Ho incontrato Michael Duperrin per caso. Invitata da un amico fotografo ad una lezione sulla storia della fotografia in relazione al bianco e nero, sono passata al suo studio. Ed ecco, Michael Duperrin, un francese di mezza età, dai capelli bianco e nero, corti. Una barba che miscela le varietà dei grigi e un paio di grossi occhiali scuri, danno all’esile francese di Toulouse, l’allure dell’uomo consumato.
Era lì in compagnia delle sue stampe, fotografie riprodotte e riportate su carta con l’antica tecnica della cianotipia, per mostrarle agli allievi. Stampe blu come il colore del cielo all’imbrunire. Blu, un colore che come Michael mi spiegherà in un secondo momento, “non esisteva nel linguaggio di Omero. Allora in Grecia non c’era termine che definiva il blu intenso. Bensì l’espressione che individuava in Atena la “dea dagli occhi persi”, glaukopis, per definire la profondità della notte, il blu notte, e la profondità degli inferi”. E così Michael Duperrin adotta la cianografia per stampare le sue fotografie. E quel che lo spinge a scegliere la tecnica della cianotipia non è quella sorta di malinconia dei bei tempi passati, ma il legame che lui avverte e riconosce tra Omero, il blu notte degli Inferi, Atena e il viaggio che ha intrapreso da ormai 5 anni.
Il suo vagare, però, è qualcosa che aveva progettato e pensato molto bene prima di intraprendere il tour che lo sta portando in giro per il Mediterraneo. La prima tappa è stata Napoli, la città di tremila anni intorno alla quale si intrecciano la storia della sirena Parthenope, del luogo dove Omero intercetta l’entrata agli Inferi e la grotta del Cyclope che rende prigionieri Ulisse e i suoi compagni. Michael Duperrin ritorna così più volte a Napoli.
Il fatto è che l’esile francese, dopo essersi imbattuto nel personaggio di Ulisse rileggendo Dante Alighieri, pensa e ripensa ad Ulisse come un personaggio contemporaneo. Un uomo combattuto tra il desiderio di restare nella sua terra, è un re, a casa sua, e quello di viaggiare alla scoperta del non ancora conosciuto.
Michael Duperrin attratto dal personaggio di Omero, racconta: “Ho riletto varie traduzioni dell’Odissea tra cui quella di Victor Bérard, dal tono romantico che rispecchia il periodo in cui è stata trascritta in francese, e quella di Philippe Jaccottet, più poetica che pone l’accento sulla sonorità del greco antico. Ho preso appunti. Ho seguito le suggestioni che ricevevo da quelle riletture. Ho realizzato una mappa. Una specie di traccia dei luoghi disseminati lungo le rive del Mediterraneo, che mette insieme i punti che ritengo fondamentali del viaggio di Ulisse”.
Non è affatto un caso, allora, che abbia incontrato Michael Duperrin a Napoli.
Il fotografo francese, appunto, si informa, legge e impara il greco perché tiene a comprendere il mondo ai tempi di Ulisse. Cerca così di entrare nel modo di pensare greco. “Ulisse – spiega Duperrin – parte in un momento in cui la Grecia era in crisi e le persone si spostavano verso altri luoghi, tra cui l’Italia. Era un tempo senza certezze dove alla partenza non si legava un qualche luogo d’arrivo in quanto non c’era alcuna certezza di raggiungere un luogo qualsiasi”.
Nonostante questo, l’Ulisse di Michael Duperrin intraprende il suo viaggio perché “è un uomo che desidera esplorare il mondo e che lascia attraverso quella traversia durata dieci anni, delle coordinate. Ulisse vuole conoscere l’altro da se, e vuole lasciare una traccia a chi si inoltra nel mare dell’incertezza e dell’esplorazione, il Mediterraneo. Ma vuole anche restare se stesso e vivere a casa sua”.
“In questa dualità – spiega Duperrin – e nella capacità di Ulisse di tenere insieme questi due desideri, è insita la forza del personaggio: Ulisse ritorna a casa marcando in questo modo l’esteriorità e al contempo l’interiorità del suo viaggio”.
Dunque, “Ulisse – continua Duperrin – nel viaggiare ha l’opportunità di conoscere il mondo e l’altro da se. Va incontro ad un cambiamento interiore che porta con se quando rientra a casa. Il ritorno è la sua forza. Questo fa di Ulisse un personaggio contemporaneo, e dell’Odissea una vecchia storia di cui continuiamo a parlare”. In conclusione dice il fotografo francese: “L’Odissea tratta di questioni universali, questioni attuali come l’identità, l’altro da se, l’ospitalità”.
Michael Duperrin ha scelto, così, di vivere dieci anni seguendo il percorso di Ulisse e di documentare tutto, raccontare la sua esperienza, attraverso la fotografia. Poi ha diviso i dieci anni di viaggio in due parti. La prima parte, i primi cinque anni, toccano l’Italia e la Grecia, i luoghi in cui Ulisse ha dovuto superare le prove e ha dovuto rapportarsi all’inferno e dove la cianotipia rappresenta esattamente questo contesto.
La seconda parte, i prossimi 5 anni di viaggi invece, saranno dedicati alla conoscenza dell’altro e dunque saranno documentati in modo differente e seguiranno una tecnica di stampa differente. Per Michael Duperrin fare fotografia è vivere il viaggio, è documentarlo ma soprattutto è raccontare l’esperienza di trasformazione attraverso la conoscenza di se e dell’altro. Un’esperienza che Duperrin ha scelto appunto di cominciare da Napoli non solo perché è parte della relazione di Ulisse e di Omero con questa terra, ma anche perché Napoli rappresenta la Nea Polis, città rifondata dalla Parthenope costruita dai greci cumani e che prendeva il nome della sirena innamorata di Ulisse che cerca la morte per essere stata da lui rifiutata. Nea Polis, presidio dell’aristocrazia cumana legata alla città greca Atene, divenne presto uno dei più importanti porti del Mediterraneo.
Michael Duperrin ha quindi concluso la prima parte del suo viaggio e le stampe cianotipiche prodotte hanno già trovato posto in alcune mostre in Bretagna e a Parigi.A metà settembre le porterà a Napoli, dove presenterà alla Galleria “Napoli Sotterranea”, nel cuore della Napoli greca, il suo progetto fotografico in una mostra curata da Luca Sorbo, fotografo ed insegnante all’Accademia di Belle Arti di Napoli, che “apprezza l’originalità e le tecniche di stampa con cui Duperrin ha realizzato questo lavoro”.
Un caso, l’incontro con Michael Duperrin, che a quanto pare ha poco del caso. In fondo Napoli è una affascinante nuova città che ha solo tremila anni di storia. Una storia che nel Mediterraneo incrocia la storia di altrettanti luoghi che hanno contribuito, tutti insieme, a creare quella parte di civiltà che oggi è chiamata Occidente.
Michael Duperrin, fotografo nato a Toulouse. Vive e lavora a Parigi. Si dedica alla fotografia dopo gli studi di cinema. Si forma all’Atelier Reflexe, al Centro Jean Verdier poi ritorna all’Università Paris 8 per seguire un Master diretto da François Soulages.
Espone regolarmente in festival, gallerie e luoghi pubblici in Francia e all’estero. Pubblica portfolio e articoli nei media dedicati alla fotografia.
Autore di libri di fotografia: En son Absence (Editions, Séguier 2010) e Transports sans fin (autoédition, 2005).
Cofondatore dell’associazione L’Image Latente dove realizza stages, incontri con gli autori e letture portfolio.