Pochi anni fa, lo Stato Islamico dell’Iraq e della Siria, meglio conosciuto con la sigla “ISIS”, era solo un piccolo gruppo di estremisti sunniti militanti islamici che combattevano per far cadere il governo siriano. Ma la cronaca degli ultimi tempi, grazie anche alla forza divulgativa dei social network, pone l’ISIS come una delle più terribili realtà di aggressione nei confronti dell’umanità.
Ma dove trovano i soldi per finanziare un esercito di fanatici senza scrupoli che dal nulla è riuscito a conquistare gran parte dell’Iraq tra cui la seconda città più grande del paese, Mosul? Certamente i pozzi petroliferi rendono parecchi dollari, ma questi non sono più gestibili quando vengono bombardati e resi improduttivi.
Una risposta viene dagli ambienti dei servizi segreti iracheni, che a seguito di una “bonifica” in una casa di un comandante morto dell’ISIS, hanno rinvenuto tra i file del suo computer importanti informazioni dettagliate su operazioni finanziarie, tra cui la tracciabilità di una operazione contabile che l’ISIS aveva registrato sul contrabbando di reperti archeologici saccheggiati che aveva fruttato, nella sola regione della Siria, ben 36 milioni di dollari “puliti” .
Monili, ceramiche e monete antiche, ma anche dipinti e gioielli che sono stati razziati dai militanti dell’ISIS in Siria e in Iraq vengono messi in vendita su eBay dallo Stato islamico per finanziare la sua guerra santa contro l’Occidente. Secondo il giornale ‘The Times’, nelle ultime settimane sarebbero aumentate a dismisura le vendite sui siti internet di aste online di importanti pezzi archeologici presi dai militanti dell’ISIS, ritenuti scomparsi dalla Siria e dall’Iraq ed invece riapparsi su eBay, dove collezionisti di tutto il mondo se li contendono.
Alimentando la distruzione di grandi siti archeologici, vere custodi di civiltà, per finanziare il terrorismo. I furti maggiori di reperti archeologici di ogni tipo si registrano in Iraq, dove tutti i siti di interesse, soprattutto quelli con scavi in corso, sono stati sistematicamente razziati, e in Siria cinque siti su sei dell’Unesco sono stati seriamente danneggiati dalla ricerca di reperti da vendere su internet.
Secondo l’UNESCO, i furti di reperti avverrebbero addirittura su commissione. Uno è quello di un mosaico romano della città di Apamea (fondata da uno dei generali di Alessandro Magno e dichiarata nel 1999 patrimonio dell’umanità), nella Siria occidentale: è stato staccato con i bulldozer e poi probabilmente fatto arrivare nei ricchi Paesi del Golfo Persico, dove gli sceicchi sembrano particolarmente interessati ad appropriarsi di antichità d’arte. Fatto sta che, secondo gli esperti interpellati dal quotidiano londinese, i prezzi delle monete antiche provenienti dagli scavi di Iraq e Siria sarebbero notevolmente diminuiti nelle ultime settimane: segno che la loro disponibilità sul mercato è molto aumentata con l’arrivo dei reperti messi in vendita dall’ISIS.
Oggi gli agenti dei servizi segreti iracheni continuano ad analizzare i file dell’ISIS per determinare quale ruolo gli estremisti sunniti stanno avendo nel fiorente commercio illegale di antichità della Siria. Ed identificare i commercianti e archeologi senza scrupoli, molto abili nel riciclaggio degli oggetti saccheggiati.
Acquirenti forse inconsapevoli, o senza volerlo sapere, si rendono complici della distruzione della storia e che pur di avere quell’oggetto, non si chiedono se i propri soldi saranno utilizzati per comprare altre munizioni.