Curatrice specializzata nella multidisciplinarietà fra le arti, imprenditrice culturale con la società EightArt Project e da poco anche Presidente degli Amici della Triennale. Il lavoro di Elena Tettamanti coniuga la ricerca sulle nuove espressioni della contemporaneità con le relazioni con istituzioni pubbliche e private, mecenati italiani e collezionisti internazionali.
E’ un pomeriggio di luglio quando il Presidente della community meneghina mi da appuntamento al cafe della Triennale. Arriva diretta da una riunione nel suo studio di Via Saffi, appoggia sul tavolo una corposa pila di cataloghi e comincia un racconto fatto di un’avvincente pendolarità fra progetti culturali di ampio respiro e concreto senso civico, identità milanese e spirito internazionale.
Dalla laurea in architettura al Politecnico di Milano all’interesse per la creatività multidisciplinare. Cosa ti affascina del dialogo fra architettura, design e arte contemporanea?
E.T.- Sono architetto, ma mi sono sempre interessata all’arte contemporanea e al design: sono stata attratta dai punti di incontro che intercorrono fra le diverse aree creative. L’interesse si è poi trasformato in esperienza professionale. Come curatrice mi sono quindi concentrata sulla multidisciplinarità contemporanea, di cui la mostra Trame è stata l’esemplificazione più completa, se pur preceduta da analoghe esperienze, come la personale dedicata a Roberto Ciaccio nel 2012, che approfondiva l’opera dell’artista dal punto di vista dell’architettura, della musica e della filosofia. In futuro confido di estendere la ricerca multidisciplinare ad altri settori in relazione alla specificità dei progetti.
Hai fondato Eight Art Project: società specializzata nella realizzazione di progetti espositivi in ambito multidisciplinare. Dalla fase della ricerca a quella organizzativa, come costruite una mostra?
E.T.- Attraverso Eight Art Project cerco di fare “impresa culturale”, produco progetti espositivi e ne seguo tutti gli aspetti: dall’ambito creativo a quello manageriale. Comincio dalla selezione del tema della mostra -individuando soggetti originali sia nei contenuti che nell’approccio- e poi mi occupo della ricerca curatoriale, delle relazioni con le istituzioni e della sostenibilità economica.
Il primo passo di Eight Art Project è stato Trame. La mostra – realizzata in Triennale nel 2014- ha indagato le potenzialità del rame, attraverso un approccio multidisciplinare. Com’è nato e come si è sviluppato l’interesse per questo materiale?
E.T.- La mostra Trame, di cui sono stata anche curatrice, è stata il battesimo della produzione di Eight Art Project. La mostra era dedicata alle applicazioni del rame, presentate in una prospettiva multidisciplinare, attraverso opere d’arte, oggetti di design e d’architettura, applicazioni tecnico–scientifiche, documentazione fotografica e video.
Sono stata condotta al tema della mostra dalle caratteristiche intrinseche -formali, strutturali e plastiche- che fanno del rame uno strumento privilegiato di espressione creativa e funzionale per artisti, designers, architetti e in generale soggetti provenienti dai più diversi settori.
La mostra Trame, in partnership con Dynamo Camp (ndr il primo camp di terapia ricreativa per bambini in Italia), ha dato vita al primo Charity Ticket nel nostro paese. Un’iniziativa pionieristica che ha permesso di sostenere un progetto davvero speciale.
E.T.- Il Charity ticket è stato attivato con i biglietti della mostra Trame a sostegno delle attività delle Fondazione Dynamo Camp(http://www.dynamocamp.org ). Uno dei primi esempi del genere in Italia con un riscontro incoraggiante da parte del pubblico che si potrà replicare in altre occasioni.
Hai una bambina che va alle elementari (ndr Costanza). Con la mostra February 30th –realizzata nel 2015 presso il Museo della Scienza e della Tecnologia – hai unito l’attitudine curatoriale da esperta di design con una visione da mamma. Com’è stato sviluppato il progetto e quanto è importanteavvicinare i più piccoli fin da subito alla cultura figurativa?
