“Potresti avere la sensazione di perdere qualche cosa perché c’è sempre un’altra possibilità, o c’è sempre un altro modo per farla” (Carsten Höller)
Attenzione! Claustrofobia, vertigini, acrofobia (paura del volo) e kenofobia (paura del vuoto).
Avvertenze da Luna Park. Esposizione in HangarBicocca. “Da sapere prima della visita”: un foglietto di “pericoli” e “fobie” accoglie l’ignaro visitatore dello spazio milanese. Ma nessun timore, si tratta di Carsten Höller con il suo parco divertimenti “contemporaneo” da fruire e testare in prima persona. Sono le attrazioni a (ri)chiederlo.
Una “gita” da cavie alla mostra-evento.
L’esposizione dell’artista belga (Bruxelles, 1961) rompe con il modello tradizionale di fruizione di una mostra o di un museo. Il visitatore, che abitualmente veste i panni di uno spettatore “passivo” votato essenzialmente alla visione dei lavori dell’artista, viene, qui, chiamato ad interagire fisicamente con le opere con cui si confronta. Da una visione asettica ad un vedere incarnato, profondamente corporeo.
Un vedere che comprende anche un muoversi nell’opera, un fare corpo con l’opera stessa.
La pratica artistica di Höller palesa, quindi, un cambiamento radicale nella condizione dell’utente di una mostra che supera quel confine tra spettatore e perfomer, trasformandosi in attore e co-autore dei lavori esposti.
Ad uno sguardo di “sorvolo”, la produzione dell’artista belga sembra comporsi di opere concluse, in un continuum con la tradizionale interpretazione dell’oggetto artistico come qualcosa di statico e compiuto in se stesso; al contrario, queste installazioni-sculture-oggetti artistici sono intrinsecamente incompleti, richiedono in modo esplicito un contributo del visitatore per essere attivate.
Artista e fruitore non sono poi così lontani: Höller si avvicina al visitatore introducendolo nel suo lavoro, quest’ultimo rispondendo alla chiamata dell’artista dà vita a una collaborazione che prende vita in momenti differenti.
Il titolo della mostra Doubt si spiega fin dall’incontro con la prima installazione, Y (2003). Lo spettatore, vestiti i panni da attore,è posto di fronte a un corridoio biforcato in cui deve scegliere la direzione da percorrere; è una forza luminosa a stimolarlo a compiere la scelta, superando il dubbio iniziale instillato dalla struttura doppia dell’opera. L’intenzione di Höller è quella di indagare la natura dell’esperienza umana, sperimentando con le fondamenta dalle quali essa prende forma normalmente, quali le coordinate spazio-temporali e le abitudini percettive.
“Mi sono interessato per qualche tempo all’idea di dubbio come una condizione, come una condizione umana, se si vuole. Il dubbio è bello.”
Nella concezione dell’artista, è come se la condizione di spaesamento e di incertezza sia uno stato della mente particolarmente produttivo: costringe il visitatore a prendere una decisione, che lo porterà a superare quell’esperienza ansiogena del dubbio, producendo quindi un guadagno positivo per colui che sperimenta questo tipo di esperienza.
Seguendo la direzione decisa in Y, si accede di conseguenza a uno dei due corridoi di cui è composta l’opera Decision Corridors, i cui sentieri bui richiedono un’immersione fisica del visitatore che provoca la perdita delle coordinate spazio-temporali. Compiuta la propria scelta, si entra nelle installazioni seguenti: passando per Division Walls (2016) si fa ingresso in Decision Corridors (2015) e da qui al resto della mostra che si sviluppa lungo le Navate di Pirelli Hangar Bicocca.
“Nello spazio succede qualcosa, qualcosa che è difficile da inquadrare”
Occhi, corpo e mente sono costretti a trovare nuovi riferimenti per oltrepassare questo ambiente profondamente destabilizzante. Ciò che fa l’artista di noi spettatori-attori-cavie è sconvolgere le nostre abitudini percettive, gettandoci in uno spazio fortemente straniante, malsicuro e incerto, da affrontare.
