La casa d’aste genovese Wannenes dà il via agli incanti di marzo martedì 3. Nelle sale di Palazzo del Melograno a Genova vanno in asta opere Arredi e Arti Decorative di cui fa parte la collezione del giovane antiquario Luca Vivioli, 300 lotti tra mobili, dipinti, sculture e bronzi “di respiro internazionale” e dipinti antichi, circa 240 lotti per una grande varietà di proposte, con molte opere di maniera a prezzi contenuti.
LUCA VIVIOLI ARREDI E ARTI DECORATIVE 3-4 marzo 2015
Luca Vivioli è un antiquario cinquantaquattrenne con una tale passione per il suo mestiere che come dicono i colleghi è affetto da “comprite”, ovvero una dolce malattia che diviene una necessità quasi fisica di cercare nuovi oggetti e nuove storie che raccontano la bellezza degli oggetti d’arte.
Nell’asta del 3 marzo di Arredi e Arti Decorative saranno esitati 300 lotti provenienti dalla sua collezione privata e dal magazzino, tra mobili, dipinti, sculture e bronzi, che rappresentano non solo il gusto dell’ultimo antiquario di respiro internazionale a Genova, con un debole per i circoli – è iscritto al Tunnel, lo Yacht Club Italiano e il Golf di Rapallo – ma soprattutto cinquant’anni di attività insieme a suo padre Lazzaro.
“Ho scelto pezzi di gusto internazionale, ci sarà un trumeau rosso inglese a chinoiserie, Giorgio III, è bellissimo, l’ho usato come immagine per gli auguri di Natale e me l’hanno già chiesto (lotto 289 stima 40.000 – 60.000 euro). Era di mio padre, come lo era anche lo scrigno del ’500 veneziano scolpito alla Sansovino. Ci sarà una specchiera da camino con una scultura che rappresenta il ratto di Proserpina. E poi una consolle lombarda a sfinge con un ripiano in marmo di breccia corallina”.
Ma anche un centrotavola in mogano con piano in marmo napoletano del XIX secolo (lotto 260 stima 20.000 – 30.000 euro), una consolle genovese intagliata e laccata del XVIII secolo (lotto 256 stima 20.000 – 30.000 euro), e della stessa manifattura, un cassettone del XVIII secolo con piano in marmo e due cassetti a specchio con vedute architettoniche (lotto 261 stima 20.000 – 30.000 euro); e ancora un tavolo da parete intagliato e dorato torinese (lotto 214 stima 4.000 – 6.000 euro).
E per gli appassionati di piccole meraviglie da cabinet de curiosité una serie di venticinque busti in terracotta a patina verde del XIX secolo raffiguranti personaggi tratti dalle antichità ercolanensi (lotti 52-55 stima 3.200 – 4.800 euro), un piano in marmi policromi del XVII-XVIII secolo, centrato da rosone polilobato a commesso e ornato da elementi naturalistici e tralci fogliati (lotto 235 stima 4.000 – 6.000).
Di grande piacevolezza e facente parte di una collezione di porcellane di una signora torinese, una caffettiera in porcellana bianca, manifattura Ginori a Doccia, circa 1750 con becco zoomorfo e manico a voluta (lotto 490 stima 800 – 1.200 euro) e una stupefacente terracotta realizzata da un artista napoletano del XVIII secolo assai vicino alla maniera di Francesco Gallo (attivo dal 1770 circa al 1829) – artista noto per la sua predilezione per le figure di animali, nelle quali ottiene un ricercato effetto nella resa del manto, evidente nelle sue opere – raffigurante un’agghiacciante lotta tra un cinghiale e un gruppo di tre cani (lotto 541 stima 4.000 – 6.000).
Proveniente da una dimora romana, un elegante quanto festoso piano in scagliola policroma del XIX secolo (lotto 631 stima 6.000 – 8.000 euro), un bracere circolare in bronzo del XIX secolo, con basamento tripartito su supporti in forma di fauni monopodi con zampe ferine (lotto 635 stima 3.000 – 4.000), uno splendido piano in marmi policromi probabilmente manifattura romana o fiorentina del XVII-XVIII secolo (lotto 655 stima 15.000 – 20.000 euro), e infine un severo busto di imperatore in vari marmi che si impone per la suntuosa eleganza della lavorazione (lotto 662 stima 6.000 – 8.000 euro).
