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Dopo il diluvio. Intervista a Thomas Berra

DOPO IL DILUVIO è la personale di Thomas Berra che sarà inaugurata il 22 gennaio a Villa Vertua Masolo e che propone una selezione di dipinti dall’ultimo ciclo di opere “Elogio alle vagabonde”. Il verde è il colore che predomina, con grandi e piccole tele che raffigurano il mondo vegetale: quello delle piante, del sottobosco e delle vagabonde, così definite le erbacce che crescono ai margine delle strade, negli intercapedini dei muri o tra i ciottolati delle strade e che vengono estirpate dall’uomo perché ritenute infestanti, o anche solo esteticamente fastidiose. Ebbene Thomas Berra si appropria del colore, scandagliando le sue molteplici sfumature, per parlarci di biodiversità, di accoglienza, di presa di coscienza della diversità, non solo nel mondo vegetale.

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Quando è iniziata la tua attività artistica?
Circa dieci anni fa, anche se sin da piccolo disegnavo e scarabbochiavo ogni pezzo di carta che trovavo. Ho iniziato con la street art mentre frequentavo l’Accademia. Le prime opere tendevano all’astrazione, poi sono passato alle immagini, tratti grafici figurativi, anni dopo ho deciso di dedicarmi solo alla pittura.

Da cosa trai ispirazione?
Da quello che guardo e vivo, dentro e fuori di me.

Quale è il materiale che prediligi?
Preferisco tele grandi e carte piccole. La carta soprattutto, la utilizzo come supporto. Per i colori dopo un lungo periodo con gli acrilici sono tornato all’uso degli olii.

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Che tipo di artista ritieni di essere?
Un creatore e non creativo, credo che ci sia una netta differenza, perché il mondo è saturo di creativi. Mi considero un pittore epenso che fare pittura oggi sia un atto quasi politico e rivoluzionario. Siamo attorniati da installazioni, o da opere che utilizzano materiali artefatti, una ricerca ossessiva di supporti sempre più tecnologici, quando in realtà si possono avere dei mezzi con cui potersi esprimere che ci sono da secoli.

Tu viaggi molto. Quanto i viaggi ispirano il tuo lavoro?
Tantissimo. Penso che sia una parte fondamentale della mia vita. Tutta la costruzione di questa mostra è arrivata durante un viaggio: il cammino che ho fatto da Roma a Foligno, 220 km a piedi immersi nella natura, a volte tra i lupi e i cinghiali, per raggiungere la chiesa sconsacrata e vedere la Calamita Cosmica di Gino De Dominicis. Un’esperienza totalizzante.
Ma anche i viaggi in Marocco e in America mi hanno avvicinato al mondo naturale.

Un percorso espositivo lungo più di 10 anni, come sei cambiato artisticamente?
La mia ultima personale del 2015, “Solo Show” tenutasi alla Room Gallery, era il riassunto di tutto il mio percorso fino ad allora, lavori istintivi fatti di tratti e di pensieri. In quel momento non ne ero cosciente, ma è stato un po’ come se fosse la rappresentazione di un ciclo artistico e personale che volgeva alla fine. In quest’ultimo anno penso di essere molto cambiato, credo e spero in meglio, perché nel mio fare, stilistico e pittorico, c’è più impegno, ricerca e lavoro. Ritengo di essere meno influenzato da tutto quello che ho visto, artisticamente parlando. Ho osservato molto anche i grandi maestri e lo sguardo cadeva sempre sul particolare, sulle venature, sull’elemento naturale.

Come nasce il progetto di DOPO IL DILUVIO?
Un amico, il filosofo Roberto Gelini, cinque anni addietro mi regalò un serie di libri di Gilles Clément, scrittore francese, entomologo, ingegnere agronomo ma anche architetto del paesaggio, inventore del giardino in movimento e del terzo paesaggio, un rivoluzionario nel suo campo perché ha studiato la vegetazione incolta, quella che abitualmente l’uomo tende a estirpare, che cresce ai margini dei marciapiedi e nelle zone dismesse, sono quelle che vengono chiamate le vagabonde. Ha creato un nuovo modello di giardino. Queste letture mi hanno così affascinato che mi sono messo a studiare e a cercare di capire. Mi si è aperto un mondo. E’ stato il pretesto per poter parlare di biodiversità, di diversità tra le persone, di accoglienza. Da qui è partito il tema per questa mostra “Elogio delle vagabonde”, mi sono concentrato prevalentemente solo sul colore verde, una totalità dalle mille sfumature. E Villa Vertua si presta molto per questa esposizione, essendo all’interno di un parco, il verde dentro le sale dialogherà con il verde della natura circostante.

Mi sembra di capire che è stata una vera e propria rivelazione?
Assolutamente si! Ho scoperto il mondo vegetale poco noto ai più, mi ha affascinato e rapito la varietà di vagabonde che esistono. Per esempio ho scoperto che una pianta che mi piace molto è la Panace di Mantegazza, fu importata in Europa nel XIX dal Caucaso come pianta ornamentale, è grande e stupenda ma molto tossica. Ho anche studiato molti libri di botanica e raffigurazioni tra il XIV e XIX secolo.
Oppure l’ortica che è considerata la vagabonda per eccellenza, si narra che Luigi XIV quando fece costruire i giardini di Versailles, che tutti sappiano essere la quinta essenza dell’ordine e dell’armonia, pare che passeggiando per il parco si pungesse continuamente con le ortiche, irritato faceva diserbare in continuazione, naturalmente con scarsi risultati. Pare che adesso le ortiche siano ovunque, la monarchia è caduta ma l’ortica è rimasta nei secoli! Divertente vero?
Sono così affascinato dal tema che per un po’ continuerò, difatti parte della mostra andrà alla Placentia Arte di Piacenza, dove chiederò a tutte le persone, che hanno interagito con questo progetto, un contributo da inserire nel testo, ma questa è un’altra cosa.

La mostra è stata definita un’immagine mentale, cosa intendi dire?
Come ha scritto Simona Squatrito, curatrice della mostra, è la riscoperta dell’essenziale e della semplicità, una maggiore consapevolezza del se.

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Quale è il tuo rapporto con il mercato dell’arte? Preferisci esporre in spazi pubblici o un gallerie private?
I miei rapporti sono ottimi con tutto l’ambiente: artisti, istituzioni e in particolare con i galleristi. Ritengo che gli artisti abbiano bisogno dei galleristi, esistono anche grazie a loro. Privato o pubblico non importa l’importante è esporre. Il mercato è fondamentale, divertente, non facilmente comprensibile ma necessario.

DOPO IL DILUVIO – THOMAS BERRA
DAL 22 GENNAIO AL 5 FEBBRAIO
Villa Vertua Masolo – Nova Milanese
A cura di Simona Squatrito
Via Garibaldi n. 1
orari:
tutti i sabati dalle / 15.30 alle 18.30
tutte le domeniche / 10.00 alle 12.00 – dalle 15.30 alle 18.30
anche su appuntamento

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