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Non aprire che all’oscuro,la fotografia si fa antropologia

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A Campobasso in esposizione novanta immagini simbolo di una comunità rurale tra ‘800 e ‘900

Fotografia. Fino al 28 febbraio 2016 in esposizione a Campobasso la mostra “Non aprire che all’oscuro – la vita, i sogni, la morte nel mistero della fotografia”. L’esposizione promossa dalla Fondazione Molise Cultura consiste in novanta immagini salvate dall’oblio, selezionate tra millecinquecento lastre fotografiche restaurate e raccontate da Flavio Brunetti, riassume la storia della comunità di Casacalenda (CB) tra il XIX e il XX secolo.

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Un patrimonio di storia collettiva del Molise rurale (ma che potrebbe essere considerato espressione dell’intero mondo contadino italiano), salvato e reinterpretato, attraverso una raffinata analisi antropologica, mediante un catalogo/romanzo scritto dallo stesso artista che ne racconta la genesi, attraverso avvenimenti biografici toccanti, tra cui il ritrovamento, a sorpresa, di una fotografia della madre appena diciassettenne.

Prima di essere un titolo, “Non aprire che all’oscuro” è la raccomandazione incisa sul coperchio delle scatole delle antiche lastre fotografiche al bromuro d’argento. La storia ha inizio quando l’autore, in modo del tutto casuale, si imbatte in due casse, grandi come quelle utilizzate per trasportare le bottiglie di birra, ricolme di scatole di lastre fotografiche e gettate tra le cianfrusaglie di due trovarobe.

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“Fu amore a prima vista – afferma Flavio Brunetti, fotografo, attore, cantautore e autore teatrale – e immediata contrattazione dettata dall’istinto più che dalla ragione. L’ansia di scoprire l’esatta provenienza, il tempo, chi fosse stato il fotografo, culminano nelle fattezze e nell’umanità della società di una paese molisano (ma un paese varrebbe l’altro) nell’arco di tempo compreso tra la fine dell’800 e il 1933. Tutte le lastre, e questa è la fortuna, furono scattate dallo stesso fotografo, Mastrosanti, e da lui tutto il paese si recava ad immortalare la nascita, la crescita, la morte, la partenza per il fronte, il matrimonio, la ricerca del marito, la famiglia, etc. Su quei vetri diventa materia la nostra comunità di un secolo fa che rivive e ancora respira e ancora sogna. Quelle mille e cinquecento lastre documentano un Molise ancestrale quasi primitivo e ciascuna rappresenta una condizione esistenziale che nell’insieme si fa documentazione, storia collettiva e ‘stoffa del sogno’ delle generazioni dei nostri avi. E in quel mondo, che solo apparentemente sia passato e più non esista, la fotografia assume un potere divino, magico, sacrale, quello di ridare la vita, in una sorta di metempsicosi, alla bellezza e alla grazia.”

Nella mostra è presente anche una sala posa dell’epoca realizzata dalla scenografa Marisa Vecchiarelli, con il fondale, gli arnesi, le suppellettili, gli abiti e gli accessori che accompagnavano le fotografie di uomini, donne, bambini che compaiono ripetutamente in molti scatti. Per approfondire il mondo della fotografia è presente una camera oscura perfettamente funzionante che avrà una funzione didattica destinata agli studenti delle scuole che programmeranno le visite guidate. Una sezione, infine, è dedicata alle foto post mortem che venivano scattate secondo l’uso dei tempi.

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La mostra resterà aperta al pubblico sino al 28 febbraio 2016, dal martedì alla domenica dalle ore 10 alle 13 e nel pomeriggio dalle ore 17 alle 20.

Non aprire che all’oscuro – la vita, i sogni, la morte nel mistero della fotografia
Dal 13 gennaio al 28 febbraio 2016
Palazzo GIL
Via Gorizia, Campobasso
Chiuso il lunedì
Tel. 0874 437386
www.nonaprirechealloscuro.it

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