio al 18 luglio 2021, l’esposizione si concentra sulla produzione grafica dell’artista. Un passaggio fondamentale della sua poetica, da sempre tesa alla ricerca dell’origine della forma.

Dalla scultura al disegno, dal disegno alla natura, dalla natura alla realtà. Non è una una filastrocca ma la linea narrativa su cui si costruisce la mostra Henry Moore. Il disegno dello scultore. Organizzata dal Museo Novecento di Firenze, si tratta di un’esposizione dal notevole valore scientifico – ovviamente applicato all’arte.

Curata da Sergio Risaliti – direttore del Museo – insieme a Sebastiano Barassi – Head of Henry Moore Collections and Exhibitions – la mostra intende sottoporre una visione approfondita dell’opera dell’artista inglese, a cui spesso il pubblico guarda limitatamente. Oltre alle sinuose figure distese c’è molto di più: ora possiamo scoprirlo.

Il disegno ha rivestito infatti un ruolo centrale per la pratica di Moore, legandosi indissolubilmente alla scultura che ne sarebbe poi derivata. La produzione grafica rappresenta infatti il territorio dei tentativi, delle prove, ma anche della sperimentazione più fantasiosa e audace. Un fase preliminare che poteva trasformarsi in improvvisa creazione, genesi inaspettata di soluzioni nuove e creative. Esercizio preparatorio, dunque, ma anche proiezione della mente di Moore, luogo dove decostruire, comprendere e ricombinare le forme. Ma quali forme?

Reproduced by permission of The Henry Moore Foundation
Henry Moore at work on an etching plate for the Elephant Skull album, Perry Green c.1970. Photo: Errol Jackson. Reproduced by permission of The Henry Moore Foundation

Quelle della natura, come anticipato in precedenza. Le forme naturali – rocce, ciottoli, radici e tronchi – e gli animali sono infatti il fulcro della mostra. Da segnalare in tal senso la presenza di un cranio di elefante proveniente dallo studio dell’artista, su cui Moore si è applicato costantemente. La scelta rientra perfettamente nel percorso tematico, orientato alla ricerca delle forme essenziali a cui la poetica di Moore ha sempre guardato.

A partire da un’indagine sul rapporto di Henry Moore con il dato naturale e con i principi di ritmo e forma ad esso sottesi, viene costruita una narrazione che muove dalla relazione tra l’immagine dell’artista e il paesaggio roccioso, per poi svilupparsi intorno allo studio della natura e delle vicendevoli mutazioni tra elemento naturale e figura umana, fino ad arrivare alla rappresentazione della forma primordiale.

L’arte non è un sedativo o una droga, né un semplice esercizio di buon gusto, e neppure un abbellimento della realtà con piacevoli combinazioni di forme e di colori; è invece una espressione del significato della vita e un’esortazione a impegnarvisi con sforzi ancora maggiori.

E di qui si giunge al fulcro della mostra e dell’opera stessa di Moore. Il fascino dell’origine della forma, della creazione del mondo e della costituzione della realtà sono l’approdo finale della ricerca dell’artista. Interessante notare come questa conclusione non sia altro che l’inizio di tutto, una soluzione dove la fine è il principio e viceversa. Scultura, disegno, natura, uomo e realtà convivono in un turbinio che l’arte aiuta a sbrogliare. Non a caso è la mano – lo strumento con cui si fa arte, con cui si lavora, con cui si risolvono i problemi, con cui ci si interfaccia al mondo – il simbolo ove si condensano in definitiva sia la mostra che la pratica dell’artista.

The Artist's Hands 1981 HMF 81(125) carbon line, ballpoint pen, wax crayon, watercolour wash, crayon, gouache
The Artist’s Hands, 1981, HMF 81(125), carbon line, ballpoint pen, wax crayon, watercolour wash, crayon, gouache

Inoltre la mostra rappresenta anche un proseguo del rapporto tra Henry Moore e la Toscana. Iniziato nel 1925 – durante il suo primo viaggio di studio in Italia, realizzato grazie ad una borsa di studio messa a disposizione dalla Royal College of Art – e proseguito poi con un’esposizione al Forte Belvedere (1972) e una nella Sala d’Arme di Palazzo Vecchio (1987), esso si arricchisce oggi di un nuovo e importante capitolo. Anzi, due.

Come evento collaterale dell’esposizione Henry Moore. Il disegno dello scultore, il Museo Novecento ospita sino al 30 maggio 2021 nelle sale al secondo piano, attigue alla raccolta di Alberto Della Ragione, la mostra Henry Moore in Toscana. Un progetto che nasce con l’intento di sottolineare il legame tra lo scultore e il territorio toscano e presenta una serie di opere provenienti da collezioni private che testimoniano, insieme a documenti e fotografie, l’intensa relazione artistica e affettiva che legò lo scultore alla città di Firenze e alla Toscana.

Henry Moore with Two Piece Reclining Figure: Points 1969-70, bronze, on exhibition at the Forte di Belvedere, Florence, Italy, 1972 photographer: Enrico Ferorelli Reproduced by permission of The Henry Moore Foundation
Henry Moore with Two Piece Reclining Figure: Points 1969-70, bronze, on exhibition at the Forte di Belvedere, Florence, Italy, 1972. Photographer: Enrico Ferorelli. Reproduced by permission of The Henry Moore Foundation

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