The Neon Demon, il melodramma della vanità di Nicolas Winding Refn arriva in sala dopo esser stato presentato in concorso a Cannes.
«Art is an act of violence»
(Nicolas Winding Refn)
Jesse (interpretata da Elle Fanning) è appena arrivata a Los Angeles per inseguire i suoi sogni, non ha nessun talento particolare, ma è bella. La sua giovinezza e la sua vitalità finiscono presto divorate dall’ossessione per la bellezza che sembra permeare tutta la città, come un mostro invisibile ma onnipresente. L’aura angelicale che sembra accompagnare la protagonista attira ammirazione e odio.
Nicolas Winding Refn (Drive e Solo Dio Perdona) non è nuovo a provocazioni, violenza e virtuosismi estetici, prosegue con The Neon Demon la via della rilettura del melodramma in chiave contemporanea, declinandolo qui in atmosfere horror, senza mostri o fantasmi, se non quelli dell’invidia e dell’edonismo.
L’estetica di Winding Refn è ormai consolidata e riconoscibile, un mélange avant-pop in sospeso tra gli hipsterismi di un Michael Mann prima maniera (Manhunter – Frammenti di un omicidio) e le ossessioni che diventano tangibili e marcescenti – Lynch e Cronenberg grandi maestri nella loro messa in scena.Fare la conta dei riferimenti present in The Neon Demon potrebbe essere un bel gioco. Limitiamoci a De Palma e Dario Argento. Il lesbo drama di Passion incontra le luci rosate della fotografia di Luciano Tovoli in Suspiria. La colonna sonora -bellissima- sembra un’emanazione diretta di quella di Tenebre (e siamo sempre in zona Dario Argento, con i Goblin).
C’è anche un casting per modelle che sembra un’installazione di Vanessa Beecroft. E come un’opera dell’artista che sul corpo della donna e la percezione della bellezza ha costruito un’intera poetica così anche The Neon Demon risulta un affascinante gioco di chiasmi: sensuale e respingente, algido e sporco.
>> The Neon Demon è un film (sul) vuoto che fa della forma il proprio contenuto. Un melodramma della vanità che si fa thánatos.
La bellezza pure e virginale della protagonista è ambita da tutti, ma viene macchiata di sangue, oro e glitter. È una forma di bellezza che non può essere compresa nella verità della sua natura, deve quindi essere piegata, schiacciata, divorata; un’innocenza aliena che fa terrore, per la quale non c’è posto. La bellezza naturale è una colpa che non può essere lasciata impunita.
Waving Goodbye di Sia (quella di Chandelier) per i titoli di coda. Scelta ironica, quanto meno, quella di una cantante che ha deciso ormai da diverso tempo di non mostrarsi più in viso; troppa la pressione della fama.