Si spengono i riflettori su FilmForum Festival. L’appuntamento annuale con il cinema si riconferma uno dei più prestigiosi a livello internazionale, imperdibile per cinefili e studiosi. Giunto alla 23esima edizione, cosa ci lascia in eredità? Sette intense giornate dedicate alla Settima Arte, alla Decima Musa, al più fantasmagorico degli spettacoli.
Tra il 9 e il 15 marzo Gorizia ha preso vita, animata da un vivace palinsesto di eventi coordinato dal professor Leonardo Quaresima e dal ricercatore Federico Zecca e promosso dall’Università di Udine con l’Associazione Lent e un partenariato di atenei, dall’Université de Montréal all’Università di Postdam, passando per l’Università di Malta e la Sorbonne Nouvelle – Parigi 3.
Due i momenti in cui si è articolata la kermesse: il convegno dedicato a Una storia del cinema senza nomi, dove esperti provenienti da tutto il mondo hanno esposto i risultati di un ambizioso progetto di rivisitazione della storia del cinema inaugurato già nella scorsa edizione, e la Spring School dal titolo Bodifications – Mapping the Body in Media Culture. Tecnologie e rappresentazioni mediali producono discorsi, repertori, iconografie, contribuendo alla (ri)definizione del corpo nell’immaginario culturale e scientifico. Come è cambiato il nostro modo di guardare al corpo negli ultimi due secoli? Dall’archeologia filmica alle arti visive contemporanee, dalla frontiera digitale del Post-Cinema ai Porn Studies, il panorama è ampio e le risposte molte.
Ai blocchi di partenza lo psicanalista Pierre Bayard, noto per il bestseller Come parlare di un libro senza averlo mai letto, e il filosofo Maurizio Ferraris, autore di un testo fondamentale del pensiero contemporaneo come il Manifesto del Nuovo Realismo, che ha proseguito la riflessione iniziata con la pubblicazione de La Fidanzata Automatica (2007), l’opera d’arte come “compagna inanimata” capace di corrispondere i nostri sentimenti.
Protagonista indiscusso il premio Oscar alla carriera Kevin Brownlow, uno dei più autorevoli storici e documentaristi: “la storia del cinema in persona”, per dirla con Martin Scorsese. Pioniere del restauro cinematografico, racconta con emozione la sua vita dedicata alla ricostruzione del leggendario Napoléon vu par Abel Gance, un’epopea che ha assunto nel tempo toni leggendari quanto la sua realizzazione.
Il mio primo incontro con il film risale a quando andavo a scuola. Vidi due rulli di pellicola con il mio proiettore amatoriale a 9,5 mm e rimasi affascinato dal suo senso cinematografico: non avevo mai visto niente di simile e mi ripromisi di trovare altro materiale del film e sul film.
Un lavoro culminato nel ritrovamento dell’episodio dell’infanzia di Napoleone a Brienne e nel ripristino dei tre schermi per le sequenze finali. Il 1980 fu l’anno della prima proiezione con orchestra dal vivo all’Empire Theatre di Leicester Square a Londra.
Prima dello spettacolo eravamo tutti nervosissimi. Che diritto avevamo di aspettarci che il pubblico rimanesse seduto per ben cinque ore a guardare un vecchio film muto? E in effetti il pubblico non restò seduto; si alzò in piedi ed esplose in un applauso senza fine. È stato il momento più commovente che abbia mai vissuto in un cinematografo.
(Kevin Brownlow, Come Gance ha realizzato Napoléon, Il Castoro, Milano, 2002)
È Brownlow ad aver dato il via alle proiezioni serali con le sue Hollywood Series, serie televisiva del 1980 narrata dal celebre attore James Mason in cui si ripercorre l’avventura statunitense, dall’epoca dei penny arcade al primo film sonoro.
Giovedì 10 marzo, invece, occhi puntati sui cineasti sperimentali Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi che, dopo la retrospettiva al Centre Pompidou di Parigi, hanno presentato in prima assoluta per l’Italia i risultati del restauro condotto dai laboratori de La Camera Ottica di Gorizia sui loro Film Profumati. Realizzati negli anni settanta, all’inizio del loro sodalizio artistico e affettivo, questi brevi percorsi visivi interagiscono con l’emanazione di odori e profumi – catalizzatori di ricordi – in un’idea di “cinema espanso” tra arte ambientale e performance. Minuziosi collezionisti della memoria del mondo, in Oh! Uomo (2004) recuperano materiali d’archivio risalenti alla prima metà del Novecento per lavorare sulla sostanza fisica delle immagini e sulla loro ambivalente verità. Menomazioni, cecità, amputazioni: davanti all’obiettivo sfilano corpi che recano impressa nella carne la violenza della guerra. È il desolante catalogo di un’umanità deforme, estranea alle narrazioni ufficiali che celebrano i soli caduti.
Dai “fantasmi” dello scorso secolo che abitano il cinema della coppia agli zombie di Bernard Perron, docente dell’Università di Montréal e massimo esperto mondiale di videogiochi horror. Tra i “big” di questa edizione anche la fondatrice degli studi sul porno, Linda Williams, che alla fine degli anni ’80 con il suo libro Hard Core: Power, Pleasure, and the “Frenzy of the Visible” è stata in assoluto la prima studiosa ad indagare la pornografia come forma culturale, e Laura U. Marks, acuta osservatrice della media art nell’era digitale e fautrice di una teoria multisensoriale del cinema.
A coinvolgere tutti i sensi è Guillaume Arsenault. In anteprima italiana l’eclettico artista canadese ha costruito in tempo reale un’installazione audiovisiva a pedali. Una bicicletta e uno schermo, collegati da un complesso sistema di sensori, per far germogliare una fantasia cinetica di immagini e suoni.
È poi il turno delle serate in collaborazione con l’associazione bolognese Home Movies – Archivio Internazionale del Film di Famiglia, dall’omaggio al regista sperimentale Boris Lehmann a Miss Cinema – Archivio Mossina: i provini per lo schermo girati tra il 1942 e il 1952 dalle partecipanti a concorsi di bellezza o aspiranti attrici, un ritratto collettivo dell’Italia dell’epoca.
La proiezione di Performing the Border e Writing Desire, opere di stringente attualità della video maker e saggista svizzera Ursula Biemann sui temi della migrazione e della tecnologia in relazione all’apparteneneza di genere, ha anticipato gli interventi di Jack Halberstam e Jackie Stacey. La docente inglese, titolare di alcuni dei più importanti studi sulla spettatorialità femminile e il cosiddetto cinema queer, ha concentrato il suo intervento su un’icona cinematografica “fuori dai generi” come l’attrice Tilda Swinton, protagonista dell’Orlando di Sally Potter, tratto dall’omonimo romanzo di Virginia Woolf.
Chiude il festival il docente dell’Università di Los Angeles Erkki Huhtamo, “archeologo dei media” e tra i principali animatori di un filone di studi che va via via interessando sempre più la ricerca accademica internazionale. Dall’orizzonte storico dell’audiovisivo al futuro di FilmForum: cosa ci riserverà il prossimo anno?
INFORMAZIONI UTILI
filmforum / 2016
Gorizia, 9-15 marzo
XXIII Udine International Film Studies Conference
A History of Cinema Without Names II
XIV MAGIS – Gorizia International Film Studies Spring School
Bodifications: Mapping the Body in Media Cultures