Impossibile non notare a Roma la possente mole di Castel Sant’Angelo quando si passeggia lungo il Tevere: svetta infatti in tutta la sua imponenza a ridosso del fiume, non lontano dalla Basilica di San Pietro. Tra i grandiosi monumenti della Capitale, Castel Sant’Angelo è in assoluto uno dei più longevi e la sua storia, con tutte le sue trasformazioni durante i secoli, copre quasi 2.000 anni.
Tutto ha inizio nel 123 d.C., quando l’imperatore Adriano decide di far costruire un nuovo mausoleo destinato ad accogliere le proprie spoglie e quella di tutta la famiglia, anche se poi, di fatto, fu utilizzato come luogo di sepoltura anche dai suoi successori, almeno fino a Caracalla. Il mausoleo aveva una pianta circolare ed era circondato da un grande recinto esterno rettangolare. Una volta entrati, tramite le famose rampe elicoidale e diametrale, è possibile ancora oggi raggiungere la Sala delle Urne, la camera di sepoltura destinata alla famiglia imperiale, e su una parete è possibile scorgere una lapide marmorea con una poesia in latino composta dallo stesso Adriano e dedicata alla propria anima: “Piccola anima smarrita e soave, compagna ed ospite del corpo, ora t’appresti a scendere in luoghi incolori, ardui e spogli, ove non avrai più gli svaghi consueti”. Il monumento nel III secolo d.C. finì per essere inglobato nelle Mura Aureliane, venendo di fatto incluso nel sistema difensivo della città. Conteso dalle più ricche e potenti famiglie, iniziò la sua lenta trasformazione in castello/fortezza, divenendo poi possedimento di papa Niccolò III Orsini, che realizzò nel 1277 circa, il celebre Passetto di Borgo, un lungo corridoio coperto ricavato all’interno delle mura, collegando così direttamente il palazzo papale di San Pietro al Castello.
Una data particolarmente importante per la storia del castello è il 1367, quando le chiavi dell’edificio vennero consegnate a papa Urbano V, per sollecitare il rientro della Curia a Roma dall’esilio avignonese. Da questo momento in poi, il monumento legò fortemente la propria sorte a quella dei pontefici, che lo adattarono come residenza in cui rifugiarsi nei momenti di pericolo. E fu così che a partire dalla metà del 1400, molti furono i papi che si dedicarono alla sua trasformazione da fortezza militare ad elegante palazzo residenziale, con sontuosi appartamenti pomposamente decorati. Tra i papi che più si spesero nel suo rifacimento vi furono Alessandro VI Borgia che chiamò a lavorare il Pinturicchio, papa Giulio II della Rovere e Paolo III Farnese. Di queste meraviglie oggi possiamo ammirare la splendida Loggia che si affaccia su Ponte Sant’Angelo e le ricche sale degli appartamenti privati interamente decorati ad affresco da un gruppo di pittori legati alla scuola di Raffaello.
Il Castello però non fu solo mausoleo, fortezza ed elegante residenza papale, ma fu anche e soprattutto un carcere severissimo. Le cosiddette Prigioni Storiche infatti, una serie di ambienti sotterranei terribili, umidi e molto scomodi, la cui realizzazione si deve probabilmente ad Alessandro VI, ospitarono molti personaggi sventurati, tra cui Benvenuto Cellini, che sembra si lamentasse molto dell’oscurità, delle tarantole e dei vermi velenosi presenti nella sua cella.
I condannati venivano condotti al Castello per essere giudicati nella Sala della Giustizia e, se ritenuti colpevoli del reato per cui erano stati arrestati, dopo la prigionia, vi era l’esecuzione capitale che poteva avvenire nel Cortile delle Fucilazioni oppure nel piazzale antistante il castello, davanti a una folla numerosa di persone. Tra le esecuzioni più celebri di cui si ha ricordo, vi è certamente quella della giovane Beatrice Cenci, una nobile fanciulla romana che insieme alla matrigna e ai fratelli, grazie all’aiuto di due sicari, uccise il proprio padre, uomo spregevole e violento, ma assai potente e per questo mai punito. Fu proprio nel piazzale davanti al castello che la mattina dell’11 Settembre 1599, Beatrice fu giustiziata davanti ad una piazza gremita di gente. Sembra che tra i presenti vi fosse anche Caravaggio, che tanto rimase turbato dall’immagine della decapitazione. Un consiglio per rendere la visita indimenticabile è salire fino alla Terrazza dell’Angelo, da cui si gode uno degli affacci più belli e suggestivi di tutta la città. La terrazza è così chiamata perché sulla sua sommità svetta una statua in bronzo dell’angelo Michele realizzata da Peter Anton Verschaffelt nel 1752 per volere di papa Benedetto XIV, in occasione del Giubileo del 1750. Fu proprio questo inoltre lo scenario delle famigerate “Girandole” (come le definì Michelangelo), i fuochi pirotecnici noti in tutta Europa fin dalla fine del XV secolo – e che ancora oggi colorano il cielo di Roma la sera del 29 Giugno – e dell’opera tragica de “La Tosca” , la donna che si getta nel vuoto, dopo aver appreso che il suo amato, rinchiuso nelle prigioni del Castello, era da poco stato giustiziato.
Ma perché un castello dedicato ad un angelo? Il tutto si deve ad un evento miracoloso: si racconta che nel 590 una grave pestilenza colpì la città e San Gregorio Magno decise così di organizzare una processione per chiedere al Signore la fine del terribile flagello. Giunti all’altezza del Castello, apparve al papa, proprio sulla sommità della Mole, l’Arcangelo Michele che ringuainava la spada, annunciando così la fine della malattia. E fu così quindi che il mausoleo/fortezza cambiò il proprio nome, divenendo Castel Sant’Angelo.
Approfondimento a cura di L’Asino d’Oro Associazione Culturale, che organizza visite guidate e passeggiate per andare alla scoperta di Roma con archeologi e guide turistiche abilitate della Provincia. ì