Centoquaranta opere disseminate per il Correr per la prima grande mostra dedicata alle tendenze artistiche dominanti della Repubblica di Weimar. Dipinti, fotografie, disegni e incisioni di 43 artisti si rincorrono per le sale neutre-bianco totale espositive. Titolo: Arte in Germania al tempo della Repubblica di Weimar, 1919-1933. Presentata in anteprima proprio qua al Museo Correr (1 maggio – 30 agosto 2015) – a cura di Stephanie Barron, con la collaborazione di Gabriella Belli e il progetto di allestimento di Daniela Ferretti – nell’autunno di quest’anno sarà trasferita al LACMA con una altrettanto ampia selezione di opere.
Accanto a figure di primo piano come Otto Dix, George Grosz, Christian Schad, August Sander e Max Beckmann, i cui percorsi eterogenei sono essenziali per comprendere la modernità dell’arte tedesca, si susseguono nomi meno noti al grande pubblico, ma sempre di gran fascino, tra cui Hans Finsler, Georg Schrimpf, Heinrich Maria Davringhausen, Carl Grossberg e Aenne Biermann.
La mostra – attraverso un allestimento che riserva una particolare attenzione al confronto tra pittura e fotografia, offrendo l’opportunità di esaminare le analogie e le differenze tra i diversi ambiti espressivi del movimento – inquadra il realismo freddo e impassibile della Nuova Oggettività nel contesto degli sviluppi culturali, economici e socio-politici della Repubblica di Weimar, esaminandone il suo approccio a generi tradizionali come il ritratto, la natura morta e il paesaggio in relazione al rapido processo di modernizzazione che interessò la Germania di quegli anni, avviata verso l’industrializzazione.
Sono gli anni di Weimar (1919-1933). Anni che vanno dalla fine della guerra all’avvento del nazismo, in cui gli artisti tedeschi si confrontano con le devastanti conseguenze della Prima Guerra Mondiale, con gli effetti sociali, culturali ed economici del rapido processo di modernizzazione e urbanizzazione che muta il volto della Germania e con la piaga della disoccupazione dilagante e la disperazione di vasti strati della società.
Ma non solo: la prima democrazia tedesca è un fertile laboratorio di esperienze culturali che vede il tramonto dell’espressionismo, le esuberanti attività antiartistiche dei dadaisti, la fondazione del Bauhaus e l’emergere di un nuovo realismo. A sancire nel modo più efficace l’emergere di questo nuovo realismo – variamente definito postespressionismo, neonaturalismo, verismo o realismo magico – è la mostra che si tiene a Mannheim nel 1925 dal titolo Neue Sachlichkeit (Nuova Oggettività).
I diversi artisti associati a questa nuova figurazione formano un gruppo eterogeneo e non sono uniti da un manifesto programmatico, una tendenza politica o un’unica provenienza geografica: ciò che li accomuna è lo scetticismo per la direzione intrapresa dalla società tedesca e la consapevolezza dell’isolamento umano che questi cambiamenti comportano. Gli artisti della Nuova Oggettività guardano con disincanto alla complessa situazione della nuova Germania. Allontanandosi dalla soggettività esasperata e dalle distorsioni formali dell’espressionismo, questi artisti scelgono il realismo, la precisione, la sobrietà oggettività, e rivisitano tecniche e generi della grande tradizione pittorica, con un nostalgico ritorno al ritratto e una spiccata attenzione per la resa delle superfici.
Cinque le sezioni tematiche della mostra:
1. La prima sezione, La vita nella democrazia e le conseguenze della guerra, evidenzia la disparità tra le vittime della Repubblica di Weimar e la borghesia rampante che trae profitto dalle privazioni del periodo. Artisti come Max Beckmann, Otto Dix, George Grosz, August Sander e Heinrich Maria Davringhausen si concentrano sulla realtà urbana rappresentando gli emarginati del dopoguerra e gli ambienti in cui si muovono: disoccupati, reduci sfigurati, prostitute e vittime di violenze sono ritratti sullo sfondo di bordelli, angoli di strada e altri scenari pervasi da atmosfere sinistre.
Il sognatore di Davringhausen (1919), per esempio, ritrae la scena di un omicidio puntando l’attenzione sulla figura dell’assassino, un uomo dall’ aspetto elegante che sembra fisicamente e psicologicamente scollegato dalla vittima che ha massacrato. È stridente il contrasto tra la brutale violenza appena compiuta e la raffigurazione pacata e ordinata del “sognatore”.
