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Storie di solitudine urbana. Edward Hopper torna a Roma

Edward Hopper, Second story Sunlight,1960 Edward Hopper, Second story Sunlight,1960
E.Hopper, Room in New York, 1930
E.Hopper, Room in New York, 1930

E’ dedicata ad Edward Hopper (1882 – 1967) , icona dell’arte americana del XX secolo, la grande mostra allestita dal 1° ottobre al 12 febbraio 2017 al Complesso del Vittoriano, Ala Brasini. Si tratta di un piacevole ritorno a Roma delle opere del celebre artista americano dopo la precedente mostra tenutasi presso la Fondazione Roma Museo del 2010.

L’ARTE DI HOPPER – Lo stile di Hopper fu così personale che nessuna definizione della sua pittura risulta davvero esaustiva. Definirlo semplicemente il caposcuola dei realisti che dipingevano la “scena americana” è indubbiamente limitativo. C’è chi gli attribuisce un uso della luce originale come non succedeva dai tempi di Caravaggio, chi trova nella sue opere qualcosa di metafisico alla Giorgio De Chirico. Una parte della critica lo considera addirittura un artista che usava” la letteratura” nei suoi dipinti.

Edward Hopper (1882 1967) Soir Bleu 1914 Oil on canvas, 91,8x182,7 cm Whitney Museum of American Art, New York;Josephine N. Hopper Bequest 70.1208 © Heirs of Josephine N. Hopper, licensed by Whitney Museum, N.Y. Digital Image © Whitney Museum, N.Y.
Edward Hopper (1882 1967) Soir Bleu 1914 Oil on canvas, 91,8×182,7 cm Whitney Museum of American Art, New York;Josephine N. Hopper Bequest 70.1208 © Heirs of Josephine N. Hopper, licensed by Whitney Museum, N.Y. Digital Image © Whitney Museum, N.Y.

Tutti però concordano sul contenuto spirituale delle sue opere: il silenzio, che sembra pervadere tutti i suoi lavori. Non solo quelli in cui appare l’uomo, ma anche in quelli in cui ci sono solo architetture. Strade di città, interni di case, di uffici, di teatri, caffè deserti, dove raramente vi è più di una figura umana, e quando ve ne è più di una, emerge una inquietante incomunicabilità tra i soggetti. Persone vicine nello spazio ma lontane con la mente. Le vediamo con lo sguardo vuoto verso un orizzonte che va al di là del quadro e che suggerisce storie alla nostra immaginazione.

Storie di solitudine urbana nella società americana del XX secolo, cristallizzate in un dipinto nel quale di solito una finestra rappresenta un focus metafisico del confine tra l’interno e l’esterno. Inquadrature di tipo fotografico ispirate dallo studio degli impressionisti francesi – in particolare di Degas – riletti però in chiave metropolitana. Un pittore che non cavalcò le avanguardie europee di quegli anni, per trovare un suo personalissimo percorso all’interno della pittura figurativa. In questo contesto storico va dunque ricercata la sua originalità.

E.Hopper,Nighthawks, 1942
E.Hopper,Nighthawks, 1942

La sua pittura ordinata e dal tratto nitido non è affatto accademismo ma il risultato di un percorso artistico profondamente meditato e personale. Le scene che egli riproduce nascono in realtà da una ricostruzione mentale che accosta elementi osservati in tempi e luoghi diversi. L’America che egli rappresenta non ha nulla di eroico o scontato. L’America di Hopper è una sorta di spioncino attraverso il quale l’artista, schivo e solitario, osserva con malinconia l’alienazione dell’uomo di fronte al frenetico progresso della società moderna. Un tema attualissimo che spiega il successo dell’artista americano presso il grande pubblico, anche molto giovane.

Edward Hopper (1882 1967) New York Interior c. 1921 Oil on canvas, 61,8x74,6 cm Whitney Museum of American Art, New York; Josephine N. Hopper Bequest © Heirs of Josephine N. Hopper, Licensed by Whitney Museum of American Art
Edward Hopper (1882 1967) New York Interior c. 1921 Oil on canvas, 61,8×74,6 cm Whitney Museum of American Art, New York; Josephine N. Hopper Bequest © Heirs of Josephine N. Hopper, Licensed by Whitney Museum of American Art

LA MOSTRA – Hopper non è solo il pittore dei silenzi, degli spazi metafisici e della città ma anche di tutti quegli stereotipi della cultura americana che poi hanno ispirato il cinema, la fotografia e addirittura la pubblicità. Ed e’ proprio questa la grande novità dell’esposizione di Roma. Una sezione interamente dedicata all’influenza del pittore sul mondo del cinema, attraverso i film di Hitchcock (Psyco), Antonioni (Deserto Rosso), Dario Argento (Profondo Rosso), Wenders (Paris, Texas). Ad esempio, il dipinto “Casa sulla ferrovia”, 1925 – la prima opera dell’artista ad entrare nella collezione del MoMA (Museum of Modern Art) – fu il modello usato da Alfred Hitchcock per la casa del film “Psyco” nel 1960. In realtà la casa esisteva (nel villaggio di Haverstraw, raggiungibile da New York), ma Hitchcock preferì la mediazione, in chiave psicologica e metaforica, del dipinto di Hopper. Quell’ambientazione metafisica – ottenuta col sapiente gioco delle luci e dal contrasto tra i particolari della casa e l’ambiente privo di riferimenti spaziali – era perfetta per incutere senso di inquietudine nello spettatore.

