Scultrice, laureata in scenografia Laura Niola appena maggiorenne si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Nella città partenopea e negli ambienti dell’Accademia è viva l’influenza di artisti quali Joseph Beuys, Andy Warhol, Mimmo Paladino, Marina Abramovic e di galleristi del calibro di Lucio Amelio e dello studio Morra.
Scrive il testo critico di Martina Corgnati in Laura Niola. Interrogare le radici, la pubblicazione che Skira le dedica nel 2015 «Recupera addirittura all’insaputa della stessa artista, qualche traccia sottile ma decisiva dell’atmosfera anni Settanta: nelle scelte tecniche e operative, che prediligono l’installazione, e soprattutto nella responsabilità dell’artista nei confronti di un contesto antropologico, sociale e culturale».
Ed è proprio dal contesto sociale e culturale che parte il lavoro della Niola. Nata da genitori legati alla campagna, alla terra, Laura ne respira le promesse al tempo della semina, ne annusa le abitudini nei gesti del padre di cura quotidiana del terreno e delle coltivazioni, nel rito giornaliero di mettersi a tavola con il cibo preparato dalla madre. Ne avverte i limiti quando si sposta a Napoli.
Tutto questo impregna di contenuti le sue opere. Lo si vede nelle installazioni “Domenica ore 15” (vetroresina e sabbia del 2005); “Svestizione” (oggetti e sabbia del 2006) e “Maternità consumata” (2007 in gesso e stracci di iuta). «Qui – sottolinea ancora Martina Corgnati – gli oggetti sono scelti in base ad una valenza affettiva e sono capaci di convogliare connotazioni socialmente riconoscibili».
Nelle opere successive sia la ripetitività che la relazione con il cibo, derivato dei prodotti della terra e trasformato dalle tecniche culinarie per essere sostanza da ingurgitare per sopravvivere e crescere, diventa dirompente. “Teng l’uocchie ‘nguoll” scultura del 2009 in gommapiuma, sigillante e plastica, “Ti sto guardando” installazione del 2010 di oggetti, vetro e vetroresina, “Creazione e ammonizione” scultura del 2010 in terracotta, le installazioni “Ti/mi guardo” del 2012 in legno, specchio e pasta di legno e “Terra mia” del 2015 in gesso e alluminio, rientrano tutte in un processo di rielaborazione delle radici dell’artista, la componente fondante delle opere sembra essere l’insicurezza e il giudizio dell’altro.
«All’Accademia – racconta Laura Niola – mostravo i miei disegni solo ai docenti. Ero convinta di non essere affatto brava e mi sorprendevo quando qualcuno apprezzava ciò che realizzavo”. Un’insicurezza che Niola ha continuato ad provare anche da laureata in scenografia. «Non mi sentivo certa in nulla, tantomeno nel fare l’artista. I miei riferimenti erano e sono Michelangelo, Caravaggio, Jean-Michel Basquiat, Louise Bourgeois. Chi ero, chi sono, al confronto?»
La paura del giudizio impregna le sue opere. «Ho dato vita ai piccoli mostri che erano in me. Ho dato corpo alle mie nevrosi. Oggi posso dire di aver intrapreso un percorso di individualità e ricerca artistica ed un giorno, molto lontano spero, se avrò saputo esprimere qualcosa, allora sarò riconosciuta».
Laura Niola usa anche la performance come espressione artistica. Il suo corpo e quello delle persone a lei vicine diventano simbolo. Di queste performance esistono tracce nelle fotografie e video realizzati durante l’evento performativo. L’elemento femminile è pregnante. In “Rinascita”, installazione del 2010 in oggetti e code di pesce, comincia ad avvertirsi un risveglio, un ribaltamento del senso della semina e di ciò che produce, un recupero della cultura contadina.
In “Nemesi”, l’artista è sola e nuda in posizione fetale, è l’estrema sintesi di vita e morte insieme. «Riconsegnata al nero della terra – scrive ancora Martina Corgnati -. E non è un caso che immagini simili siano state adottate da molte performer […]. Si potrebbe pensare che si tratti di un passaggio necessario [a molte artiste] perché il corpo possa poi riaffermarsi, possa uscire allo scoperto sul palcoscenico della rappresentazione artistica e della rappresentazione estetica».