2. In La città e la natura del paesaggio, gli artisti affrontano le tensioni causate dal processo di industrializzazione che dalle città si propaga alle aree rurali. Con la proliferazione delle fabbriche e la creazione di nuovi posti di lavoro, la Germania conosce una massiccia migrazione dalle campagne ai nuclei urbani. L’idea di città è associata al futuro, mentre sulla campagna si proietta la nostalgia del passato. Il complesso rapporto tra mondo urbano e rurale riflette le disparità esistenti nella Repubblica di Weimar.
3. Nuove identità: tipi umani e ritrattistica esamina i diversi modi in cui artisti come Beckmann, Dix, Schad e altri affrontano il genere del ritratto. Pur nella diversità degli approcci adottati, le opere di questa sezione mostrano notevoli affinità, a cominciare dall’interesse per gli stereotipi sociali, la resa spassionata dei soggetti raffigurati e il frequente ricorso all’autoritratto. A dominare questa sezione sono le rappresentazioni di artisti, scrittori e attori, ma anche di emarginati e tipologie sociali specifiche del loro tempo, come il reduce di guerra e la “nuova donna”.
4. L’uomo e la macchina documenta l’attenzione che molti artisti riservano ai progressi della tecnologia e dell’industria nell’era di Weimar. Se alcuni artisti si mostrano scettici verso la mancanza di umanità di un mondo dominato dalle macchine, altri riconoscono il potere trasformativo della tecnologia e cercano nuovi modi per interpretare il rapporto tra uomo e industria. La fotografia gioca un ruolo di primo piano in questa sezione, non solo in quanto forma d’arte autonoma ma anche in quanto fonte d’ispirazione per pittori come Carl Grossberg, che dipinge interni di fabbriche con precisione fotografica, come in Macchina di cartiera (1934). Altri artisti, per esempio Renger-Patzch, tentano di colmare il divario psicologico tra mondo naturale e mondo industriale evidenziando le analogie strutturali tra le macchine e la botanica.
5. Natura morta e beni di consumo propone un nuovo tipo di natura morta riunendo composizioni meticolosamente allestite che si potrebbero definire ritratti di oggetti. Concentrandosi sul variegato assortimento di oggetti che accompagnano la vita quotidiana, queste immagini presentano le cose come emblemi della modernità e della produzione di massa. Motivi ricorrenti di questa sezione sono i cactus e i ficus, piante “esotiche” assai diffuse nelle case dell’epoca. Tra gli artisti rappresentati nella sezione si trovano Aenne Biermann, Georg Scholz, Albert Renger-Patzsch e Hans Finsler.
Scrive Gabriella Belli – Direttore Fondazione Musei Civici di Venezia
Quando, nel 2009, iniziai a discutere con Michael Govan, direttore del Los Angeles County Museum of Art (LACMA), e con Stephanie Barron, senior curator del Museo e tra i massimi esperti d’arte germanica del XX secolo (a lei dobbiamo la magnifica esposizione Espressionismo tedesco: Arte e società, che si tenne a Palazzo Grassi a Venezia nel 1997-98), la possibilità di un progetto condiviso dedicato alla pittura in Germania al tempo della Repubblica di Weimar, nulla faceva immaginare che nel giro di alcuni anni non solo questo progetto avrebbe preso corpo, affidato proprio all’intelligente curatela scientifica di Stephanie Barron, ma soprattutto che l’esposizione sarebbe stata accolta nelle sale del Museo Correr a Venezia in coincidenza con la mostra dedicata a Henri Rousseau il Doganiere, ospitata a Palazzo Ducale, e con l’inaugurazione della 56a Biennale internazionale d’arte.
Coincidenza forse astrale, ma sicuramente di grande rilievo dal punto di vista del confronto critico, se pensiamo che il ben noto saggio di Franz Roh, Nach-Expressionismus. Magicher Realismus: Probleme der neuesten europäischen Malerei (Lipsia, Klinkhardt & Biermann, 1925; trad. it. Post-espressionismo. Realismo magico: problemi della nuova pittura europea, Napoli, Liguori, 2007), pietra miliare nella storia della Nuova Oggettività in Germania, si apre con l’illustrazione del celeberrimo dipinto di Rousseau Zingara addormentata, eseguito nel 1897 e conservato al Museum of Modern Art di New York. Il particolare realismo del pittore francese, con quella straordinaria capacità di conservare nel suo rapporto con il reale la verginità dello sguardo candido del fanciullo, sembra dunque essere per Franz Roh un esempio o, forse meglio sarebbe dire, il punto di partenza di quel processo storico di spaesamento e di inquietudine, ma anche di distaccato o di ipertrofico rapporto con la realtà, che ormai da alcuni anni era diventato l’ossessivo oggetto della ricerca di numerosi artisti tedeschi presentati sotto l’etichetta Neue Sachlichkeit da Gustav Hartlaub in mostra alla Kunsthalle di Mannheim nello stesso 1925.
