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Intervista a Emilio Isgrò. La cancellatura afferma un nuovo linguaggio visivo

Emilio Isgrò Emilio Isgrò

Emilio Isgrò ci accoglie nel suo studio di Milano. Uno spazio semplice, dove l’essenzialità e le opere d’arte sono protagoniste. L’artista racconta dei suoi lavori e del suo percorso con un linguaggio diretto e semplice. Questa la sua capacità di essere comunicativo in modo che la sua arte tocchi la curiosità di tutti. Nato nel 1937 Emilio Isgrò è considerato uno dei principali innovatori dell’arte italiana contemporanea. Il suo lavoro sulla cancellatura attesta la capacità di sperimentare e lavorare sulla parola. Cancellare come atto distruttivo ma anche come premessa per la nascita di una nuova forma espressiva.

Durante il suo lavoro di editing per gli scrittori Aldo Palazzeschi e Giovanni Comisso, lei ha avuto l’ispirazione per la nascita della sua nota pratica della ‘cancellatura’. Per quale motivo proprio in quella occasione? Riteneva che cancellare quelli che potevano essere considerati degli errori le sembrava una violenza tale da crearne un’arte apposita?

In quel periodo mi occupavo dell’editing, curavo le pagine culturali del Gazzettino. A un certo punto ho notato che correggendo gli articoli di Comisso e di Palazzeschi, ma anche di tanti altri scrittori e giornalisti, questi erano pieni di correzioni cariche di un forte impatto visivo. Ma era un po’ una favola che io raccontavo per farmi capire. La cancellatura in realtà nasceva da una mia riflessione degli anni Sessanta sulla relativa impotenza della parola in una società massmediatica che è interessata principalmente al linguaggio visivo. A questa condizione in cui la protagonista era soprattutto la televisione, ho risposto con due proposte teoriche ed operative insieme. La prima è la poesia visiva in cui la parola viene rafforzata dall’immagine. Come se la parola occidentale per salvarsi avesse bisogno dell’immagine per resistere. La seconda proposta fu quella di cancellare la parola insieme all’immagine. Ciò avvenne quasi contemporaneamente, quasi nell’ottica di una fusione nucleare, facendo saltare contemporaneamente i codici portanti della comunicazione umana (appunto la parola e l’immagine).

Quando si lavora a una bozza di un testo prima che arrivi alla sua versione definitiva, questo ha sicuramente subito delle cancellature. Quando cancella che cosa vuole mettere in evidenza? Dalla negazione nasce una nuova affermazione. Negando cosa vuole affermare?

Dal latino sappiamo che due negazioni affermano. Infinite negazioni, come sono le cancellature, affermano “all’infinito”. Le cancellature sono un inno alla vita e alla libertà. Tutto il contrario delle iniziali reazioni del pubblico e della critica davanti ai miei lavori. Io di solito cancello dei testi stampati e l’effetto visivo delle cancellature, a livello iconico, è davvero potente. In un certo senso contraddice la stessa arte concettuale alla quale io sono stato spesso accostato.

E.Isgrò, La monaca di Monza
E.Isgrò, La monaca di Monza

La scelta di cancellare le parole sembra essere dettata prima di tutto da un criterio personale di quello che si vuole mettere in evidenza? Affascinato dalle parole che per lei hanno una certa potenza. Michelangelo sosteneva che all’interno del blocco di marmo vi era già l’idea, il suo compito era tirarla fuori. Un’idea che non è tanto lontana rispetto al suo rapporto con i testi scritti. Qual è il suo rapporto con l’arte concettuale?

Credo che gli artisti concettuali siano interessanti, ma tranne eccezioni li ritengo più teorici che artisti in senso pieno. Quando essi sostengono che l’arte è un atto mentale, un artista vero già lo sa, indipendentemente dalla corrente artistica alla quale appartiene. Il mio lavoro sul testo è legato alla pratica della sua ricostruzione in un altro modo, e lo stesso vale per l’immagine. La cancellatura funziona sul corpo delle parole e dell’immagini come lo scalpello dello scultore funziona sulla pietra. Il vero nodo della cancellatura è proprio questo.

