Cascano le vesti della Bagnante (1846) di Puttinati e della penitente Maddalena (1794-96) di Canova sotto le lacrime scolpite sul viso. Scivola la spallina alla Preghiera del mattino (1846) di Vela ispirata alla Malinconia (1840-41) di Hayez: la giovane patria, bella e perduta. Corrispondenze languide e innocenti di gesso, marmo e olio che danzano per le Gallerie d’Italia di Milano come gli sguardi delle fanciulle alle pareti di Hayez: la Desolazione di Vela (1850) con seno in bella essenza, la Meditazione di Hayez (1850-51) dello stesso anno: stessa posa, stesso seno, stesso fissarci ingenuo e calamitante, stesso significato allegorico: la rappresentazione dell’Italia dolente seguita al dramma del 1848-49. “Ella guarda, Ella tace, ma guardando e tacendo Ella parla”.
Si diverte Hayez, a far scivolare spalline e spogliare fanciulle per porle al Risorgimento farcendo la bellezza di storia. “Giovani” metafore ed emblemi di un’epoca di attese e inquietudini di cui l’artista veneziano, con Verdi e Manzoni, è stato il maggior interprete contribuendo a costruire l’unità culturale del nostro Paese, prima ancora di quella politica. Archiviate frigidità neoclassiche, lasciando “il buono stile accademico agli amatori degli sbadigli”, sotto con Maddalene, Betsabee, figlie di Lot e Veneri ignude, vedi quella ingresiana (1830) “che scherza con due colombe”, dalla fisionomia non più idealizzata-omerica: “lombarda, anzi che frigia o trojana“, dove il ditino che sorregge uno dei candidi pennuti è lo stesso che va al mento della Danzatrice (1809, in mostra) di Canova di vent’anni prima, “ricordo” di un Cupido di gioventù (1817). Affinata dal vivo e dal vero la sua “gioia” si darà qualche anno più tardi alle Odalische e alle Bagnanti, abbandonandosi a provocazioni naturalistiche (vedo non vedo o vedo tutto) per poi passare alle carnali e meditabonde eroine bibliche in tutte le loro sacre membra e fattezze: Rebecca, Ruth, Tamar di Giuda, assorte e lontane nella loro nudità. Un mix “ideale” (e naturale) di Veneri tizianesche, dolcezze raffaellesche e levigati incarnati emiliani di Sibille e Cleopatre di Reni, Domenichino e Carracci, con un eco mai dimenticato della “vera carne” dei nudi marmorei dell’amato Canova.
Nudità che non stancano mai e si lasciano osservare lentamente. Nudi che esplicitano la sua indole libertina: famosa la sua collezione di fanciulle e relativa impressione più o meno erotica, più o meno pornografica di movenze e valenze nel suo letto e nel suo studio. Tutto documentato con dovizia di particolari a colpi di pennello dal veneto artista. Ultima la riscoperta di una “sconvolgente” serie di disegni licenziosi cui affidò la cronaca incandescente delle sue prodezze amatorie. Caro e romantico Hayez…
Emblematiche le parole di Massimo d’Azeglio, in merito alla decantanta “potenza sensuale”, quando nel 1837 poté vedere il cartone preparatorio per la decorazione ad affresco della volta della Sala delle Cariatidi (polverizzata dagli inglesi nel ’43): un Allegoria di stampo politico composta e raffigurata da numerose fanciulle… “trasformazione di tante idee metafisiche come sarebbe la Gloria, la Memoria, la Fedeltà, la Clemenza, l’Immortalità, in altrettanto belle ragazzotte di bella e buona carne, che se avessero ancora di giunta il dono di muoversi o d’essere vive, farebbero venir voglia a più d’uno di studiar le cose metafisiche“.
Ma non fu solo cantore di nudità femminili e sensualità più o meno sfumate. Genio versatile fu Francesco Hayez. Questa completa monografica (un centinaio le opere, fino al 21 febbraio 2016) ne celebra l’ampio respiro iconografico e tematico come non se ne vedeva da tempo (1983: ultima apparizione importante a Palazzo Reale). Una grande mostra sia a livello quantitativo che qualitativo (con un catalogo preciso e ricchissimo) che mette cronologicamente a nudo Hayez come lui fece con le sue eroine bibliche.