DIPINTI ANTICHI | BAROCCO TRA NATURA MITO E ARTIFICIO
5 marzo 2015
La pittura barocca con il suo appalesarsi tra elegante artificio classicista e tenebroso quanto essenziale naturalismo è una continua fucina di scoperte di artisti e opere, che riafferma come il Seicento non solo sia stato un straordinario laboratorio di stilemi compositivi e iconografici, ma anche il secolo dove alla grande rappresentazione di storia si definiscono generi che raggiugono un grande successo di pubblico come la natura morta, i paesaggi allegorici e soggetti profani che fin ad allora erano stati appannaggio di una stretta cerchia di eruditi collezionisti.
Nell’asta di Dipinti Antichi del 5 marzo un incantevole esempio ci viene da una tela di Elisabetta Sirani – artista di successo internazionale, ammirata e contesa da personaggi illustri e potenti nella Bologna della seconda metà del Seicento – raffigurante la Bellezza che scaccia il tempo (stima 30.000 – 50.000 euro), che si segnala per bellissima qualità e apprezzabili dimensioni, tanto da includere tra le migliori creazioni della pittrice bolognese e l’attribuzione, oltre agli aspetti di stile e scrittura, è sottolineata dal volto della sensuale giovane donna che rispecchia le sembianze dell’artista.
Datato al 1658 è infatti l’autoritratto firmato custodito al Museo Pushkin a Mosca, dove Elisabetta esibisce non solo la sua bellezza ma ancor più la propria autonomia di mestiere descrivendosi con fierezza al cavalletto. La critica pone il dipinto in esame al biennio 1658 – 1659, quindi coevo e anch’esso partecipe della prima produzione, ma già espressivo di una maturità oramai raggiunta e riscontrabile osservando la sicurezza compositiva e la libertà di affrontare articolate scenografie.
Di misurata eleganza un pendant di nature morte arcaiche che rammentano i pittori della Lombardia dell’età borromeana, come Ambrogio Figino (Milano 1553 – 1608), Fede Galizia (Milano 1578 – 1630), ma che trova una sua sintesi nella maniera di Panfilo Nuvolone capace di far convivere tradizione aulica con un l’indubbia fascinazione nordica e una maggior presa della realtà naturale come è dimostrato da un’attenzione luministica che non delinea solo le forme, ma descrive l’aspetto serico dei frutti evocandone la succosità della polpa e misura lo spazio scenico in cui gli oggetti sono disposti (stimate entrambi a 5.000 – 8.000 euro).
Così come l’esuberanza decorativa contraddistingue la Natura morta di frutta e pappagallo ambientata in un giardino di Giovanni Paolo Castelli detto Spadino (Roma 1659 – 1730 ca.), dove l’artista si fa ammirare per la puntuale descrizione dei frutti e l’ambientazione all’aperto (stima 5.000 – 8.000 euro).
D’ambito veneto, in piena stagione barocca, ci appare un dipinto realizzato intorno al 1670 – proveniente dalla Collezione Costantini di Roma – di Antonio Zanchi (Este, 1631 – Venezia, 1722), raffigurante La morte di Saul dove l’artista esprime al meglio il naturalismo chiaroscurale della pittura veneta seicentesca, appreso osservando non solo gli esempi di Giovanni Battista Langetti (Genova, 1625 – Venezia 1676) e Francesco Ruschi (Roma 1610 circa – Treviso 1661), ma specialmente le esuberanti composizioni di Luca Giordano (Napoli 1632 – 1705) visibili nella città lagunare. Le sue creazioni sono contraddistinte da vigorosi impasti cromatici e scorci audaci, aspetti che l’autore manifesta sin dalle prime opere, misurandosi altresì con gli aulici esempi di Jacopo Tintoretto (stima 15.000 – 25.000).
wannenesgroup.com