Qual è il suo atteggiamento quando vuole operare su un testo importante? Ad esempio I promessi sposi cancellati per venticinque lettori e dieci appestati esposto a Palazzo Reale Milano 29 giugno-25 settembre 2016

La cancellatura è adesione ma anche distacco da ciò che si cancella. Se vuoi scolpire scegli una bella pietra come ha fatto Michelangelo. Scegliere i Promessi sposi significa scegliere una buona pietra. Comunque è chiaro che confrontarmi con Manzoni mi ha posto non pochi problemi perché dovevo “violentarlo” impossessandomi della sua forza ma senza dissiparlo. Attraverso questo lavoro ho scoperto un’altra Italia, un altro paese che ha tutti gli elementi per entrare nella globalizzazione con una posizione di forza e non di debolezza. Per fortuna noi italiani non abbiamo la forza delle armi ma abbiamo la forza delle arti e dei giovani che andrebbero incoraggiati dalle istituzioni.

E.Isgrò, Prologo Vasariano, 2016
E.Isgrò, Prologo Vasariano, 2016

La sua opera è nota per le cancellature che attirano lo sguardo. Ma quando ci si avvicina si legge il pensiero e l’idea. Il suo è un semplice lavoro di recupero della poesia o vuole crearne anche una tutta sua?
Il mio lavoro è dare alla parola la potenza dell’immagine, dando all’immagine allo stesso tempo la duttilità e la flessibilità della parola. Allora si fondono insieme.

Emilio Isgrò
E.Isgrò, Preghiera all’Europa

Alla M77 Gallery di Milano ha presentato ‘La pelle scorticata’. Può raccontarci di che cosa si tratta?

Si tratta di una “scenazione”, ossia di un’“azione scenica”, un termine inventato da me per non usare sempre il termine performance che oggi è molto abusato. È un nuovo lavoro che faccio da qualche anno. Ma si ricollega alla mia esperienza nel mondo del teatro di cui mi sono sempre occupato.

In occasione della XII giornata del contemporaneo, l’associazione AMACI ha usato come immagine simbolo la sua opera Preghiera per l’Europa.

L’associazione AMACI mi ha chiesto di rappresentare il momento attuale della storia italiana ed europea. Ho raffigurato l’Europa cancellata prima dell’uscita dell’Inghilterra dall’Unione e possiamo dire che è stata un’immagine anticipatrice degli sviluppi politici. L’opera ha restituito ciò che pensavano le stesse persone intente a guardare l’opera. L’arte deve stare, soprattutto oggi, dalla parte di chi ne ha bisogno per ricavarne energia. Lo so che oggi quando si parla di arte è come se si parlasse di un bollettino di borsa. Ma credo che si dovrebbe avere un atteggiamento più filantropico per aiutare questo Paese.

Cosa pensa della situazione culturale in Italia? E del ruolo dei musei e dei critici?

L’Italia ha bisogno di creare un sistema culturale di riferimento, la situazione non è ottimale, ma non è dovuta ad una carenza di musei. Milano è all’avanguardia. Si apre al contemporaneo e risorge, questa città può influenzare anche il resto del Paese, perché può fare da traino a una parte del Sud. Milano fa sempre da riferimento. Per quanto riguarda i rapporti con i critici, invece, a volte la figura trainante è il critico, in altre occasioni è il mercante e in altre volte ancora è l’artista. Secondo me in questo momento l’artista deve esprimere un grande protagonismo.

Emilio Isgrò
Emilio Isgrò © Giulia Giommi

Qual è la sua visione personale rispetto al concetto di arte e alla sua sostanza?

A volte vedo mostre anche di artisti che non conosco ma sento la sostanza. Credo che sia stato un errore puntare tutte le carte di Milano sullo “stilismo”. Per me l’arte non deve rispondere al consumo ma solo a se stessa. L’arte è un fatto strettamente individuale dove il più debole cerca di vincere sul più forte e sulla società che è più potente di lui. L’artista è un uomo solo che trova conforto alla propria solitudine nella solitudine degli altri uomini. Tutti gli uomini sono fondamentalmente soli, ma l’arte può rappresentare una via d’uscita.

E.Isgrò, Fidel Castro, Climbs, 1975
E.Isgrò, Fidel Castro, Climbs, 1975

Informazioni utili

www.emilioisgro.info

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