Questo risveglio si riproduce in “Di madre in figlia” performance del 2010 dove la tradizione diventa l’azione trasmissiva tra generazioni di donne. Di nuovo l’elemento femminile della cura e della crescita compare con un’accezione positiva. Per confluire nella performance del 2015 “I am a woman” dove l’elemento femminile diventa motivo di riflessione comune sui concetti di oggetto e violenza. Qui Laura Niola si è già staccata dalla riflessione introspettiva, ha rielaborato i suoi “piccoli mostri” in quanto come lei stessa dice “il mostro è tale fino a quando non lo si riconosce e conosce”, e sposta il suo sguardo verso una riflessione che appartiene a tutte le donne, a tutta l’umanità.
Questo spostamento di visuale pone il seme dell’ultimo lavoro di Laura Niola. Un’opera che sarà presentata a Napoli nella personale “SEMENZE” al Castel dell’Ovo nella Sala Carceri dal 22 aprile prossimo. Un’opera dove la riflessione dell’artista appartiene a tutti, in particolare alla relazione tra l’essere umano e la Terra, il pianeta su cui viviamo.
«Fino al penultimo lavoro, – racconta Laura Niola – nella mia mente si produceva un’immagine che dovevo realizzare. Da lì partiva la ricerca dei materiali e la soluzione di questioni tecniche per produrla. Con quest’ultimo lavoro cambia la fonte di ispirazione in quanto tutto è partito dal titolo di un libro che, incuriosita, ho acquistato circa un anno fa. Le cinque equazioni che hanno cambiato il mondo, racconta quanto nella pratica quotidiana sia cambiata la nostra vita grazie a scoperte come la forza di gravità di Isaac Newton o la teoria della relatività di Albert Einstein. In effetti, però, il libro parla di intuizione, quella che coglie la mente e l’animo degli scienziati, e di casualità. L’intuizione è proprio ciò che spinge un artista ad agire e a produrre un’opera e questa connessione tra arte e sapere umano, scienza, mi ha colpita tantissimo».
Realizzata con una gestazione di circa un anno, l’opera è un insieme di tavolette in cemento di dimensioni di circa 25 centimetri per 50. Ognuna di esse, interdipendente alle altre proprio come le tavole degli elementi, contiene disegni, formule, colori e semi. «Avverto la responsabilità dell’agire umano verso il pianeta Terra. Questo corpo celeste è regolato da leggi, svelate dagli scienziati, che andrebbero rispettate. La Terra, andrebbe trattata con maggior attenzione». L’opera interseca in questo modo le tendenze artistiche contemporanee che vedono al centro della propria ricerca estetica, il benessere degli ecosistemi (Helen Mayer Harrison e Newton Harrison) o l’ambiente e il suo funzionamento (Alan Sonfist) o ancora l’etica artistica come contributo per la ricerca di nuove idee e soluzioni per uno sviluppo sostenibile (collettivo Superflex).
Laura Niola vive la positività dell’elemento terra, creativo e nutritivo, e la consapevolezza che l’agire umano è il fondamento della cura della Terra stessa. «Le leggi della natura non vanno manipolate – continua l’artista – l’equilibrio va preservato. E’ importante chiedersi dove l’umanità sta andando e soprattutto come ci sta andando. Le comunità che vivono in unione con la natura, danno significato a simboli e gesti e segni. E’ di uso comune tra queste popolazioni vivere in simbiosi con la natura e utilizzarne i doni con cui dipingono il proprio corpo. Ogni segno ha un significato in relazione al gruppo in cui vivono e alla terra. Così ispirata da questi disegni e dai loro significati ho avvertito la necessità di utilizzare il colore e ho abbandonato ogni paura. E poi ho avvertito il bisogno di inserire un seme, di frutta, legumi o cereali, in ogni tavoletta. Il seme rappresenta la prosperità, la trasmissione, la vita, la cura ed in questa installazione diventa l’invito a riprendere insieme il cammino di simbiosi e rispetto verso la terra, farlo germogliare e crescere».
Una serie di tavole quelle realizzate da Laura Niola, che ricordano appunto le tavole degli elementi che, come un albero che si ramifica, rappresentano il percorso dell’evoluzione del pensiero umano e del pensiero che si trasforma in gesto e azioni. «Ogni tassello, è al contempo unico ed interconnesso con gli altri. Ma, tutti insieme, contribuiscono all’equilibrio dell’elemento stesso». E il seme diventa l’emblema del ciclo della vita, il simbolo della cura e dell’attenzione verso ciò che ci è attorno, l’emblema della preziosità custodita in un piccolissimo elemento esso stesso creazione.
Il seme diventa la rinascita reale per Laura Niola e il positivo della vita che troverà spazio ed espressione nella prima personale al Castel dell’Ovo il 22 aprile 2016.