26 novembre 2016,
Camden,
Londra.
Qui giace il punk.
Messo al rogo per volontà della regina Elisabetta
Secondo Artnet, il 2016 è destinato ad entrare nella storia della musica come l’anno della morte definitiva del punk. A lanciare il grido disperato della fine di un’epoca, Joseph Corre, figlio di Vivienne Westwood e dell’impresario dei Sex Pistols Malcolm McLaren, che ha annunciato di voler dar fuoco alla sua intera collezione di cimeli punk, di un valore di circa 5 milioni di sterline.
La data del grande falò è già stata fissata. Il prossimo 26 novembre, in occasione del 40° anniversario della pubblicazione del mitico singolo Anarchy dei Sex Pistols, a Camden, noto quartiere di Londra, culla della cultura underground, andranno in fumo i simboli di un’epoca.
Secondo quanto comunicato da Joseph Corre, proprietario della linea di lingerie Agent Provocateur e attivista politico e ambientale, l’iniziativa nasce per scuotere le coscenze dei londinesi e contrastare le politiche pubbliche messa in atto dall’anziana regina Elisabetta. Un gesto, questo, che non punta il dito solo contro la monarchia ma anche contro le istituzioni culturali della metropoli come il British Film Institute, la British Library, il Design Museum, l’ ICA, il Museum of London, la Photographers ‘Gallery e tutti coloro i quali hanno accettato i fondi statali stanziati per la celebrazioni del 40 ° anniversario del punk.
«Quando ho sentito la regina parlare di punk, quando ha consacrato questo 2016 come l’anno del punk, ho capito che per il genere era davvero finita. Non si può parlare di cultura alternativa, di punk e accettare finanziamenti dallo Stato o da società mainstream. Il punk non potrà mai essere cimelio da museo. Il punk è la rappresentazione di un’epoca e della forza di quelli che hanno saputo salvare la società dall’omologazione imposta dal sistema. E’ ridicolo quello che la Regina Elisabetta sta cercando di fare! Mi sembra che i londinesi abbiano smesso di lottare per ciò in cui credevano… Abbiamo bisogno di far esplodere tutta questa merda un’altra volta» (Joseph Corre)