Non dico Renzi, ma almeno il suo ministro dei Beni culturali Dario Franceschini da Sotheby’s dovrebbe andarci più spesso.
Più che a comprar quadri, a prendere lezioni. Ammesso e non concesso che abbia qualcosa da imparare. Sì perché quelli di Sotheby’s, anziché riempirsi la bocca con l’immenso valore dell’Italia, negli ultimi quindici anni hanno pensato bene di riempirsi le tasche. Con centinaia di milioni di sterline.
Nel 1999, quando inventarono la prima “Italian Sale” -un’asta tutta dedicata ai grandi maestri italiani del Novecento e del dopoguerra– non ci credeva nessuno. Vennero sbeffeggiati. Mentre da noi non si riusciva a far fruttare nemmeno il Rinascimento, a Londra immaginavano di far soldi con i tagli di Fontana o le tele raggrinzite d’un Manzoni che nulla c’entrava con quello dei promessi sposi. Come dire: cavar l’oro dalle rape.
Eppure, come si sa, gli affari veri li fanno i visionari. Nell’arte questa regola vale doppio.
Morale della favola: con le sedici aste dedicate alle opere dei maestri italiani, dal 1999 ad oggi, Sotheby’s ha venduto per 207 milioni di sterline. Mentre la competitor Christie’s, che dal 2000 ha immediatamente duplicato l’Italian formula, di milioni ne ha incassati 183,3.
Negli ultimi quindici anni l’arte italiana del Novecento e Post-War ha creato un mercato che solo nelle due aste autunnali è valso mezzo miliardo di euro. Con un indotto incredibile. Grazie a queste vendite oggi i nostri artisti sono super internazionalizzati e conosciutissimi sul mercato globale. Scorrendo gli “indici dei nomi”, si trovano sempre molti opere di Lucio Fontana, Alighiero Boetti, Alberto Burri, Enrico Castellani, Agostino Bonalumi, Piero Manzoni e altri “big” che snocciolano record su record.
Il vero problema, per gli esperti delle case d’asta, sarà quello di introdurre progressivamente nomi nuovi. Nell’intento di spingere, allargare e promuovere all’estero l’appeal dei maestri italiani. Una vera e propria governance dell’art-made-in-italy. Compito che sulla carta spetterebbe allo Stato.
Ma perché se ne parla tanto ora? L’ultima “Italian Sale” di Sotheby’s ha scolpito nella storia un venerdì 17 ottobre memorabile. Facendosi beffa di qualunque superstizione. Il catalogo prometteva bene: 49 opere, tutte perfettamente conservate e provenienti dalle più prestigiose collezioni private. Si parte con un’opera su carta di Giacomo Balla che nel giro di pochi rilanci supera le stime e arriva a £338,500.
Seguono un Morandi, un “Cavaliere” di Marino Marini da oltre £1 milione, e un de Chirico battuto a £674,500. Poi prende il via la carrellata dei nomi più attesi. Un Fontana “bianco con due tagli” (794 mila sterline). Un Agostino Bonalumi “nero” (206.200).
E a seguire cinque capolavori assoluti tutti bianchi. Quattro dei quali con una storia bellissima. Da raccontare.
Cinquant’anni fa, nel maggio 1964, Gio Ponti, direttore della rivista “Domus”, sfidò i propri lettori. Avrebbe regalato il suo progetto “Lo Scarabeo Sotto la Foglia” a chi avesse per primo raccolto l’invito per costruire questa abitazione. Giobatta Meneguzzo, ingegnere e collezionista, raccolse il guanto.
Nel 1965 sulle colline di Malo, vicino a Vicenza, iniziarono i lavori per una visionaria abitazione che ebbe, come interior designer, Nanda Vigo. Subito nella villa furono chiamati alcuni artisti del “Gruppo ZERO” che insieme realizzarono, con quattro opere pregnanti, una sorta di Manifesto titolato ovviamente “Lo Scarabeo Sotto la Foglia”.
Eccoli qui ora, nell’asta Sotheby’s, a comporre una specie di fil rouge del bianco.
Kandinsky diceva che il bianco è il colore di un “grande silenzio che ci sembra assoluto”. Ma in asta questi capolavori scatenano il putiferio. Il “Teatrino” di Fontana fa 422 mila. Gli altri tre centrano nuovi record. La grande “Superficie bianca” di Enrico Castellani parte da 900 mila e sale, sale, fermandosi solo a 3.778.500 sterline. Il Bonalumi viene battuto a 626.600. Il Turi Simeti a 194.500.
Subito dopo gli esperti di Sotheby’s mettono in catalogo un Manzoni incredibile. Un “Achrome” del 1958-59 lungo un metro e mezzo e alto un metro. Perfettamente conservato. Pubblicato sul catalogo di Celant dell’89 e del 2004 e sul Battino-Palazzoli del 1991. Insomma un pezzo, bianco, da novanta. Con una stima impressionante: tra 5 e 7 milioni di sterline.
La sala e i telefoni impazziscono. Tutti che offrono. Viene aggiudicato a 12.626.500 sterline. Poco meno di 16 milioni di euro. E pensare che il grande Piero Manzoni questi quadri faticava a venderli (a 300 mila lire) nei suoi pochi inverni vissuti, quando girovagava infreddolito per le vie di Brera.
Alla fine Sotheby’s archivia il risultato più alto mai raggiunto nella storia delle “Italian Sale”: £41,412,650. “Stiamo vivendo una nuova alba per l’arte italiana” ha dichiarato Claudia Dwek, presidente Sotheby’s Italia e vice-presidente Sotheby’s Europa. Sembra un ossimoro. Un’alba italiana a Londra.
per gentile concessione del “Corriere della Sera – CorrierEconomia”