Gli esordi d’obbligo (e stucchevoli) neoclassici, la maturità e l’indipendenza entrando nel cuore del secolo sposando e affermando l’ideale romantico. I passaggi di Roma e Venezia e la consacrazione meneghina. Gli anni Venti e Trenta: la trasposizione dei moduli canoviani nella dimensione romantica del confronto sul vero del modello reale o di Tiziano. Spazio alla mitologia romantica fatta da Giulietta e Romeo (che con il piedino che punta l’amato anticipa di trent’anni il celebre Bacio), Maria Stuarda, Valenza Gradenigo, Caterina Cornaro. Attori della scenografia messa in piedi da Hayez incastonati e “posati” tra i fasti dell’antica Repubblica: una complessa orchestrazione compositiva che miscela “i pensamenti dell’animo” impressi sulle fronti dei personaggi, ai ricercati costumi veneziani – stoffe, ricami e panneggi, la “cadenza delle pieghe delle vesti che sembrano accartocciarsi sui corpi” – entro architetture ed ispirazioni gotiche.
Pittura storica che profuma di melodramma, pittura romantica e nazionale dove si catalizzano anche tensioni politiche. Hayez, celebratore della bellezza, dell’amore e dei valori risorgimentali (e universali) senza troppo lasciarsi a retorica e manierismi. Ma Hayez è anche pittura religiosa (splendido il Crocifisso del Diocesano, 1825-27, con la Maddalena – singolarmente sola – che teneramente avvolge nei capelli il piede di Cristo, mentre con l’altra mano si sorregge e abbraccia la croce); ritrattistica (nei quali ogni tanto l’artista sbuca dalla tela); mitologia; temi biblici e orientalisti.
E poi c’è ovviamente il Bacio in triplice veste e versione in una parete completamente dedicata. Prima volta tutti in fila a farsi sbranare da occhi “innamorati” e da cellulari adoranti. Icona immortale quanto mai banalizzata tra filate di zucchero e melasse di retorica che a braccetto coi languidi trionfi di seducente innocenza, consacra Francesco Hayez tra i grandissimi dell’Ottocento. Unico nel panorama del Romanticismo italiano ed europeo.
L’osservatore straniero abituato a pensare l’Italia ottocentesca come la “terra dei morti”, ormai decadente e priva di genio, non aveva fatto i conti con Hayez.
Hayez, La Vergine addolorata con gli Angioli e i segni della Passione, 1842 (particolare). Foto: Sofia Bersanelli
Hayez, Malinconia, 1840-41. Foto: Sofia Bersanelli
Hayez, Rebecca al Pozzo, 1848. Foto: Sofia Bersanelli
Hayez, Rebecca al Pozzo, 1848 / Un vaso di fiori sulla finestra di un harem, 1881. Foto: Sofia Bersanelli
Hayez, Accusa segreta, 1847-48. Foto: Sofia Bersanelli
Hayez, Ritratto della contessina Morosini, 1858 / Ritratto del nobile Giulio Vigoni bambino, 1842. Foto: Sofia Bersanelli
Vela, La Preghiera del Mattino, 1846 (particolare). Foto: Sofia Bersanelli
Hayez, I Vespri siciliani, 1844-46 / Betsabea al bagno, 1834. Foto: Sofia Bersanelli
Articolo scritto a quattro mani da Sofia Bersanelli (autrice di tutte le fotografie) e Luca Zuccala ©
La prima immagine dell’articolo è una composizione di “Hayez, Rebecca al Pozzo, 1848” + “Hayez, Malinconia, 1840-41” + “Hayez, I due Foscari, 1838-40”. Foto: Sofia Bersanelli ©
Hayez, Il bacio, 1867. Foto: Sofia Bersanelli
Hayez, Il bacio (1861, 1859, 1867). Foto: Sofia Bersanelli
Hayez, Il bacio, 1861. Foto: Sofia Bersanelli
INFORMAZIONI UTILI
HAYEZ
Milano, Gallerie d’Italia – Piazza Scala
7 novembre 2015 – 21 febbraio 2016
Mostra a cura di Fernando Mazzocca
Apertura: chiuso lunedì; dal martedì alla domenica, ore 9.30 – 19.30, giovedì ore 9.30 – 22.30
Informazioni
numero verde 800167619; info@gallerieditalia.com; www.gallerieditalia.com
Biglietto
intero 10 euro, ridotto 8 euro, ridottissimo 5 euro.