Nel progetto di Höller si susseguono: divisione, duplicazione, unione e ribaltamento. Le due sezioni,di cui si compone la mostra,vengono a intrecciarsi in alcuni punti permettendo al pubblico un gioco di scambi tra le Navate. In What Is Love, Art? (2011/2015) due telefoni, accessibili ai visitatori e attivi tramite un circuito chiuso, permettono di comunicare da una sezione all’altra della mostra. Flying Mushrooms (2015), l’installazione composta da giganteschi funghi sezionati e ricomposti in modo innaturale, esige il contributo del visitatore che spingendone il braccio più basso la rende attiva nella sua totalità, permettendogli, nel movimento, di cambiare sezione. In Revolving Doors (2004/2016), cinque porte girevoli specchianti suscitano una sensazione di disorientamento e confusione nel pubblico, che accede quasi inconsapevolmente alla parte opposta dell’esposizione.
La principale componente della mostra consiste quindi nella funzione di intrattenimento dell’arte: Höller, attraverso un approccio sia ludico sia sperimentale, propone un tipo di arte che sollecita il pubblico all’interazione con le opere. Un’influenza reciproca che crea esperienze di alterazione sia nell’opera, che viene attivata e completata da un apporto esterno, sia nella percezione dell’utente, che è stata studiata e programmata dall’artista per subire stravolgimenti dal rapporto fisico con l’opera.
È interessante notare anche la presenza di una Marquee (2015) di Philippe Parreno, ospitata durante la mostra personale dell’artista francese nello spazio di Hangar Bicocca da ottobre 2015 a febbraio 2016. L’opera qui riproposta crea una relazione tra le due mostre, e tra i due artisti, che come sottolinea Vincent Todolí, curatore di Doubt, propongono un tema simile: Hypothesis e Doubt. Ma, c’è anche chi, pieno di coraggio, decide di cimentarsi fisicamente con Two flying Machines (2015).
A metà tra una giostra e un parapendio, l’installazione propone un’esperienza di volo al di sopra dei percorsi a terra, dando così la possibilità di stare al di sopra sia della divisione sia dell’unione. Ritroviamo nuovamente l’intenzione dell’artista di rendere impossibile una contemplazione passiva dell’opera d’arte, suggerendone al contrario una fruizione attiva che sia un’esperienza corporea capace di suscitare emozioni e sensazioni differenti, oscillando continuamente, come afferma lui stesso, tra “una sensazione di gioia e una di smarrimento”.
Siamo come osservati dall’artista nella nostra esperienza della mostra; come pedine in un esperimento che vuole mettere alla prova i presupposti dell’esperienza umana. Veniamo ad assomigliare a quei i due piccoli topi da laboratorio in Mäuseplatz black e Mäuseplatz white: cavie di un parco giochi utopico, su cui noi osservatori, osservati a nostra volta, rivolgiamo lo sguardo per esaminarne movimenti e comportamenti.
INFORMAZIONI UTILI
Carsten Höller
Doubt
A cura di Vicente Todolí
dal 07.04 al 31.07.2016 – Spazio: NAVATE
Pirelli HangarBicocca
Via Chiese 2
20126 Milano
T (+39) 02 66 11 15 73
F (+39) 02 64 70 275
info@hangarbicocca.org
Orari mostre
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mercoledì: 11–16
giovedì e venerdì: 10-23
sabato e domenica: 10-24
IMPORTANTE: Per poter accedere all’opera Two Flying Machines l’età minima è 14 anni, l’altezza minima 150 cm, il peso non può superare i 100 kg. L’utilizzo dell’opera Two Flying Machines è sconsigliabile a persone che soffrano di patologie tra cui sindromi vertiginose, attacchi di panico, acrofobia (paura del volo) e kenofobia (paura del vuoto). Non è consentito l’utilizzo dell’installazione alle donne in stato di gravidanza. Posti riservati per i Members (nel limite dei posti disponibili; si prega di rivolgersi all’Info Point per ritirare il pass)