Le “Artic Stories” di Evgenia Arbugaeva in mostra presso The Photographers’ Gallery.
Dal 6 novembre 2015 al 16 gennaio 2016 The Photographers’ Gallery di Londra mette in mostra e in vendita “Artic Stories” della fotografa Evgenia Arbugaeva. Sotto questo titolo vengono presentati due diversi progetti realizzati dalla Arbugaeva nella Russia Artica, Tiksi del 2012 e Weather Man del 2014, che riflettono rispettivamente la riscoperta della vita vissuta nella città natale durante l’infanzia e il desiderio di rappresentare quel fascino particolare che le zone artiche hanno esercitato sull’autrice.
Nata in Siberia a Tiksi nel 1985, Evgenia Arbugaeva, fotografa documentarista dal 2009, si trasferisce giovanissima a New York per studiare fotografia senza però mai abbandonare l’idea di ritornare nella sua terra d’origine.
Un’idea così forte da diventare un’ossessione e il centro di una ricerca personale e fotografica che la condurrà ben più lontano di una semplice rivisitazione della memoria. Nel 2010 Evgenia Arbugaeva ritorna a Tiksi, ma quel che trova è un paese in declino in cui tutto è cambiato e niente sembra più collegarsi alla sua infanzia vissuta lì. Tra tutte le fotografie scattate in quell’occasione, soltanto una cattura la sua attenzione. È la foto di una ragazza che lancia dei sassi nell’acqua gelida.
In quella ragazza e in quell’acqua fredda percepisce un significato così profondo da spingerla nel 2012 a ritornare in Siberia per cercarla e conoscerla. Il suo nome è Tanya e, con grande sorpresa, la Arbugaeva scopre che nel cuore di un paese radicalmente mutato è custodita ancora oggi una vita in cui potersi riconoscere. Lo stesso appartamento in cui vivono Tanya e la sua famiglia è molto simile a quello in cui ha vissuto Evgenia.
Il risultato di questa esperienza è una serie di immagini che riprendono diversi luoghi e momenti appartenenti alla vita di Tanya, nelle quali l’autrice riesce a catturare l’eco di quel mondo speciale che viveva da bambina. È un mondo di luce e di stelle, in cui predominano il bianco, il candore delle valli infinite e innevate. I colori sono vivaci e tersi come spianati dal gelo che sembra avvolgere in un alone fiabesco i luoghi e i volti che sfidano il tempo.
Dopo la luce di Tiksi, con il successivo progetto Weather Man, si entra nel buio delle lunghe notti polari. Quest’ultimo lavoro racconta la vita solitaria di Vyacheslav Karotki, un meteorologo di 63 anni che da tredici vive nella stazione di Khodovarika, la più remota e fredda della Siberia Artica.
Da sempre affascinata dalla scelta di queste persone di vivere e lavorare in strutture così isolate, nel 2013 Evgenia Arbugaeva decide di esplorare le numerose stazioni sparse per l’Artico a bordo di una nave rompighiaccio, che fornisce le risorse annuali a questi avamposti. Ne visita ventidue, constatando con sua grande delusione che per la maggior parte si trattava di anonimi edifici moderni privi di fascino.
Finché arriva alla stazione metereologica di Khodovarika, dove il tempo pareva davvero essersi fermato.Il suo unico abitante viveva lì da tredici anni, tra cartine logore, una macchina per il codice morse e un vecchio ritratto di Yuri Gagarin ritagliato da un giornale del 1961. Anche la carta da parati apparteneva a un’altra epoca. Dopo un primo incontro, agli inizi del 2014 Evgenia Arbugaeva vi fa ritorno per raccontare la vita solitaria del metereologo Karotki. Con sè porta in dono delle arance, dello champagne e un uccellino.
Si trattiene due settimane e mezzo, il tempo sufficiente per costruire un racconto intimo e delicato della quotidianità del protagonista. E per scoprire e farci scoprire un uomo perfettamente a suo agio nell’isolamento di quel luogo. Lo si può cogliere in quel formidabile ritratto in cui lo sguardo blu di Karotki è perso in una sorta di contemplazione. I lineamenti sono distesi, s’intravede un sorriso. Come ha affermato la stessa Arbugaeva “Non si sente affatto solo. È come se scomparisse nella tundra, nelle tempeste di neve. Korotki non ha una concezione di sé come la maggior parte delle persone. È come se fosse vento.”
Attraverso uno stile narrativo-documentario Evgenia Arbugaeva dà vita a storie senza tempo.
All’amara constatazione che i cambiamenti sociali hanno intaccato l’immaginario ideale e innocente dell’infanzia, segue la spinta a usare la sua fotografia anche per preservare ciò che il tempo erode. Conducendo l’osservatore alla scoperta di un qualcosa di prezioso che al di là di tutto, resiste.