Dall’astrologia di Marsilio Ficino al talento di Albrecht Dürer: la malinconia come umore fondamentale
“Solamente per ispiratione divina potevano gli huomini intendere che cosa fussi la vera bellezza”
Marsilio Ficino, El libro dell’amore
Melancholia: un tipo particolare di umore. Melancholicus: un tipo particolare di uomo.
Da dove proviene? Che cosa significa? Sin dagli albori del pensiero ci si è interrogati intorno alla specificità di questo fenomeno.
Non è un caso: soprattutto le personalità dotate di spiccato talento artistico e scientifico vivono nella tensione di questo sentire peculiare. Aristotele nei Problemata sosteneva: «Tutti gli uomini straordinari eccellenti nella filosofia, nella politica, nella poesia e nelle arti sono palesemente melanconici». Attenzione, è un dono precario: se non correttamente temperato può condurre a gravi disagi psicologici. L’homo melancholicus esiste proprio tra questi due poli, tra la possibilità di raggiungere la dimensione iperuranica e il rischio di sprofondare nella pazzia.
Astrologia e malinconia. Desidero e oroscopia. Le stelle, gli umori e il talento. Si dovettero attendere parecchi secoli affinché questi temi assumessero una centralità e un’originalità di tutto rilievo nel panorama filosofico-culturale.
Siamo nel 1489, anno in cui viene pubblicato il celebre De vita triplici del filosofo toscano Marsilio Ficino. La sua ricerca speculativa consiste nel tentativo di trovare un’associazione tra il temperamento ambivalente dei nati sotto il pianeta Saturno e la malinconia: era tipico della sua epoca ricollegare le tonalità emotive alla risonanza esercitata dal pianeta-patrono sotto cui si era nati.
“Gli uomini di genio appaiono dotati di temperamento non mercuriale ma saturnino: Saturno dev’essere quindi considerato come il loro pianeta”
R. e M. Wittkower, Nati sotto Saturno
Platone chiamava furor l’amore celeste, l’inesplicabile desiderio che spinge a riconoscere la bellezza divina. Ficino ne El libro dell’amore richiama questa celebre dottrina, per la quale la vista di un bel corpo suscita l’ardente desiderio dello splendore celeste, traendo l’uomo ispirato a uno stato di follia.
E la sensibilità malinconica? Vive dello scacco di questa bramosia, furore acceso e consapevolezza di non poterlo soddisfare. In che modo lo si incarna? Così Timothy Bright ne caratterizzava la peculiare personalità: “Tardo nel passo, taciturno, neghittoso, avverso alla luce e al concorso degli uomini, maggior piacere gli danno la solitudine e l’oscurità”.
“Li uomini di questa excellentia sentono tutti del melancolico”
Ambasciatore ferrare Paulucci su Raffaello
La tradizione vuole che Albrecht Dürer fosse un artista melancholicus, aspetto che si coglie alla perfezione non appena ci si avvicina alla meravigliosa incisione recante il titolo Melencolia I, conservata alla Staatliche Kunsthalle di Karlsruhe. Vi è una figura alata che, assorta nei suoi pensieri, si trova circondata da oggetti propri del mondo alchemico (una bilancia, una clessidra, una campana e così via…).
Perché pare così afflitta in volto? In termini alchemici, è addolorata dall’impossibilità di tramutare il piombo in oro; metaforicamente soffre nello sforzo di trasformare le anime tenebrose in luminose. Possiede questo desiderio mai completamente realizzabile, arde nel voler illuminare il buio recondito dello spirito umano.
Nessuna speranza? Sì, una ve n’è. Se si osserva con maggiore cura, s’intravedono cadere dalla gonna della donna delle chiavi. Ebbene sì, sono le chiavi della conoscenza, unico rimedio alla contraddizione della nostra bramosia.
“li pittori divengono melancolici, perché, volendo imitare, bisogna che ritenghino li fantasmati fissi nell’intelletto, acciò dipoi li esprimeno in quel modo che prima li avevan visti in presenzia”
Trattato di Romano Alberti, segretario della romana Accademia San Luca alla fine del Cinquecento