Questa rassegna inizia nel 1919 e procede con una ricognizione attenta e perspicace fino all’infausto 1933, indagando attraverso l’arte e le sue forme quel travagliato periodo. Un capitolo della storia tedesca che ci viene raccontato attraverso l’opera di artisti di grande fama, da Max Beckmann a Otto Dix, da George Grosz ad August Sander, da Christian Schad a Georg Schrimpf, ma anche di altri forse meno noti, tutti impegnati nella ricerca di una nuova, urgente risposta al quesito etico che la fine della prima guerra mondiale aveva posto all’arte e al suo ruolo nella società civile.La Nuova Oggettività, con i suoi molti realismi, da quello di denuncia a quello di satira, ora algido e imperturbabile, ora stupefacente e magico, ora tutto dedito alla descrizione della realtà come dettaglio o vista attraverso la lente deformante dell’obiettivo fotografico, fu senza dubbio la più incisiva risposta che gli artisti poterono dare in quel periodo, facendo sentire forte la loro voce e dando degna rappresentazione a quell’ansia di verità che di lì a poco li avrebbe portati a emigrare o a consegnarsi alla ferocia del nazismo.
INFORMAZIONI UTILI
NUOVA OGGETTIVITÀ. Arte in Germania al tempo della Repubblica di Weimar, 1919- 1933
Museo Correr – Secondo Piano, Piazza San Marco. Venezia
Apertura al pubblico
1 maggio 2015
30 agosto 2015
Orari
10.00 – 19.00 (tutti i giorni)
chiusura biglietteria e ultimo accesso 1 ora prima
Informazioni
www.nuovaoggettivitacorrer.it
info@fmcvenezia.it
Call center: 848082000
Vaporetto
Linea 1 o Linea 2 (fermata Vallaresso o San Zaccaria)
La mostra è accompagnata da un catalogo curato da Stephanie Barron e Sabine Eckmann – disponibile in italiano e in inglese.
Biglietti
Il biglietto della mostra consente anche l’ingresso all’esposizione di Jenny Holzer in
Sala delle Quattro Porte
Intero € 12,00
Ridotto € 10,00
ragazzi da 6 a 14 anni; studenti dai 15 ai 25 anni; cittadini over 65; personale
del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per ilTurismo; titolari di Carta
Rolling Venice; titolari Carta Giovani; gruppi (min.15 persone); membri Icom;
soci FAI Convenzionati; soci Touring Club Italiano; clienti Trenitalia (viaggiatori
Frecciargento e Frecciabianca con destinazione Venezia, viaggiatori in possesso
di biglietto internazionale con destinazione Italia, dipendenti del Gruppo FS
e i possessori di Carta Freccia)
Le riduzioni su esibizione di titolo (card o altro) si vendono solo onsite
Ridotto gruppi € 10,00
solo su prenotazione minimo 15 persone
Ridotto speciale € 7,00
possessori di qualsiasi titolo di ingresso per i musei
della FMCV + VeneziaUnica City Pass + MUVE Friend Card
Ridotto scuole € 5,00
la scuola deve presentare lista su carta intestata dell’istituto
Visite fuori orario € 30,00
acquisto minimo 15 biglietti
Gratuito
portatori di handicap con accompagnatore; guide autorizzate della Provincia
di Venezia; interpreti turistici che accompagnino gruppi; accompagnatori (max.
2) di gruppi di ragazzi o studenti; accompagnatori (max. 1) di gruppi di adulti;
Cultivisit Card (max. 3 ospiti); Partner ordinari MUVE.
www.nuovaoggettivitacorrer.it
La mostra è organizzata dal Los Angeles County Museum of Art in collaborazione con la Fondazione Musei Civici di Venezia. La mostra è realizzata con i contributi della Art Mentor Foundation di Lucerna, della Robert Gore Rifkind Foundation, di Philippa Calnan e Suzanne Deal Booth. Un ulteriore contributo è fornito da Margo Leavin e Wendy Stark.