Nelle splendide sale della Galleria del Cembalo a Roma sarà possibile visitare fino al 9 aprile la mostra Atlas Italiae della fotografa Silvia Camporesi.
Nata a Forlì nel 1973, dove vive e lavora, Silvia Camporesi si avvicina alla fotografia dopo la laurea in filosofia. Sin dagli esordi si è cimentata in molti lavori ispirati alla letteratura, alla vita reale e alla pittura come Le città del pensiero, Ofelia, Una stanza per Boldini, mentre in questi ultimi anni ha incentrato la sua ricerca fotografica sul paesaggio italiano.
Atlas Italiae è un progetto nato intorno al 2013, quando grazie a un crowdfunding cui hanno aderito diversi collezionisti, la fotografa forlivese intraprende un viaggio che la conduce, nell’arco di un anno e mezzo, a percorrere tutte le regioni d’Italia alla scoperta di luoghi e edifici abbandonati.
>> Seguendo le tracce di un paesaggio in bilico tra il passato che persiste attraverso le rovine e il futuro che potrebbe sradicarlo del tutto, con Atlas Italiae Silvia Camporesi compone un toccante atlante poetico della memoria e di quel che resta di un’Italia celata sotto le vesti dell’abbandono.
Le immagini presentate sono suddivise tra stampe di grande formato a colori e stampe di piccolo formato in bianco e nero. Queste ultime appaiono in realtà a colori poiché colorate a mano dall’autrice, con l’intento di restituire mediante tale gesto l’identità perduta dei luoghi. Un gesto che parimenti si coglie nella serie di fotografie lavorate con la tecnica del Kirigami ( arte orientale di intaglio e piegatura della carta per ottenere forme tridimensionali a partire da un unico foglio, senza asportare pezzi), la cui espressione tridimensionale sembra volta a ridare corpo e vita agli ambienti rappresentati. I borghi disabitati, le stanze dagli intonachi sgretolati, le strutture architettoniche fatiscenti oramai un tutt’uno con la vegetazione, gli oggetti e gli utensili quasi intatti in mezzo alle polverose rovine sono colti nel loro esistere infragilito dal tempo eppure ancora vitale. Ciò che infatti traspare dalle fotografie dell’artista è l’anima dei questi luoghi, le loro memorie e la loro storia. Spingendosi oltre il dato meramente documentario, Silvia Camporesi ha liberato gli stessi dalle sembianze di luoghi fantasma restituendoli ai nostri occhi più vivi e più forti di qualsiasi oblio. Sono tante le immagini in mostra capaci di catturare emozionalmente lo spettatore, da quelle che ritraggono l’ex manicomio dell’Osservanza di Imola a quelle che mostrano singoli oggetti che sembrano essere stati dismessi di recente, tutte in grado di introdurci in una realtà estrema tesa nel conflitto tra quello che è stato e ciò che ancora esiste e che diventa altro, attimo dopo attimo. La vegetazione si allunga sulle facciate, invade gli interni cambiando il volto degli edifici che però interiormente rimangono gli stessi con la loro storia che continua a echeggiare dalle loro mura; la muffa ricopre le pareti, ma ancora la luce ci restituisce il loro biancore immacolato senza perdere il filo con il passato, lo stesso che ancora potrebbe fare squillare quel telefono blu ricoperto di polvere. Quasi basterebbe ripulirlo per sentirlo risuonare come prima. Visitare la mostra Atlas Italiae è come vivere un estatico abbandono che serba il fascino del presente e il mistero del futuro. Una mostra da non perdere.