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Non solo Doge. La Venezia dei Re e degli Imperatori è in mostra al Museo Correr

ph. Andrea Avezzú
ph. Andrea Avezzú
Palazzo Reale di Venezia, inserito nel percorso di visita del Museo Correr, con le sue venti stanze magnificamente arredate racconta del soggiorno in città di tre grandi casati: quello di Napoleone Bonaparte, gli Asburgo e infine i Savoia. Uno spaccato di storia e gusto che parte ai primi dell’Ottocento agli anni ’20 del Novecento.

Nella maggior parte dei casi, soprattutto in Italia, siamo così assuefatti dalla nostra eredità storica che capita di non interrogarsi su di essa a sufficienza. In quante delle nostre città abbiamo un Palazzo Reale? In quante un Palazzo Ducale? Ma soprattutto: qual è la differenza? Spesso assorbiamo queste definizioni senza necessariamente ripercorrere il filo che le lega alla storia, fino a tornare al momento in cui il grado o il nome delle dinastie regnanti hanno impresso il loro timbro sulla sede di rappresentanza. Se fossimo più abituati a questo esercizio, visitando Venezia, dovrebbe saltarci subito all’occhio la presenza di un Palazzo Reale. Ma come, cosa ci fa il palazzo del sovrano nel cuore della Serenissima Repubblica? A Venezia c’era il Doge, mica il re, tanto che il Palazzo che spicca è quello Ducale, con la sua centralissima posizione in San Marco.

Ma è proprio lì, a pochi passi, che sorge l’altrettanto magnifico Palazzo Reale, dove ben tre casati si sono succeduti alla guida di Venezia dopo la caduta della Repubblica: Napoleone Bonaparte, gli Asburgo e infine i Savoia. Ciascuno degli occupanti volle risiedere a Venezia in un proprio appartamento, modellato e arredato secondo le proprie passioni e il gusto del momento. Quello che ne è derivato è uno spaccato di storia dell’arte e del costume, dai primi dell’Ottocento agli anni ’20 del Novecento. Da Napoleone, a Francesco Giuseppe e all’Imperatrice Sissi, a Massimiliano d’Asburgo, Imperatore del Messico, a Vittorio Emanuele di Savoia e, via via, sino al Umberto I.

ph. Andrea Avezzú

Gli Appartamenti Reali – che rientrano nel percorso espositivo del Museo Correr, e in particolare occupano il Versante settentrionale del Piano Nobile delle Procuratie Antiche e godono dell’affaccio sui Giardini Reali e sul Bacino dei San Marco – si presentano oggi come un’infilata di 20 stanze, alle cui pareti di alternano raffinate tappezzerie e finestre che si aprono sui canali cittadini. E poi i quadri, il mobilio, le decorazioni che a seconda della corte regnante sono state modificate e integrate.

Dopo la forte impronta “Impero” dell’età napoleonica, impressa soprattutto dall’ornatista Giuseppe Borsato, seguirono nel periodo asburgico tre fasi distinte. Nelle prime due, pur distanziate nel tempo, fu sempre la regia di Borsato a garantire una generale continuità e uniformità stilistica. Con lui collaborarono via via generazioni di valenti pittori veneziani per scene e figurazioni, tra cui anche Giambattista Canal e Francesco Hayez. La prima fase (1815-17) fu di fatto la prosecuzione dei lavori già impostati dai napoleonici; la seconda (1836-38), piuttosto radicale (si rifece ingrandito il Salone da ballo), fu attuata in previsione dell’arrivo dell’Imperatore Ferdinando I, che a Venezia sostò nell’ottobre 1838 tornando da Milano, dove aveva ricevuto la corona di Re del Lombardo-Veneto.

Nel 1853-56, in un clima artistico-culturale ormai radicalmente mutato, una terza fase asburgica ristrutturò vari ambienti in funzione della visita di Stato dei giovani sovrani Francesco Giuseppe ed Elisabetta, “Sissi”, durata trentotto giorni tra il novembre 1856 e il gennaio 1857. Evocative, intime e personali sono la Stanza da studio e il Boudoir dell’Imperatrice. Sissi abiterà nuovamente qui per ben sette mesi tra l’ottobre 1861 e il maggio 1862, quasi mai concedendosi alla presenza pubblica, con il marito “Franzi” che frequentemente la raggiungeva in treno da Vienna.

Contestualmente il fratello dell’Imperatore, l’Arciduca Ferdinando Massimiliano, Viceré del Lombardo-Veneto nel 1857-59, servendosi di giovani artisti veneziani (Giovanni Rossi, Leonardo Gavagnin, Federico Moja e altri) curò con gusto personale decorazioni e arredi del proprio appartamento, pervaso da suggestioni orientaliste (Sala Moresca) e da una lieve misura Biedermeier di tono mitteleuropeo (Sala delle Città dell’Impero e Salotto dell’Aurora).

ph. Andrea Avezzú

Le ultime trasformazioni, limitate solo ad alcune sale, le ultime del percorso, si ebbero con l’arrivo nel 1866 di Casa Savoia, soprattutto per ricavare una nuova camera da letto con salotto e servizi per il Re d’Italia Vittorio Emanuele II. L’appartamento fu poi utilizzato dai sovrani suoi successori, Umberto I e Margherita, Vittorio Emanuele III e Elena, fino al 1920. Un gusto storicista neobarocco piuttosto carico, derivato dal francese stile Napoleone III, connotò allora le decorazioni pittoriche dei soffitti e soprattutto gli arredi, ricchi di intagli esuberanti, di dorature, tappezzerie, passamanerie ecc

Concluso il periodo dei re e degli imperatori, il Palazzo entrò in un periodo di decadenza in cui fu addirittura adibito a ufficio e archivio statale. A partire dal 2000, anni di restauri e rifacimenti, ad opera della Fondazione Musei Civici di Venezia e del Comune di Venezia, hanno riportato gli appartamenti alla sua identità originaria.

ph. Andrea Avezzú

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