Edward Hopper (1882 1967) South Carolina Morning 1955 Oil on canvas, 77,2x102,2 cm Whitney Museum of American Art, New York; given in memory of Otto L. Spaeth by his Family © Whitney Museum of American Art, N.Y
Edward Hopper (1882 1967) South Carolina Morning 1955 Oil on canvas, 77,2×102,2 cm Whitney Museum of American Art, New York; given in memory of Otto L. Spaeth by his Family © Whitney Museum of American Art, N.Y

In tutto sono presenti sessanta opere – che coprono l’intero arco della sua carriera artistica – divise in sei sezioni cronologiche e tematiche. Saranno dunque presenti le opere del periodo parigino, ritratti e paesaggi, disegni preparatori, incisioni e olii, acquerelli e immagini di donne come l’incantevole protagonista vestita di rosso di South Carolina Morning, 1950. Potrete ammirare anche capolavori come New york Interior (1921), Le Bistro or The Wine Shop (1909), Summer Interior (1909), nella foto.

Un’opera fondamentale per capire l’influsso che i viaggi parigini di Hopper esercitarono sul suo percorso artistico è sicuramente Soir Bleau del 1914. Si tratta di un quadro dalle grandi dimensioni : 182,7 per 91,8 centimetri, contro una media di 70 per 60 . Quando venne esposto nel 1915 al Mac- Dowell Club di New York , non riscosse grande successo dalla critica e da parte del pubblico perchè considerato “troppo europeo e troppo vecchio come stile”. Rappresenta invece un punto di svolta tra il “prima e il dopo” dei viaggi europei di Hopper. Parigi non gli permise solo di entrare in contatto con gli impressionisti francesi ma anche una serie di esperienze visive che fisserà nella memoria e che svilupperà in modo personale sulle tele. In “Soir bleau” la figura centrale è un Pierrot che carica l’opera di quell’inquietudine e quel sentimento di solitudine che caratterizzeranno poi le sue opere successive.

Edward Hopper (1882 1967) Second Story Sunlight 1960 Oil on canvas, 102,1x127,3 cm Whitney Museum of American Art, New York; purchase, with funds from the Friends of the Whitney Museum of American Art © Whitney Museum of American Art, N.Y.
Edward Hopper (1882 1967)
Second Story Sunlight
1960

Hopper fu un eccellente disegnatore – formatosi nella prestigiosa School of Art di New York – e in questo senso saranno presenti interessanti lavori preparatori di opere iconiche come “Study for gas”o “Study for a Girl Show del 1941, nel quale si riconosce il volto della moglie Josephine. Sembra che in un periodo di crisi della coppia, una sera, al ritorno da uno spettacolo di burlesque, Hopper chiese alla moglie di posare nuda per lui. Ed è così che nacque questo carboncino e poi il successivo dipinto. I disegni preparatori presenti alla mostra sono indicativi dello scrupolo e dello studio dell’artista dietro ogni opera definitiva.

L’esposizione – prodotta e organizzata da Arthemisia Group in collaborazione con il Whitney Museum of American Art di New York – è curata da Barbara Haskell in collaborazione con Luca Beatrice. Occorre sottolineare che dal 1968, grazie al lascito della vedova di Hopper, Josephine, il Whitney Museum Of American Art di New York ospita oltre 3000 opere. Attraverso questo link potrete esplorare la collezione on line: http://bit.ly/1yuVisE

Edward Hopper (1882 1967) Cape Cod Sunset 1934 Oil on canvas, 74x 92,1 cm Whitney Museum of American Art, New York; Josephine N. Hopper Bequest © Heirs of Josephine N. Hopper, Licensed by Whitney Museum of American Art
Edward Hopper (1882 1967) Cape Cod Sunset 1934 Oil on canvas, 74x 92,1 cm Whitney Museum of American Art, New York; Josephine N. Hopper Bequest © Heirs of Josephine N. Hopper, Licensed by Whitney Museum of American Art

Informazioni utili

Per informazioni e prenotazioni tel 068715111
I prezzi dei biglietti, le riduzioni e gli orari delle visite alla mostra possono essere consultati attraverso il seguente link: http://www.ilvittoriano.com/mostra-hopper-roma.html
Hashtag della mostra: #HopperRoma

Edward Hopper, East Wind Over Weehawken, 1934,
Edward Hopper, East Wind Over Weehawken, 1934,

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  • Far arrivare il concetto di solitudine urbana di Hopper non è affato semplice, gia i suoi quadri hanno bisogno di occhi sensibili che sanno riconoscere cosa sia la solitudine.
    Vera Monti riesce comunque a far arrivare la giusta curiosità al lettore, sufficiente a voler approfondire l’artista e lo completa con la sua scrittura che rinnovo: semplice chiara fluida e questa volta molto intensa!
    Complimenti!

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