Nonostante il tema della morte sia stato sviscerato da numerose personalità nel mondo delle arti, poche sono state in grado di coglierne in pieno l’essenza come Zdzislaw Beksinski.
Dai più sottovalutato in ambito internazionale, quest’autore è considerato uno dei più importanti nella sua terra natia: la Polonia. Nato nel 1929 a Sanok, piccolo centro nei pressi della catena dei Carpazi, studia economia e, dopo la liberazione tedesca, si iscrive presso la Facoltà di Architettura, seguendo la volontà del padre.
Agli albori degli anni ’50 si sposa con Zofia Stankiewicz e, verso il tramonto della decade, diventa padre. In questo periodo esprime la sua arte tramite la fotografia, rivelandosi un artista affatto innovatore, coltivando i tratti di ciò che poi sarà il suo stile in pittura.
Fin qui nulla suggerisce l’angoscia e l’ossessione verso la morte, ma questa relativamente tranquilla vita sin qui condotta verrà capovolta con l’avvento degli anni ’70: leggenda vuole che, esattamente nel 1971, un terribile incidente stradale abbia coinvolto Zdzislaw, che rimane in coma per tre settimane.
Da questo esatto momento, tutti gli incubi dell’artista troveranno sfogo sulla tela. Al risveglio Beksinski afferma di aver visto l’Inferno e le allucinazioni infesteranno per sempre la sua mente.
Le opere diventano così veicolo di espressione dei drammi interiori e le visioni da lui partorite miscelano elementi surrealisti, elementi gotici e paesaggi inquietanti, dando origine a ciò che si potrebbe credere una rivisitazione particolare e personale dell’atmosfera dantesca.
Le tele di Beksinski , tutte mancanti di titolo, sono prive di elementi narrativi, e lasciano lo spettatore in balìa di quella sensazione di mistero che poi, parafrasando le parole di René Magritte, è ciò che la mente umana brama. Nessun intento conoscitivo, ciò che preme è rappresentare la dannazione e le creature che vi dimorano.
La sua vita è ormai destinata a precipitare lentamente ma inesorabilmente verso l’abisso in cui egli stesso ambienta i suoi dipinti e, sul finire degli anni ’90, la morte della moglie prima, e il suicidio del figlio poi, scuotono la sua anima sempre più plasmata e dentellata dalla sofferenza.
Dal 1998, anno della dipartita del figlio, al 2005 l’artista vive il suo periodo più scuro, chiuso in casa in preda ad una lacerante depressione. A questo personale periodo nero si accosta e fa da contrasto il successo nell’ambito dell’arte contemporanea in paesi come Giappone e Stati Uniti, che gli vale il prestigioso inserimento nelle collezioni dell’Osaka Art Museum.
La morte lo coglie nel 2005: viene trovato nel suo appartamento riverso al suolo, fatali le diciassette coltellate rivoltegli. Si trattò di omicidio. Poco dopo, Robert Kupiec, figlio del custode del suo appartamento, confesserà il crimine insieme ad un amico: alla base dell’efferato gesto, un rifiuto da parte dell’artista di prestare denaro (si parla di qualche centinaio di zloty, circa cento dollari) al giovane.
Si chiude così la parabola di Zdzislaw Beksinski, artista innovatore ed enigmatico, uomo a metà fra realtà e leggenda.
Per ulteriori approfondimenti sull’artista, vi consigliamo:
www.beksinski.pl
art.vniz.net/en/beksinski
www.muzeum.sanok.pl