Maggio 1804. Hokusai esegue in pubblico un’opera di 180 metri d’altezza raffigurante il Dharma, l’asceta leggendario, utilizzando una scopa come pennello e un barile d’inchiostro di china.
Autunno 1950. Hans Namuth convince un restio Pollock a lasciarsi riprendere e fotografare durante la realizzazione di alcune tele tramite dripping, l’esperimento verrà ripetuto ancora nel celebre documentario Jackson Pollock ‘51.
La sera del 25 ottobre 2016, Gianni Asdrubali si rende protagonista di un’azione di live painting presso la Galleria Matteo Lampertico di Milano. Questa ospita – fino al 15 dicembre – Assolo, la personale dell’artista. La performance è accompagnata da un testo di Bruno Corà, che abilmente dispiega i codici utilizzati dal pittore e introduce all’atto creativo.
“La pittura di Asdrubali è certamente tutta frontalmente davanti agli occhi di chi la osserva, ma per ‘vederla’ realmente bisogna che lo sguardo vi penetri con un’ideale ‘capriola’, entrando e uscendo dalla sua sferica spazialità, attraverso la soglia già predisposta e varcata per primo da Asdrubali stesso.”
I precedenti non sono casuali, l’aspirazione artistica di Asdrubali può infatti essere ricondotta alla pittura giapponese del dopoguerra, seppur con modalità differenti, dei gruppi Gutai, Joshirara e Shiraga. Contemporaneamente sono immediate le analogie con l’Action painting statunitense, in particolare per la lavorazione orizzontale della tela e la forza impressa nella pennellata. Lo stesso Asdrubali sottolinea invece una distanza rispetto ai colleghi italiani cosiddetti gestuali, come ad esempio Giuseppe Capogrossi, evidenziando inaspettatamente un mancato interesse da parte del pittore verso lo strumento della pittura, marginale rispetto al vero oggetto della propria poetica: lo spazio vuoto.
A partire da Fontana prima e Castellani poi, numerosi sono gli artisti che hanno indagato la dimensione spaziale della tela, manipolandone la materialità. Nella realtà a-dimensionale di Asdrubali, la frontalità regna sovrana e la sola pennellata diviene mezzo per la creazione di un reticolato, che delimita il vuoto, isolandolo. Il segno pittorico – elevato ad una funzione para-architettonica – dona vita ad una struttura che tende a superare i confini del supporto, proiettandosi nell’utopistico obiettivo di abbracciare in toto l’infinito spazio, al di fuori della singola tela. Si ottiene così continuità tra le diverse opere, talvolta accostate dall’artista, nella realizzazione di dittici e trittici dai titoli misteriosi.
È un gioco di opposti che si rivela a chi osserva l’artista all’opera. Pieni e vuoti, spazi bianchi e linee di colore, momenti dinamici che impegnano fisicamente l’artista nella pittura alternati ad altri statici, di riflessione rispetto alla direzione che il tratto andrà ad assumere.
Informazioni utili:
Gianni Asdrubali | ASSOLO
Dal 25 ottobre al 15 dicembre 2016
dal lunedì al venerdì ore 15-19
Matteo Lampertico Arte Antica e Moderna
via Montebello, 30, Milano, Italia.
02 3658 6547
info@matteolampertico.it
Riccardo Gandini.