E.T.- La mostra February 30th era basata sulla realizzazione di oggetti di design ispirati a disegni di bambini. Si tratta di un tema che mi sta particolarmente a cuore; offrire il mio apporto sul versante della produzione è stato quindi molto naturale. Come professionista e come madre penso sia fondamentale incoraggiare la creatività dei più piccoli in modo del tutto spontaneo, esponendoli da subito alle più diverse esperienze creative.
Dal 2015 sei Presidente degli Amici della Triennale: una community unità da valori di responsabilità sociale e mecenatismo culturale. In cosa consiste quest’ambizioso progetto socio-culturale?
E.T.- Discutendo con Triennale, è emersa l’idea di un progetto che coinvolgesse gli appassionati d’arte, design e architettura in Italia e all’estero e che li rendesse partecipi alla vita culturale dell’Istituzione, non solo contribuendo al funding, ma anche proponendo idee e iniziative. L’obiettivo è creare una comunità di sostenitori -aperta, sensibile e informata- che aiuti alla realizzazione degli obiettivi della Triennale e che rafforzi il senso di forteappartenenza che lega l’Istituzione alla città di Milano.
In 100 giorni 150 iscritti, € 250.000 raccolti e la partecipazione di realtà finanziarie del calibro di Borsa Italiana, Deutsche Bank, Assicurazioni Generali e Cassa Lombarda. Gli Amici della Triennale crescono giorno dopo giorno. Qual è il segreto di questo successo?
E.T.- Non c’è un segreto. Avevamo ragione di ritenere che il progetto sarebbe stato recepito in maniera positiva. La risposta è stata addirittura entusiastica fra gli appassionati d’arte e fra le stesse aziende che hanno in così poco tempo aderito all’iniziativa. Credo che un numero di adesioni così significativo sia dovuto all’efficacia della formula, alla volontà di partecipare allo sviluppo culturale della città, ma soprattutto alla forza attrattiva di Triennale e alla qualità dei programmi proposti agli Amici. Un altro incentivo all’adesione è che tutte le categorie di contributo possono godere della deducibilità fiscale al 65% grazie al decreto Art Bonus.
I fondi raccolti finora andranno a sostenere la riconversione di spazi interni di Triennale destinati da ampliare le aree espositive.
Con gli Amici della Triennale avete appena visitato l’installazione di Christo “The Floating Piers”. Dopo il grande successo della prima iniziativa, qual è il calendario dei prossimi mesi?
E.T.- Dopo la visita all’installazione di Christo “The Floating Piers”, ci aspettano altri appuntamenti. A settembre andremo a Roma, dove avremo accesso allostudio di Luigi Ontani e a due collezioni private di arte contemporanea mai aperte al pubblico. A novembre è in programma la visita allo studio di Renzo Piano a Genova -accompagnati dall’architetto e, infine, vedremo lo studio di Michelangelo Pistoletto a Biella guidati dall’artista.
Durante la XXI Internazionale l’offerta culturale è davvero straordinaria. Prima di salutarci, ci consigli le mostre da non perdere?
E.T.- Difficile scegliere all’interno del vasto programma di qualità di mostre che si articolano in 20 sedi diffuse nella città. Mi ha molto colpita la mostra“Neo Preistoria – 100 verbi”, in Triennale. 100 verbi a cui sono legati altrettanti oggetti scelti dai curatori, Andrea Branzi e Kenya Hara, per farci attraversare la storia dell’umanità. Da non perdere anche la mostra al Mudec, curata da Luisa Collina e Cino Zucchi, “Sempering – Process and pattern in architecture and design”, che esplora le evoluzioni più recenti di oggetti e architetture guardando all’eredità di Gottfried Semper (da cui deriva il neologismo del titolo).