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Valentino Vago: quando l’invisibile diventa visibile. “Ogni lavoro è un atto di fede verso la bellezza”

Valentino Vago
Valentino Vago

“Conoscere veramente vuol dire conoscere l’essenziale, addentrarvisi, penetrarvi con lo sguardo e non con l’analisi o con la parola”.

(Emil Cioran)

Siamo ormai abituati ad avere poco tempo per concentrarci su cose importanti, su dettagli che fanno la differenza, su elementi che dovremmo porre su scale differenti ma che spesso sono accomunati.

Il via vai della vita ci ha portati a confondere cose che in realtà non hanno valore paragonabile se messi sul piatto della bilancia della nostra conoscenza. La confusione diventa motivo per elevarci a grandi conoscitori di discipline che non ci appartengono, o semplicemente, non ci competono. Eppure oggi tutti sanno tutto, soprattutto quando si entra in quello che è il grande e maestoso mondo dell’arte.

Ma partiamo da una differenza sostanziale e talune volte confusa a cui non si pensa quasi più: la storia dell’arte non è arte e l’arte non è la storia dell’arte.

La storia dell’arte, si sa, è una disciplina che studia la storia delle evoluzione delle differenti espressioni artistiche, degli stili e di ciò che ad essi il contesto storico legò. Ma l’arte è cosa ben diversa.

È trattando proprio questo punto che inizia il nostro incontro in un pomeriggio di vigilia Expo nello studio di Valentino Vago a Milano.

Esordisce cosi, questo grande uomo che negli occhi conserva la luce di un bambino che ancora riesce ad emozionarsi parlando di qualunque cosa: “Per me la storia dell’arte non conta. A me interesse l’Arte. Tutti parlano di storia dell’arte e a me non interessa. Non parliamo mai dell’Arte. Voglio dire, la storia va bene ma non bisogna confondere la storia dell’arte con l’Arte”.

In realtà la parola Arte non credo sia definibile in maniera assoluta. La definizione della parola stessa nel corso dei secoli ha subito lievi variazioni in base alla cultura che alla stessa era legata e al periodo storico preso in considerazione. Ma sappiamo con certezza, forse, che Arte è qualcosa di qualitativamente superiore rispetto ad un semplice manufatto creato da chiunque, altrimenti questo porterebbe a considerare tutti artisti.

Valentino Vago Galleria Luca Tommasi
Valentino Vago Galleria Luca Tommasi

I suoi lavori sono carichi di fede, ma Lei che rapporto ha con la fede?

Ogni lavoro è un atto di fede verso la bellezza. E la bellezza è la creazione. E a capo della creazione c’è Dio, c’è qualche cosa che chiamiamo Dio. Che qualcuno ha chiamato Dio. Che ha creato e fatto nascere noi che siamo tutti un miracolo.

Il suo rapporto con Dio lo si vede anche nell’uso delle mani ed in particolar modo dei polpastrelli…

Si, uso le mani. Perchè in realtà, l’opera, quando io distendo il colore, coi pennelli o con qualunque altra cosa, poi dopo io vedo che il colore quando lo accarezzo mi si illumina. Cioè un momento prima per dire è un bel quadro dipinto bene ecc. ma l’illuminazione la prende quasi sempre quando la accarezzo. Quasi un gesto taumaturgico. Per cui è anche una gioia lavorare perchè c’è una sensazione, c’è un’emozione.

Le vicende personali e intime della Sua vita hanno influenzato la Sua pittura?

No. Una delle regole, dei segreti, è sempre quella che se vuoi veramente andare al meglio devi dimenticare. È fondamentale per un artista o un creatore. È indispensabile non avere memoria, perchè cosi ogni volta che hai una superficie su cui lavorare la creazione diventa un gesto quasi taumaturgico. Bisogna ogni volta cercare di tornare…fiat lux.

Per Lei che cosa è la bellezza?

La bellezza? Noi siamo la bellezza. Noi che siamo il vero miracolo, ognuno di noi è un grande miracolo e noi quindi come tali siamo la bellezza assoluta. Questa è la bellezza, noi siamo la bellezza. Noi siamo il grande miracolo nella vita. È questo che conta. E quindi quando si riesce a fare un qualche cosa che si capisce che ci appartiene, che è un tipo di bellezza che ti commuove, che ti esalta, allora quella è anche Arte.

Il resto, il più delle volte è artificio. Quindi bisogna avere oramai il coraggio di dire che siamo noi la bellezza.

E se uno riesce veramente a esprimere attraverso il colore, la luce ecc. quello che abbiamo dentro, sentimenti, cose  ecc. ecc. allora è bellezza. Più del cielo.

Questo bisogna essere capaci di vedere.

Il suo lavoro fa entrare in un rapporto intimo con se stesso e il mondo chi  lo osserva. Diventa come un incantesimo. Il colore alla fine non è più colore ma sensazione…

Si, il colore diventa sensazione, emozione. Un emozione che un qualche cosa fa appartenere solo all’essere umano e non agli altri esseri viventi. La qualità che ci distingue è questo.

E quindi l’arte e il linguaggio dell’arte dovrebbe essere cosi. Non un linguaggio che racconta i fatti e misfatti degli artisti piuttosto che degli amici degli artisti. Sarà vero? Non lo so. (sorriso)

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Valentino Vago sarà in mostra con Camera Picta presso la galleria di Luca Tommasi a Milano fino al 30 maggio 2015.

In questa mostra, a cura di Alberto Fiz, il risultato di un percorso durato una vita e già intrapreso negli anni passati.

Il desiderio di creare una camera abitabile, in cui il colore è chiave di apertura verso porte a noi sconosciute, come le grandi emozioni che ci governano giorno dopo giorno. Nuovi spazi che si aprono a noi e che ci permettono di andare oltre il colore e la tela, dove la bellezza è quella dell’invisibile.

Un desiderio di pura energia, di ritorno a quella che è la grande luce. Il lavoro di Valentino Vago è carico di magica ambiguità che sta a noi interpretare perché fuori dai confini naturali. Una visione essenziale della pittura e del colore che ci ricorda che dovremmo rivalutare probabilmente quelli che sono attualmente i parametri di valutazione di un’opera d’arte. Valutazione che ormai spesso è legata ai soldi e al mercato e non più alla bellezza reale dell’opera.

In una società in cui spesso conta più la storia dietro l’opera e non la bellezza che la stessa sprigiona, a mio parere la storia potrà anche essere una bella storia ma quello che conta è il lavoro che abbiamo di fronte.

Dovremmo trovare il coraggio e perché no, l’umiltà di ritornare a vedere ciò che l’opera nasconde al suo interno e ciò che essa rappresenta nella sua bellezza, nella sua drammaticità, ma comunque nella sua interezza a prescindere da ciò che il mercato potrebbe far valutare.

Perché quello che realmente conta è fare in modo che un’opera possa andare oltre il tempo e che si possa godere della sua bellezza sempre. Per sempre!

Grazie a Valentino Vago per la dolcezza della sue parole.

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