The Boy, cinema horror tra bambole di porcellana e regole, da rispettare e da infrangere.
«Impara a rispettare le regole»
Potrebbe esserci questo messaggio elementare dietro alle lunghe inquadrature che conducono nel mondo di The Boy, l’ultimo film del regista William Wrent Bell (L’altra faccia del diavolo – The Devil Inside, 2012). Il film uscito nelle sale italiane giovedì 12 maggio (il primo trailer del film, pubblicato il 14 ottobre 2015, ha superato in poco tempo le cinque milioni di visualizzazioni) ma presentato la settimana precedente in anteprima nazionale a Bologna, al Future Film Festival, in occasione della serata di chiusura della manifestazione.
Greta (Lauren Cohan, già vista alle prese con il paranormale in The Walking Dead), giovane e bella americana uscita da una difficile esperienza sentimentale e alla ricerca di un nuovo inizio, viene assunta da una coppia di anziani genitori per fare da babysitter a Brahms, loro figlio, in una sfarzosa villa vittoriana immersa nella campagna inglese. Tutto sembra un grande affare, ma l’elemento inquieto è presto servito: il bambino a cui deve badare infatti non è altro che una bambola di porcellana a grandezza naturale, dalla pelle chiarissima e dai profondi occhi vitrei. Quando Greta, inizialmente smaliziata e rimasta sola nella maestosa abitazione, decide di ignorare i precetti imposti dalla coppia per la cura del bambino la situazione si trasforma: quella che sembrava una rilassante vacanza dall’altra parte del mondo, diventa improvvisamente la culla di un mistero terrificante.
>> Non serve certo un occhio allenato al cinema horror per capire che The Boy non brilla per originalità: basta la prima inquadratura aerea del taxi inglese che si sposta nella campagna britannica per capire cosa ci si può aspettare dal film. Quella della bambola maledetta è una figura ricorrente nella cinematografia horror: sono passati quasi trent’anni da quando la penna di Don Mancini diede vita a una delle figure più terrificanti del genere: Chucky, protagonista del film cult La bambola assassina (Child’s Play, Tom Holland, 1988) e anche in tempi recenti non sono mancati esempi di genere, dal Billy di Dead Silence (James Wan, 2007) ad Annabelle dell’omonimo film (John R. Leonetti, 2014). Ma sarebbe riduttivo e ingiusto liquidare il film con l’aggettivo “banale”.
«Brahms non è come gli altri bambini. È importante che lei segua le sue regole»
Così come Greta è invitata caldamente a rispettare le regole scritte sul foglio ingiallito consegnato dal padre della bambola, allo stesso modo William Wrent Bell decide sì di seguire le direttive del cinema di genere, obbedendo ai dettami della categoria (c’è tutto quello che ci si potrebbe aspettare: la casa dalle mille stanze e l’arredamento antiquato, il ritratto gigante della famiglia benestante, il giardino cupo e l’atmosfera piovosa, fino ai corridoi inspiegabilmente privi d’illuminazione), ma riservandosi uno spazio di libertà molto curioso e accattivante, sia a livello stilistico che sul piano narrativo.In The Boy il tipico sussulto di terrore lascia presto spazio all’indagine accurata sul mistero della bambola e all’approfondimento – sorprendentemente semplice ma efficace – dei rapporti fra i personaggi, che nel corso della vicenda si evolvono in maniera del tutto inaspettata, fino a soddisfare quello che probabilmente è un feticismo inespresso di molti fanatici del genere: la costruzione di rapporto vero e proprio con l’oggetto del mistero.
>> Un percorso coerente che conduce lo spettatore ad aprirsi a ogni soluzione possibile, per arrivare quindi a un colpo di scena finale -non molto originale- ma ben costruito e orchestrato.
Nulla di nuovo sul fronte occidentale, qualcuno potrebbe obiettare; ma il richiamo talmente ubbidiente e rispettoso alla convenzione (o alle convenzioni) porta il film a superare quell’insidioso aggettivo -banale- per confezionarsi come un perfetto prodotto di genere, arricchito dal tentativo del regista – e della sceneggiatrice, Stacey Menear – di dare una scossa a un genere ormai forse troppo meccanico.