In sala A Perfect Day di Fernando León De Aranoa, un film che parla di guerra anche se la guerra non si vede mai.
E’ il 1995 “Da qualche parte nei Balcani”. Un uomo dall’imponente stazza è stato gettato all’interno di un pozzo, il corpo ormai gonfio rischia di contaminare irrimediabilmente una delle preziosissime fonti d’acqua scampate alle mine.
I primi venti minuti di A Perfect Day sono spiazzanti. Il film si apre con la telecamera immersa nel pozzo insieme al corpo dell’ignoto “ciccione” che si pone fin da subito come occhio di chi guarda le cose ruotare in un sistema che ha regole precise ed irrazionali.
Queste sono le premesse del nuovo film di Fernando León De Aranoa, autore di documentari d’impegno sociale. A Perfect Day nasce dall’esperienza sul campo del regista e dal libro di Paula Farias, dottoressa per Medici Senza Frontiere, Dejarse llover (“Speriamo che piova”) che racconta di alcuni operatori umanitari impegnati in un paese che sta uscendo dalla sanguinosa guerra dei Balcani.
A Perfect Day quindi racconta le avventure di una Ong impegnata sul campo, formata da Mambru (Benicio Del Toro), l’abile e carismatico leader agli sgoccioli del suo servizio che vorrebbe concludere in fretta il lavoro e tornare finalmente a casa, e B (Tim Robbins) è evidentemente uno che sul campo ci ha passato troppo tempo, tanto che sotto certi aspetti ha perso i propri freni inibitori, l’idealista e alle prime armi Sophie ( Mélanie Thierry) e dall’interprete con il senso dell’umorismo tipico del paese (Fedja Stukan).
Il gruppo si incarica di rimuovere il grosso corpo usato come arma batteriologica e risolvere l’apparentemente semplice compito di trovare una corda. E, in zone abitate e disabitate dalla guerra, un simile oggetto può assumere diversi significati: strumento di morte, icona di patriottismo se usata per issare una bandiera, arma di difesa contro un cane rabbioso e affamato dalla guerra.Presi in mezzo fra la scarsa collaborazione delle persone del luogo e l’ottusità dei comandi militari della NATO, quella che all’inizio poteva sembrare una semplice operazione diventa un’impresa al limite dell’impossibile. Così l’eterogeneo gruppo, a cui nel frattempo si è unita Katya – pezzo grosso dell’organizzazione con la quale Mambru ebbe una storia – decide di agire da solo e di avventurarsi nelle terre di nessuno.
Nel susseguirsi d’incontri, deviazioni e ostacoli ogni personaggio interviene e interagisce con la distruzione compiuta dagli uomoni a cui solo natura può porre qualche rimedio.
Il ritratto delle dinamiche di gruppo è brillante ancorché credibilissimo, rispettoso, sia della tragedia umana che della pagina di storia, segno di una sceneggiatura meditata che prende esempio dai grandi classici del genere come M*A*S*H (1970, Robert Altman).
A Perfect Day èun film che parla di guerra anche se la guerra non si vede mai, almeno non nella sua azione più viva. Nonostante ciò riesce ad essere comunque abbastanza diretto con il giusto equilibrio tra sorriso e riflessione ed anche laddove vince il grottesco o il sarcasmo, non sembrano mai un’aggiunta fine a sé stessa ma una naturale evoluzione di quanto sta accadendo.
Si premiano, inoltre, il cast perfetto e una raffinata scelta della colonna sonora con i Velvet Underground cantati da Lou Reed e Marlene Dietrich con Where have all the flowers gone.